La prescrizione non si tocca. E nessuna riforma della giustizia del governo Draghi può oltrepassare la soglia di quanto già deciso con il Partito democratico nel governo Conte due. È questa la posizione dei Cinque Stelle, come racconta Repubblica, che potrebbe creare uno degli ostacoli maggiori sul cammino del governo guidato da Mario Draghi.
La mediazione massima a cui il futuro partito di Giuseppe Conte può arrivare sarebbe quella del lodo Conte bis, che prende il nome dell’avvocato Federico Conte, deputato di LeU, secondo cui per gli assolti in primo grado la prescrizione continua a correre mentre per i condannati si ferma dopo il primo grado di giudizio. E si blocca per sempre davanti a una condanna in appello, mentre in caso di assoluzione nel secondo grado di giudizio si possono recuperare i tempi di prescrizione persi. Non oltre.
Alla ministra della Giustizia Marta Cartabia i Cinque Stelle nell’incontro della loro delegazione sulla riforma hanno detto di essere aperti al massimo dialogo. L’ex premier Giuseppe Conte in ogni evento pubblico e ospitata televisiva va ripetendo però che «Quel che per noi non può essere assolutamente consentito sono i casi di denegata giustizia. I cittadini, il sistema giustizia, lo Stato ha diritto all’eccertamento della verità dei fatti».
La “prescrizione made in Bonafede” non deve essere stravolta: questo è il ragionamento dei grillini. Ma anche il Pd ormai è tornato indietro rispetto a quella mediazione raggiunta nella precedente esperienza di governo. E adesso c’è una maggioranza molto più larga, che guarda ben oltre la riforma dell’ex ministro grillino.
Fino a dove i Cinque stelle sono pronti a spingersi? Caduto il tema delle grandi opere, e con i mea culpa sul reddito di cittadinanza, la giustizia d’altronde resta forse l’ultimo tema identitario del Movimento. Non è un caso che la lettera di scuse di Luigi Di Maio al Foglio sul caso Uggetti, ex sindaco del Pd assolto a Lodi dopo anni di gogna da parte dei partiti, M5S in testa, abbia suscitato moltissimi malumori interni e abbia costretto Conte a fare due dichiarazioni contraddittorie a distanza di poche ore.
Se il ministro degli Esteri ha scoperto sfumature e garantismo, non è detto però che questo valga per i suoi colleghi di partito. Molto dipende da quel che deciderà di fare Conte una volta prese le redini del Movimento. Ammesso ci riesca, visto lo scontro delle ultime ore con Beppe Grillo sullo Statuto e la carta dei valori. Le voci di un Conte che vorrebbe la fine della legislatura prima della sua scadenza naturale, però, si inseguono da giorni. E la giustizia potrebbe essere un tema appetitoso su cui fare battaglie da ultimatum, spiega Repubblica.
Ma ora che si avvicina il momento fatidico degli emendamenti sul processo penale, prescrizione compresa, sale la preoccupazione tra via Arenula e Palazzo Chigi. Cartabia e Draghi fanno squadra e puntano a portare a casa le riforme «il più velocemente possibile». E anche nei Cinque Stelle circola la preoccupazione che possa prevalere la linea dell’intransigenza.
L’obiettivo del governo è portare a casa i fondi del Recovery e la riforma della giustizia connessa che superi quella lentezza contestata dall’Europa. La ministra Cartabia si è mossa finora nel segno della mediazione. Poco dopo essersi insediata, ha incontrato Bonafede e ha mantenuto come capo di gabinetto Raffaele Piccirillo. In più ha utilizzato i disegni di legge del suo predecessore come testo base per tutte e tre le riforme della giustizia, mentre in Parlamento c’era chi spingeva per utilizzare testi base differenti. E poi ha tenuto un incontro con il M5S nel merito, visto che dal lavoro della commissione Lattanzi era già emerso che la prescrizione non sarebbe potuta rimanere né quella di Bonafede, né tantomeno quella del lodo Conte bis.
Ma c’è già chi alza le barricate, come il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, quando dice che l’intesa raggiunta sulla prescrizione nel precedente governo «è l’unico punto di caduta possibile».