Occhio a destraDi Maio dice che i nuovi Cinque Stelle parleranno con le imprese e il ceto medio

Il ministro degli Esteri spiega che il Movimento di conte sarà «una forza responsabile, organizzata e ragionevole». E dopo la sua lettera di scuse sul caso Uggetti, aggiunge che anche il caso Eni «deve spingerci a una riflessione»

(LaPresse)

«Siamo l’unica forza politica che ha fatto parte degli ultimi tre governi, contribuendo in modo significativo a ottenere i risultati che cominciamo a vedere». In un’intervista alla Stampa, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio racconta l’ultima trasformazione del Movimento Cinque Stelle nelle mani di Giuseppe Conte, dopo il Conte uno e due e la partecipazione al governo Draghi.

«Siamo cambiati senza mai rinunciare a noi stessi, soprattutto ai nostri valori», dice Di Maio. «Rappresentiamo quella parte del Paese che ha più bisogno del cambiamento, il ceto medio che paga le tasse, che non si tira mai indietro e che porta ogni giorno sulle spalle il peso della collettività. Noi parliamo a loro e lo faremo ancora a lungo». Finiti i tempi dei palazzi della politica da aprire come le scatolette di tonno, l’ex capo politico grillino dice che «avere acquisito una cultura di governo significa farsi carico delle responsabilità, non prenderne le distanze. Per ottenere risultati utili ai cittadini servono nobili mediazioni». Ma «non al ribasso».

Ma se l’ex premier e avvocato del popolo si guarda a sinistra, Di Maio è più incline a girarsi dalla parte opposta. «I cittadini vedono che il centrodestra è diventato destra e non è più in grado di combattere le loro battaglie», spiega. «Noi vogliamo tutelare le imprese, le professioni dimenticate, le partite Iva. E crediamo nella riforma fiscale e in quella della giustizia. Tutti temi che non possono essere affrontati in modo ideologico». Non democristiani, precisa. Piuttosto «siamo anche noi figli di quel ceto medio che paga le tasse per tutti e di cui non si occupa più nessuno».

Il ministro degli Esteri dice che Conte ora sta provando a «fare finalmente del Movimento una forza responsabile, organizzata e ragionevole». Il contrario del beppegrillismo, insomma. «Beppe rappresenta la creatività. Le sue idee sono sempre avanti 20 anni. Lui è la mente e lascia volentieri l’organizzazione agli altri», precisa.

Quanto al limite dei due mandati, «è una questione di cui si sta occupando Conte e io sono l’ultima persona che ne può parlare. Faccio il ministro degli Esteri e servo il Paese dando il meglio di cui sono capace. Quando il popolo mi dirà di farmi da parte smetterò di servirlo». Ma nessuna contrapposizione con Conte: «La verità è che il Movimento è la mia casa e io al Movimento sarò sempre leale. Il consenso di cui godo non sarà mai contro, ma soltanto per».

Dopo la lettera al Foglio sul rifiuto del giustizialismo e le scuse all’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti, Di Maio si spinge anche oltre: «Quella è stata prima di tutto una riflessione personale. Resta che, confermando tutto quello che ho scritto, respingo al mittente le strumentalizzazioni che sono seguite. Già cinque anni fa, nella piazza di Lodi, capivo che c’era qualcosa di ingiusto e ho avvertito la necessità di dirlo. Così come dico che, se fossero confermate le cose che sto leggendo sui giornali, anche il caso Eni, su cui il Movimento è stato particolarmente presente, deve spingerci a una riflessione». E cioè, spiega, «il punto non è chiedere le dimissioni di qualcuno per motivi di opportunità, il punto è spesso il modo in cui lo si fa».

Su Alessandro Di Battista dice: «Anche se è uscito dal Movimento, il mio rapporto con lui è rimasto ottimo».

Altra questione è il rapporto con la Cina, su cui si è appena focalizzato il G7, che ha chiesto a Pechino la verità sul virus a Wuhan. «Per evitare qualunque sospetto è giusto affidarsi a un’indagine chiara», dice Di Maio. Ma nessun ripensamento sulla firma del memorandum d’intesa sulla via della Seta. «Quel memorandum è stato firmato a metà del 2019 e vedo che ora è al centro di un grande dibattito», commenta. «Io mi limito a osservare che i dati dell’export italiano verso quella parte del mondo sono in crescita spaventosa. E vi invito a chiedere alle nostre aziende che cosa ne pensano».

L’alleanza con Washington e Bruxelles però «sui valori non è discutibile», precisa. «E con l’avvento della presidenza Biden l’accento su questo tema è ancora più forte e condiviso. Con i cinesi abbiamo un rapporto franco sulle attività commerciali».

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