Giudizio universaleLe cause legali legate al climate change si diffondono nel mondo: è il turno dell’Italia

In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, e per la prima volta nella storia del nostro Paese, la società civile ha chiamato al banco degli imputati lo Stato per inadempienza nel contenimento delle emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale

Credit Giudizio Universale (profilo Facebook)

Di fronte all’emergenza climatica, lo Stato italiano deve assumersi le sue responsabilità. L’ha chiesto, facendogli causa, la società civile: nello specifico, 203 tra cittadini e associazioni coordinati dalla onlus “A Sud”, associazione italiana indipendente nata nel 2003 per occuparsi di conflitti ambientali e della difesa dei diritti umani, minati proprio dagli effetti del climate change.

Il contenzioso “green”, il primo nella storia del Paese, è stato presentato il 5 giugno, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente.

La causa avviata nei confronti dello Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, è l’esito della campagna di sensibilizzazione Giudizio Universale, sviluppata proprio per denunciare la portata globale della sfida climatica e richiedere adeguate azioni di contrasto.

«Oggi scriviamo la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica», ha sottolineato Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione e curatrice del nuovo libro “La causa del secolo. La prima grande azione legale contro lo Stato per salvare l’Italia (e il pianeta) dalla catastrofe climatica”.

«Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfide imposte dall’emergenza climatica», ha continuato Di Pierri, «la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico. Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana».

Secondo gli avvocati Luca Saltalamacchia, Raffaele Cesari e il professore ed esperto di Diritto climatico Michele Carlucci, che patrocinano la causa e hanno curato il quaderno di sintesi dell’azione legale, «questo giudizio si inserisce nel solco dei contenziosi climatici contro gli Stati che si stanno celebrando in tutto il mondo. Nasce dalla incontrovertibile contraddizione che esiste tra le misure di contenimento delle emissioni che lo Stato italiano dovrebbe adottare per contrastare efficacemente il riscaldamento globale e le inadeguate iniziative concretamente poste in essere. Non chiederemo al giudice alcun risarcimento, ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle a un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi al fine di tutelare e proteggere i diritti fondamentali dell’uomo».

Come si legge nell’elenco redatto dalla campagna di Giudizio Universale sugli elementi principali che figurano nell’atto di citazione: «Seguendo l’attuale scenario delle azioni italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 saranno del 26 per cento inferiori rispetto ai livelli del 1990. Secondo le proiezioni del governo, l’Italia non raggiungerà il suo modesto obiettivo complessivo di riduzione delle emissioni del 29 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (37 per cento rispetto ai livelli del 2005), in assenza di misure aggiuntive. A titolo esemplificativo, negli ultimi decenni, i settori dei trasporti e dell’edilizia in Italia hanno ottenuto risultati relativamente scarsi in termini di riduzione delle emissioni, con le emissioni del 2018 in entrambi i settori al di sopra dei livelli del 1990. Il settore degli edifici commerciali, in particolare, ha visto un aumento significativo del consumo di gas naturale dal 1990 (Fonte: Climate Analytics)».

Inoltre, le politiche aggiuntive pianificate dal governo italiano, come indicato nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), dovrebbero portare a una riduzione delle emissioni nel 2030 di appena il 36 per cento rispetto ai livelli del 1990. «Questa riduzione», si prosegue nel documento, «è incompatibile con la “quota equa” (fair share), il giusto contributo di riduzione delle emissioni che l’Italia è tenuta a implementare al fine di rispettare l’obiettivo di 1.5°C dell’Accordo di Parigi».

Dunque, quali sono gli obiettivi della recentissima iniziativa legale? Chiedere al Tribunale di attestare l’inadempienza dello Stato italiano nel contrasto all’emergenza climatica e l’insufficiente impegno messo in campo per centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dall’Accordo di Parigi. Si tratta di lacune che favoriscono peraltro la violazione di numerosi diritti fondamentali.

Una richiesta specifica avanzata dai ricorrenti al giudice è quella di condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (fair share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie.

Secondo uno studio pubblicato dal Programma delle Nazioni Uniti per l’ambiente, in collaborazione con il Sabin center for climate change law della Columbia University, i contenziosi sul clima sono drasticamente aumentati in tutto il mondo. Nel 2017 i casi legati al climate change presentati (e depositati in 24 Paesi) erano 884, nel 2020 oltre 1.550. Solitamente si concentrano nei Paesi ad alto reddito (basti pensare alla recentissima causa persa dal colosso petrolifero Shell in Olanda), nonostante siano in crescita anche nei Paesi del Sud del mondo: i casi più recenti riguardano Colombia, Filippine, India, Pakistan, Perù, e Sud Africa.

Si tratta di un trend per il quale, come ha specificato Arnold Kreilhuber, direttore ad interim della divisione legale dell’Unep, «i cittadini si rivolgono sempre di più ai tribunali per accedere alla giustizia ed esercitare il loro diritto a un ambiente sano. I giudici e i tribunali hanno un ruolo essenziale da svolgere nell’affrontare la crisi climatica».

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