«Non si può congelare il mercato del lavoro per sempre», ma servono «cautela» e «un approccio mirato e diversificato». Lo dice il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit al Corriere, mentre l’Italia cerca ancora la quadra sul blocco dei licenziamenti, già bocciato dalla Commissione Ue come superfluo e addirittura controproducente. «Ciò che è importante adesso è che l’Italia trovi una nuova crescita, che è mancata negli ultimi decenni: la creazione di posti di lavoro dipende anche dalla crescita e dalla definizione di un nuovo modello economico. Il piano nazionale di ripresa fa questo».
I sindacati però chiedono l’estensione del blocco. E dal governo avanza l’ipotesi di mantenerlo in modo diversificato solo nei settori che ripartono più lentamente come il tessile. «È una misura legata all’inizio della crisi. Non solo in Italia, anche in molti altri Paesi un’azienda che usufruisce di sostegni simili alla cassa integrazione non può contemporaneamente licenziare e questo è adeguato», dice Schmit. «Ma ora siamo in una situazione diversa, comincia l’attuazione dei piani di ripresa e resilienza, entriamo in una fase di investimenti: uno degli obiettivi principali è la creazione di nuovi posti di lavoro. Nella ripresa si cominciano a ridisegnare i regimi di riduzione dell’orario di lavoro e a riportare più mobilità. Non si può congelare il mercato del lavoro per sempre ma bisogna essere cauti. La ripresa in alcuni settori è ancora fragile e ci sono grandi differenze. Bisogna avere un approccio mirato e diversificato. So che c’è un negoziato in corso con le parti sociali sul blocco dei licenziamenti. La soluzione deve essere adattata alle differenti situazioni esistenti nei diversi settori».
Nel Pnrr si affronta anche la questione della riforma delle politiche attive del lavoro, vero tallone d’Achille italiano. «La Commissione ha adottato una Raccomandazione su come attuare politiche attive del lavoro accompagnate da percorsi mirati di formazione, da un ruolo attivo ed efficace dei servizi pubblici per l’impiego, sussidi e incentivi anche usando fondi Ue», spiega il commissario. «Diventare più verdi e digitali vuol dire coinvolgere più persone, preparare la forza lavoro, aumentarne le competenze. Anche la formazione professionale è estremamente importante e il governo italiano è intenzionato a investire di più e a coinvolgere più giovani. C’è bisogno di politiche attive specifiche per loro, per farli entrare nel mercato del lavoro. E poi c’è la modernizzazione dei servizi per l’impiego. Bisogna accompagnare i lavoratori che passano da un’occupazione a un’altra, preparandoli e garantendo il reddito. Questo c’è nel piano ed è in linea con le nostre indicazioni».
Schmit è colui che, insieme al collega all’Economia Paolo Gentiloni, ha messo a punto il meccanismo Sure per contenere la disoccupazione scatenata dalla crisi. «Quando abbiamo visto che milioni di posti di lavoro erano a rischio la Commissione ha proposto lo strumento Sure per sostenere gli Stati membri nell’uso di regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo (la cassa integrazione, ndr)», spiega. Ma esclude l’ipotesi di renderlo permanente. «Ora siamo in un processo di ripresa e non vedo un bisogno immediato di prolungare questo strumento di crisi. Con il commissario Paolo Gentiloni stiamo studiando la possibilità di uno strumento simile a Sure, vi sono discussioni in corso che terranno conto dell’esperienza attuale, ma Sure così come lo conosciamo non sarà esteso ulteriormente».
Molti lavoratori, intanto, rischiano di perdere il posto per le transizioni verde e digitale. «Il problema con le transizioni è anche di tempo: i cambi nell’economia stanno avvenendo rapidamente, è indispensabile mettere in piedi sistemi che reagiscano altrettanto velocemente», avverte. «Le riforme devono essere attuate rapidamente. I lavoratori e le azienda hanno bisogno di aiuto. Basti pensare al settore dell’automotive, si va verso l’auto elettrica: cambia il modo di produzione, si perderanno dei lavori ma ne nasceranno di nuovi nell’industria delle batterie. Però i lavoratori vanno formati. Il piano italiano tiene conto di questa trasformazione, ora bisogna attuarlo».
Cosa fare invece per donne e giovani, che stanno pagando il conto della crisi scatenata dal Covid? «I settori più colpiti dal Covid sono quelli ad alta occupazione femminile e giovanile: l’ospitalità e il turismo», spiega il commissario. «L’economia sta ripartendo, i lavori in quei settori stanno ritornando. Ma le donne sono state in prima linea anche nei settori della cura, negli ospedali. Dobbiamo riconoscere il loro contributo e valorizzare i loro lavori, modernizzare il sistema sanitario, aumentare le competenze femminili e garantire una paga uguale a quella degli uomini. Però c’è un divario di genere anche nei lavori digitali, le donne vanno incoraggiate. Per i giovani abbiamo lanciato una serie di iniziative tra cui la garanzia giovani per prepararli ai lavori che già esistono e in nuovi settori: ci sono i fondi europei per aiutarli a trovare un lavoro che permetta loro di costruirsi un futuro reale. Bisogna sostenere gli imprenditori e le aziende perché assumano i giovani anche attraverso sistemi basati su incentivi».
Sul fronte del negoziato che riguarda il salario minimo, invece, Schmit spiega che «la Commissione non impone agli Stati membri l’introduzione del salario minimo statutario ma fissa l’obiettivo per tutti gli Stati Membri di garantire salari minimi adeguati basati sulla contrattazione collettiva (che viene molto sostenuta nella proposta di direttiva) oppure anche su sistemi di fissazione di salari minimi per legge. Sta all’Italia decidere sul sistema che meglio garantisce salari minimi adeguati e non ho intenzione di interferire. Il governo italiano è a favore della nostra proposta di direttiva perché giudica importante avere salari equi in tutta Europa per evitare una competizione tra Stati membri basata sulle paghe basse. Questo non consente un buon funzionamento del mercato interno. Sta emergendo tra gli Stati membri un consenso nei confronti della nostra proposta, ci sono ancora problemi ma la discussione di lunedì scorso con i ministri del lavoro dei 27 Paesi europei ha mostrato una buona prospettiva per un accordo in un futuro abbastanza vicino».