Sblocco selettivo. Sembra questo il compromesso sul divieto di licenziamento che il governo sta cercando tra le posizioni dei sindacati, che chiedono una proroga generalizzata al 31 ottobre, e quella di Confindustria e delle altre organizzazioni imprenditoriali che non vogliono alcun prolungamento. Il decreto sostegni bis stabilisce il primo sblocco per le grandi imprese a partire dal 1 luglio, mentre il divieto di licenziare rimane in vigore fino al 31 ottobre solo per le aziende piccole. E chi non licenzia potrà continuare ad avvalersi della cassa integrazione scontata fino al 31 dicembre.
Ma i sindacati non sono disposti ad accettare compromessi. Ieri Cgil, Cisl e Uil hanno incassato il sostegno pieno del Movimento Cinque Stelle. La riunione con il Pd si è interrotta bruscamente non appena è arrivata la notizia della morte di Guglielmo Epifani. Ma il ministro del Lavoro Orlando, pur sottolineando le diverse posizioni nella coalizione di maggioranza, ammette che «si sta facendo strada un ragionamento sulla selettività rispetto ad alcune filiere».
Il punto, però, sono i tempi stretti. Come ricorda l’ex viceministro Pd Antonio Misiani alla Stampa, «i tempi di conversione del decreto sostegni vanno oltre il 30 giugno e rendono impraticabile una soluzione emendativa». L’unica strada «è una iniziativa del governo, a valle del necessario confronto con le parti sociali». È anche per questo che i sindacati chiedono adesso un incontro con l’esecutivo.
Il quadro politico però non è semplice. Forza Italia e Italia Viva sono nettamente contrarie ad ogni proroga. La Lega ha cambiato posizione più volte. Salvini, dopo l’incontro con Draghi, ha parlato di «piena sintonia. I settori che crescono hanno bisogno di assumere, non di licenziare. Industria ed edilizia devono tornare a essere liberi di agire sul mercato, mentre i settori che hanno sofferto di più come commercio, servizi e turismo hanno tempo fino ad ottobre per organizzarsi». Giorgetti aveva però chiesto lo sblocco selettivo, e lo stesso fa oggi il sottosegretario Claudio Durigon in un’intervista a Repubblica.
Ma Confindustria non cambia la propria posizione. «L’industria manifatturiera dall’inizio dell’anno ha assunto 123mila persone, non ci sono motivi per proseguire il blocco dei licenziamenti», ribadisce il presidente Carlo Bonomi, «le imprese hanno bisogno di assumere non di licenziare».
La palla ora passa nelle mani del presidente del Consiglio Mario Draghi. Il premier non condivide la richiesta di sindacati, Pd, Cinque Stelle, Orlando e Giorgetti di rivedere la decisione. Anche l’ipotesi di spostare la scadenza in avanti per alcuni settori è valutata negativamente, perché potrebbero crearsi «disoccupati di serie A e di serie B», dice alla Stampa una fonte che chiede di non essere citata. Al momento l’unica soluzione considerata plausibile è un ulteriore allargamento dell’indennità di disoccupazione, la cosiddetta Naspi, già rafforzata per tutto il 2021, e nel frattempo un’accelerazione della riforma degli ammortizzatori sociali.
Anche perché, come ha spiegato la Commissione europea, la norma è risultata inefficace e controproducente per i contratti più deboli, e alla fine ha prodotto più disoccupati che in Francia e Germania, dove il blocco non è mai stato attuato.