Catullo perdonaci Il bacio è un apostrofo di zucchero tra le nocciole e il cioccolato

Celebrato da secoli di letteratura, il bacio ha numerosi alter ego gastronomici ancora più dolci: quello di dama, burroso e farinoso, il macaron, coloratissimo scambio di effusioni alla francese, quello pantesco a base di ricotta e naturalmente lui, il bacio più bacio di tutti, quello con il bigliettino incorporato

L’Italia è questo paese che ci passi con il treno ed è pieno di colline, colline verdeggianti e di storia e di pianure e di città d’arte e tradizioni letteratura, poesia dove a noi però ecco, in sostanza soprattutto piace mangiare» scriveva Mattia Torre nell’incipit di Gola. Se si volesse fare un giro d’Italia dei biscotti il percorso avrebbe più tappe della corsa ciclistica. Ogni paese ha la sua ricetta, ogni vicolo cela un profumo.

Tra le colline di Novi e Tortona, in quell’angolo di basso Piemonte che sconfina dolcemente in Liguria, il profumo è quello fragrante della farina di nocciole che da sempre finisce nell’impasto di torte e biscotti. Il più goloso e famoso è il bacio di dama. Il nome è ispirato alla forma del dolce, due calotte super burrose unite da una pennellata di cioccolato, che ricordano le labbra di due amanti che si scambiano un bacio.

La storia di come sono nati invece è tutt’altro che romantica: a fine Ottocento, nel tortonese, Angelo Zanotti inizia a produrre i baci e, alcuni anni dopo, Stefano Vercesi li replica nella sua pasticceria.

Scoppia una dura lite tra i due per l’attribuzione della ricetta originale. Zanotti alla fine ha la meglio e Vercesi è costretto a sostituire le nocciole con le mandorle e il cioccolato nell’impasto; avvolge i baci in una carta dorata e si inventa i “baci dorati”. Presentati alla fiera internazionale di Milano nel 1906, i baci di Vercesi vinsero la medaglia d’oro, massimo riconoscimento di pasticceria di quell’epoca con buona pace di Zanotti. Ad oggi impossibile stabilire quale delle due versioni sia la più buona.

I baci di Alassio
Da Tortona, scavallando il passo del Turchino, ci si ritrova in un attimo in Liguria. A inizio Novecento il clima mite della Riviera attira frotte di turisti da mezza Europa, soprattutto inglesi e tedeschi. Finita la villeggiatura, molti vorrebbero portare con sé un ricordo della vacanza, magari un piccolo dolce che resista al viaggio. Rinaldo Balzola, cresciuto nella raffinata scuola torinese di Gustavo Pfatisch e maître chocolatier di Casa Savoia, nel 1919 brevetta la ricetta di un bacio a base di cacao, nocciole e miele.

Eleganti nella forma, due riccioli scuri tenuti insieme dalla crema al cioccolato racchiusi all’interno di scatole di latta decorata, i baci di Alassio iniziano a viaggiare per l’Europa, perfetti souvenir gastronomici da portare a parenti e amici al ritorno dalle vacanze. Negli Anni Venti, la pasticceria Balzola di Alassio diventa la meta del bel mondo in cerca di prelibatezze raffinate: ai tavoli del dehors si ferma spesso anche Gabriele D’Annunzio che battezza i baci di Alassio “i dolci della gentilezza”.

 

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I macaron, ovvero i baci alla francese
Nella vicina Costa Azzurra i baci si chiamano macaron. La forma dei cugini francesi è più o meno la stessa – due semisfere tenute insieme da una sottile ganache – ma al primo morso la differenza con i baci nostrani si percepisce nettamente: la soffice meringa colorata cede rivelando il geniale connubio tra le mandorle e la golosa farcia.

La storia di come siano nati si perde come sempre tra corti reali e monasteri di clausura. Le prime ricette sono rinascimentali e italiane mentre le mandorle fanno pensare al vicino Oriente.

Nel solito percorso non lineare della storia la ricetta, forse elaborata dalle monache di qualche monastero, finisce sulla tavola di Caterina de’ Medici che, in occasione delle nozze con Enrico II, li introduce alla corte di Francia. Quando nel 1682 il Re Sole decide di risiedere a Versailles gli officiers de bouche, gli addetti alla tavola del sovrano, gli servono i macaron, tradizione che proseguirà per tutto il Settecento.

Ma a decretarne il successo planetario al di fuori del ristretto giro dell’aristocrazia è Ernest Ladurée, considerato il padre spirituale dei macaron che nel 1862 apre un panificio al 16 di rue Royale a Parigi. La versione che noi oggi conosciamo si deve all’intuizione di Pierre Desfontaines, cugino di secondo grado di Ernest Ladurée, che per primo pensò di prendere due gusci di macaron e unirli con un delizioso ripieno di ganache.

Due volte all’anno, come succede nel mondo della moda, la Maison Ladurée immagina nuovi dessert come la Rose Religieuse, il Saint Honoré alla rosa e lampone, la Millefoglie alla liquirizia e il Macaron al ribes nero-viola.

I baci Perugina
“È incredibile quante cose si trovino mentre cerchi qualcos’altro”. La frase, nascosta dentro un Bacio Perugina, racconta meglio di tante parole la storia di questo cioccolatino inventato da Luisa Spagnoli quasi cent’anni fa. Dopo la prima guerra mondiale la Perugina è già una manifattura con più di cento dipendenti ma le economie di scala impongono il massimo rigore. Durante la lavorazione del cioccolato molte nocciole si frantumano e bisogna inventarsi il modo di recuperarle.

 

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Spagnoli prova a impastare quella granella ormai inutilizzabile con del cioccolato fondente e aggiunge una nocciola intera. Dall’esperimento vien fuori uno strano cioccolatino dalla forma irregolare che ricorda un pugno chiuso. Spagnoli vorrebbe chiamarlo “cazzotto” ma Giovanni Buitoni, giovane amministratore della Perugina, decide per un più romantico “bacio”. Anche la forma viene leggermente rivista per ricordare, secondo alcuni, un piccolo seno.

Ma la vera svolta arriva grazie a Federico Seneca, direttore artistico della Perugina, che inventa la coppia di amanti su sfondo blu, ispirandosi al celebre Bacio di Hayez. E i bigliettini? Ancora un’idea di Seneca, pare ispirata ai pizzini che Luisa Spagnoli inviava a Giovanni Buitoni, mimetizzandoli tra i cioccolatini.

I baci di Pantelleria
Per scovare il bacio gastronomico più a sud d’Italia bisogna arrivare fino a Pantelleria. In quest’isola selvaggia e meravigliosa la ricotta di pecora viene prodotta ogni giorno dagli allevatori locali e nel corso dei secoli le donne pantesche hanno trovato un modo goloso per consumarla: il bacio pantesco, dolce tipico dell’isola, non è altro che un tenero cuore di ricotta avvolto da due cialde croccanti a forma di fiore.

 

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A seconda delle scuole di pensiero, la ricotta va insaporita con la cannella o arricchita con scaglie di cioccolato (o entrambe le cose). L’attrezzo tradizionale per imprimere la tipica forma a fiore della cialda è una sorta di ferro dal lungo manico, a metà strada tra la bacchetta magica e lo stampo per la marchiatura a fuoco, da immergere nell’olio caldissimo. Ed ecco pronto il bacio più croccante che c’è, perfetto dopo una lunga nuotata o per inviare un messaggio neanche tanto subliminale a chi ci sta di fronte: mi dai un bacio?