Centrodestra in agitazioneGiorgia Meloni boccia la proposta del partito unico di Berlusconi

«Rappresentiamo più del 50% degli elettori: omologare tutto ci farebbe perdere più di quanto potremmo guadagnare», dice la leader di Fratelli d’Italia in merito all’idea di coalizione non solo elettorale lanciata dal Cavaliere

(LaPresse)

Mentre gli alleati di Lega e Forza Italia si dividono, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni in un’intervista al Corriere apre all’ipotesi di una Federazione di centrodestra, ma niente partito unico. «Implica più rischi che vantaggi», dice. E in ogni caso, non sono scenari che, oggi, «appassionano gli italiani».

Ma forte del ruolo di unico partito d’opposizione ormai al 20%, non costretto a intese obbligate se non l’alleanza al voto, sembra quasi disinteressata al tema. «L’idea di una federazione fra i partiti che sostengono il governo la trovo intelligente, serve a difendersi dall’aggressione della sinistra che pretende di imporre le proprie politiche in maggioranza. Mi sembra utile un maggior coordinamento, aiuta il lavoro», dice Meloni. «Noi siamo all’opposizione, e avevamo proposto un intergruppo parlamentare. Credo ancora che potrebbe essere utile parlarsi anche da posizioni diverse, perché noi possiamo fare “l’ariete” non avendo il vincolo di fedeltà che lega i partiti di maggioranza. Sul coprifuoco, ricordo, siamo stati noi con il nostro ordine del giorno a consentire il cambiamento».

Ma niente partito unico, come propone Berlusconi. «Ho sempre pensato che le specificità di ogni partito siano la forza del centrodestra. Rappresentiamo più del 50% degli elettori: omologare tutto ci farebbe perdere più di quanto potremmo guadagnare. Io ho vissuto l’esperienza del Pdl: dopo lo slancio iniziale, riuscire a conciliare le diverse identità ha portato a scontri e a mediazioni poco efficaci. Il partito unico ha più rischi che vantaggi». E aggiunge: «Mi sento di consigliare a tutti prudenza in questo dibattito, che agli italiani – alle prese con l’uscita dalla pandemia, la disoccupazione, la povertà, la crisi di molte imprese – può apparire lunare. Come ci organizzeremo non è l’interesse primario degli italiani. Lo è quello che faremo».

Per Meloni, stare all’opposizione però «non significa non lavorare per la coalizione. Lo si vede dalle decisioni sulle amministrative: avremmo potuto chiedere un candidato di partito a Roma, abbiamo scelto insieme un civico che è il migliore su cui si poteva puntare. E sempre nell’unità». A dieci anni dalla nascita di Fratelli d’Italia, dice, «stiamo raccogliendo i frutti di un grande lavoro. Ci sono stati momenti in cui ho pensato: ho fatto la scelta giusta? Lavoravamo, ma i risultati non si vedevano. Poi piano piano siamo cresciuti e gli italiani, che scelgono sempre un voto utile, dalla simpatia sono passati alla decisione: questo partito mi piace, è serio, lo voto. E crescere è diventato più facile».

Quanto alla leadership della coalizione, ripete che «davvero è un tema che non mi interessa. Abbiamo regole per cui chi prende più voti diventa premier, se si vince. Ma non c’è chi impone la sua linea, chi fa il capo, chi decide per tutti. Lavoriamo e scegliamo insieme, come si vede alle amministrative».

E sul governo Draghi, spiega, i rapporti con il premier «possono essere buoni, ma i problemi politici restano. C’è ancora troppa continuità col governo precedente, anche se il lavoro di Figliuolo non è comparabile con quello di Arcuri. C’è una pericolosa confusione sui vaccini, c’è il tema della vaccinazioni per i giovanissimi che solleva molti interrogativi. E ci sono risposte inevase su occupazione, imprese, prima ancora che sullo stop ai licenziamenti perché il tema vero sono le imprese che chiudono…».

Ma, precisa, «credo che dopo l’elezione del Capo dello Stato si debba andare subito alle elezioni. Perché siamo una Repubblica parlamentare e le grandi scelte le fa il Parlamento, che non può continuare a essere dominato da M5S e Pd, partiti che non rappresentano affatto la maggioranza del Paese».

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