Boccali sovversiviPotere al frumento

Nel 1516 un editto cambiò la storia della birra tedesca, contribuendo a definirne le caratteristiche e regolamentando la produzione di proposte alternative, come le wizen, o weiss, birre molto particolari e perfette per la stagione estiva

Il 23 aprile 1516 è una data fondamentale per la storia della birra tedesca e non solo. In quel giorno Guglielmo IV di Baviera promulgò un editto che sarebbe stato in vigore prima nella sola Baviera e poi in tutta la Germania per oltre 400 anni e fino al 1987, quando la comunità europea lo dichiarò inammissibile.

Il Reinheitsgebot, noto da noi come Editto della purezza, era una norma che aveva lo scopo principale di regolamentare il prezzo della birra e quali cereali potessero essere utilizzati nella sua produzione. Vi si affermava, infatti, che nessun altro ingrediente al di fuori di acqua, malto d’orzo e luppolo potessero essere impiegati. Così facendo si tutelavano i panificatori garantendo loro un costante approvvigionamento di frumento, segale e altri grani ed evitando inutili conflitti che in caso di carestia sarebbero potuti nascere in conseguenza di una crescita incontrollata del prezzo del pane.

Il Reinheitsgebot  contribuì in modo decisivo a definire i tratti della birra bavarese e, indirettamente, portò anche a regolamentare la fabbricazione delle birre di frumento, note come weizen o weiss, una specialità locale brassata da secoli a Monaco e dintorni. Nel 1548, infatti, il duca Ludwig Hans VII ottenne il privilegio per se e i suoi discendenti di produrre birra di frumento a nord del Danubio e qualche anno dopo, nel 1602, il duca Maximilian I, istituì il Weißbiermonopol che stabiliva che questa particolare tipologia sarebbe stata appannaggio esclusivo di monasteri e case nobiliari. Bisogna così attendere il 1872 per trovare un libero cittadino autorizzato a produrre weizenbier. In quell’anno George Schneider fondò il suo birrificio proprio nel centro della capitale bavarese a pochi passi da Marienplatz e dal municipio, negli stessi spazi che oggi ospitano l’omonima birreria – Schneider Bräuhaus im Tal – dove è possibile assaggiare le weizen di casa, oggi però prodotte a Kelheim, qualche chilometro fuori dalla città.

Le weizen, o weiss, sono birre piuttosto particolari all’interno del panorama tedesco. Non solo, infatti, sono ottenute con una percentuale di frumento maltato che può pareggiare se non superare quella di orzo, ma sono anche fermentate con lieviti ad alta, laddove la tradizione brassicola bavarese è, invece, caratterizzata dall’impiego di lieviti lager, a bassa. E proprio l’utilizzo di alcuni particolari ceppi di lievito contribuisce a modellarne il profilo aromatico segnato da note di banana (derivante dalla presenza di isoamilacetato) e di chiodo di garofano (conseguenza della presenza di fenoli). Il doppio nome che questo stile può impiegare, weizen o weiss, fa riferimento rispettivamente alla presenza di frumento o all’aspetto: weiss, infatti, significa bianco e si riferisce al loro mostrarsi opalescenti una volta versate nel classico bicchiere dalla forma allungata e ondulata, il weizenbecker. Le weizen possono essere declinate in diverse tipologie: si va dalle classiche hefeweizen, dal colore paglierino opaco con i lieviti in sospensione, alle dunkelweizen, più scure per via dei malti tostati che concorrono alla ricetta, fino alle weizenbock, anch’esse ambrate ma anche decisamente più alcoliche.

Le weizen non sono però l’unica tipologia nota per l’impiego di frumento. Restando in Germania, infatti, si possono trovare le göse delle quali abbiamo parlato la scorsa volta o le berliner weisse, una tipologia tipica di Berlino dal gusto piacevolmente acidulo. Spostandosi, invece, in Belgio si trovano le blanche, stile fiammingo che impiega frumento non maltato ed è caratterizzato dai  piacevolissimi profumi apportati dalla riconoscibilissima speziatura con scorza di arancia amara e coriandolo. La storia di questo stile è però così curiosa e avvincente che merita un racconto a parte.

Ma torniamo alle weizen. Forse per via delle loro note aromatiche così pronunciate o a causa di una texture quasi cremosa, non sempre sono così apprezzate dagli appassionati e, invece, soprattutto quando ben equilibrate e non totalmente sbilanciate sulla parte olfattiva di frutta e spezie, sono piacevolissime, soprattutto ora che la stagione più calda si avvicina. Un buon esempio è la Charlotte del birrificio BiRen. Fondato nel 2008 a Sant’Agostino, in provincia di Ferrara, da Andrea Govoni, questo produttore artigianale sin dalla sua fondazione ha concentrato le proprie attenzioni sugli stili teutonici con interpretazioni fedeli all’originale. Oggi nel birrificio è in atto un passaggio di consegne da Andrea al figlio Matteo che sta portando anche il proprio sguardo all’interno della sala cotte.

La loro Charlotte è una weizen da 5 gradi alcolici che pur mettendo in evidenza le classiche note di banana matura e chiodo di garofano le accompagna da leggere sensazioni agrumate e da un corpo leggero che assottiglia il sorso rendendolo scorrevole. Da qualche tempo si è affiancata in produzione anche la Extra Charlotte una versione più alcolica, scura e potente che alle già citate componenti di frutta e spezie ne aggiunge altre più rotonde e morbide di caramello.

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