Lo avreste mai creduto? Alla prima occasione in cui lo ha ritenuto conveniente – sbagliando, perché non è neanche furbo, ma questo è un altro discorso – Giuseppe Conte ha fatto marcia indietro e si è schierato con l’ala più retriva, forcaiola e populista del Movimento 5 stelle, mettendosi di traverso sulla riforma della giustizia attualmente in discussione e azzerando di fatto anche i pochi passi avanti compiuti dai grillini, almeno a chiacchiere, dopo l’abiura del giustizialismo pronunciata sul Foglio da Luigi Di Maio. E lo ha fatto, con ogni evidenza, per l’unica ragione che era arrivato prima l’altro, nonostante l’Avvocato del Popolo questo e solo questo avrebbe dovuto fare, da mesi: portare i Cinquestelle su una linea compatibile con un’alleanza di centrosinistra (o quanto meno con la civiltà moderna).
Scegliendo fior da fiore dal lungo post pubblicato domenica sera su Facebook: «Il Movimento sta maturando, certo, ma non archivierà la forza e il coraggio delle sue storiche battaglie per cambiare il Paese. Saremo una forza aperta, accogliente. Ma anche intransigente nella misura in cui non ci renderemo disponibili a negoziare i nostri principi e a scolorire i nostri valori».
E poi: «Chi pensa che il nuovo Movimento possa venire meno a queste convinzioni o pensa di strumentalizzare questo percorso di maturazione, rimarrà deluso».
E ancora: «Il principio di legalità e il valore dell’etica pubblica per la nostra comunità politica sono valori inossidabili. Lo dimostrano i provvedimenti approvati al Governo, come lo Spazzacorrotti e le riforme sulla giustizia che oggi sono all’esame del Parlamento, le posizioni assunte in tema di legalità e di contrasto alla criminalità, come in occasione dell’ultimo decreto Semplificazioni».
La rivendicazione dello «Spazzacorrotti» dovrebbe bastare da sola per cogliere il significato politico del messaggio, ma casomai non bastasse Conte provvede a esplicitarlo ulteriormente poco più avanti. «Sia chiaro: la via maestra è realizzare un sistema che offra risposte chiare e certe alla domanda di giustizia, non scorciatoie nel segno della “denegata giustizia”». Per gli amici: prescrizione.
In altre parole, prima ancora di avere messo in piedi il suo «neomovimento», ammesso e non concesso che il progetto veda mai la luce, il punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti si è già ritrasformato nel leader dell’ala più oltranzista di tutti i populisti. Scavalcando persino Di Maio.
E così torniamo alla domanda di partenza: lo avreste mai detto? Vi sareste mai aspettati un simile voltafaccia da un uomo capace di governare prima con Lega in nome della battaglia contro l’euro e poi col Pd in nome della battaglia contro i no euro, dicendosi populista e sovranista con la Lega e riformista ed europeista con il Pd?
Se a queste domande vi è venuto naturale rispondere di sì, sottolineando quanto fosse perfino ovvio, fin dall’inizio, evidentemente negli ultimi due anni non avete fatto parte del vertice del Partito democratico, che sulla grande operazione di rifondazione, riorganizzazione e maturazione dei Cinquestelle affidata all’Avvocato del popolo ha scommesso praticamente tutto il suo residuo capitale politico.
Converrete con me che a questo punto farebbero meglio a provare con le slot machine.