«Negli anni del dopoguerra qui il nostro cinema raccontava le vite delle famiglie italiane. Prima gli stenti, poi il lavoro e l’entusiasmo per un’Italia che cresceva prodigiosamente a quell’epoca. Oggi, alla fine della più grande recessione che l’Italia abbia avuto dalla Seconda guerra mondiale, celebriamo qui insieme all’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quella che io spero sia l’alba della ripresa dell’economia italiana. Una ripresa significativa, duratura, ma che abbia al centro l’inclusione sociale e la sostenibilità». Mario Draghi cita i film del neorealismo nel suo tempio cinematografico: il Teatro 5 di Cinecittà nel giorno in cui la Commissione europea dà il suo benestare al Recovery Plan italiano.
È una data, per molti versi, storica. Per l’entità dei finanziamenti, per la portata simbolica del momento, e anche per il luogo stesso. Come abbiamo raccontato qui, il luogo scelto non è casuale: gli studi di via Tuscolana 1055 sono il simbolo della lunga e solida tradizione cinematografica italiana, e anche una delle strutture che riceveranno investimenti sostanziali attraverso il piano nazionale. Sono previsti circa 300 milioni per potenziare la competitività del settore cinematografico e audiovisivo italiano. E perché no, rendere gli studios italiani una vera “Hollywood europea”. «Il settore cinematografico e audiovisivo è stato molto colpito durante la pandemia, eppure è tra i più promettenti del Paese. C’è un vasto mercato mondiale in cui l’Europa si può inserire», ha spiegato Draghi
A fianco di Draghi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che dopo aver citato la Dolce Vita e La Strada del regista Federico Fellini spiega in breve perché la Commissione ha dato il via libera la Recovery Plan italiano: «Italia Domani soddisfa gli esigenti criteri che abbiamo stabilito insieme. È ambizioso, lungimirante e contribuirà a costruire un futuro migliore per gli italiani e per la nostra Unione europea. Next Generation Eu ha messo insieme il più grande pacchetto di ripresa nella storia d’Europa, più grande anche del Piano Marshall. 800 miliardi di euro nei prezzi correnti, di cui l’Italia riceverà la fetta più grande, 191 miliardi di euro».
Per l’elaborazione dei piani nazionali, Bruxelles aveva stabilito dei paletti precisi: il 37% degli interventi avrebbe dovuto essere destinato a misure di sostegno agli obiettivi climatici, e almeno il 20% a misure in favore della transizione digitale. Obiettivi rispettati in pieno dal piano, come conferma Draghi: «dà un impulso decisivo alla trasformazione digitale dell’Italia e alla sua transizione ecologica, contribuisce a colmare i divari territoriali e a rafforzare la coesione sociale; scommette in maniera convinta su donne e giovani, da cui dipende il rilancio del paese. Lo conferma il giudizio positivo che la Commissione ha espresso, e che è arrivato nei tempi che auspicavamo».
Nello specifico, sul fronte degli investimenti verdi il piano italiano prevede investimenti per migliorare l’efficienza energetica degli edifici, nonché interventi per promuovere l’uso di fonti di energia rinnovabile, idrogeno compreso. E dedica un’attenzione particolare alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dei trasporti, con investimenti nella mobilità urbana sostenibile e nelle infrastrutture ferroviarie.
Sul fronte della transizione digitale, invece, dalla valutazione della Commissione risulta che il 25% della dotazione complessiva del piano dell’Italia è destinato a misure che favoriscono la transizione digitale, tra cui investimenti nella digitalizzazione delle imprese e nell’ampliamento delle reti ultraveloci a banda larga e della connettività 5G. «Dal taglio delle farragini burocratiche dell’amministrazione pubblica alla riforma del sistema della giustizia, agli interventi per favorire la concorrenzialità delle imprese. Queste sono riforme che gli italiani hanno chiesto per anni e che stanno diventando realtà con Next Generation Eu», ha sottolineato von der Leyen.
Durante la conferenza stampa, von der Leyen ha espresso la sua approvazione soprattutto verso gli interventi di stampo sociale: «Sostengo molto fortemente la vostra attenzione sui giovani, hanno sofferto così tanto per questa crisi. Le politiche occupazionali attive che volete mettere in atto potranno dare loro nuove opportunità, così come alle donne».
Entro le prossime quattro settimane il Consiglio dovrebbe approvare il piano, cosicché i primi fondi, pari a 24,89 miliardi, possano essere sbloccati. «Pensate, un tempo questo era l’importo di un’intera finanziaria, del bilancio di un anno di un intero Paese», ha osservato Draghi. Si tratta soltanto di circa il 13% dei fondi complessivi di cui l’Italia godrà nei prossimi anni, ma il presidente del Consiglio ha voluto sottolineare da subito l’importanza che i fondi «siano spesi tutti, ma soprattutto che siano spesi bene». Ovvero «in maniera efficace ed efficiente, ma anche con onestà».
Questo ha significato, prima di tutto, muoversi per preparare la macchina dello Stato a utilizzare i fondi. «Nelle ultime settimane abbiamo fatto già degli importanti passi in questa direzione: il Consiglio dei Ministri ha approvato la governance del PNRR, un corposo pacchetto di semplificazioni e la riforma del reclutamento, in modo da mettere la pubblica amministrazione in condizione di poter attuare il PNRR». Ora che è arrivata luce verde dalla Commissione, tutto si svilupperà seguendo un preciso programma: «Entro il mese di giugno presenteremo un disegno di legge delega per la riforma degli appalti e delle concessioni. Nel mese di luglio faremo legge sulla concorrenza, e la riforma della giustizia dovrebbe andare a giorni in Consiglio dei Ministri. Questi sono i primi blocchi, l’idea è di procedere alla massima velocità, in modo da esser pronti».
Dalla Commissione europea promettono di assistere l’Italia. «Questo è l’inizio di un’attuazione che sarà dura, ma la Commissione sarà con voi passo dopo passo», ha concluso von der Leyen. «Un’Italia più forte rende un’Europa più forte». Al netto dei piani nazionali, la responsabilità verso la ripartenza è percepita come doppia, visto che l’Italia riceverà una quota maggiore di fondi. «Il governo italiano e tutti noi abbiamo una responsabilità verso il resto dei paesi europei, verso tutti i cittadini europei che hanno pagato le tasse per finanziare il nostro piano nazionale. Abbiamo la responsabilità di far bene non solo per noi stessi, ma anche per l’Europa. Parte di tutto questo sarà strutturale e rimarrà, certo, se noi sapremo rispondere alla fiducia che ci è stata data. La nostra responsabilità è molto importante anche per l’integrazione futura dell’Europa», ha concluso Draghi.