Riparte il lavoroCrescono solo i contratti a termine: quasi 100mila in più in un mese

I dati Istat riferiti a maggio registrano un aumento dell’occupazione dovuta ai dipendenti a tempo: se ne contano 93mila in più, mentre continuano a crollare gli autonomi. Tornano a diminuire le donne occupate. E rispetto al periodo pre-pandemico, abbiamo ancora 700mila posti in meno

(LaPresse)

I dati Istat di maggio lo certificano. Con le riaperture delle attività, riparte pure il lavoro. E nell’incertezza della ripresa, a crescere sono quasi soltanto i contratti a termine, gli stessi rapporti di lavoro a scadenza che il Covid ha falcidiato soprattutto tra giovani e donne mentre il mercato del lavoro era congelato dal blocco dei licenziamenti. Prima lasciati a casa, poi rientrati nel mercato in linea con il rimbalzo dell’economia: un disco rotto che si ripete a ogni crisi. Solo nel mese di maggio, si contano 93mila contratti a tempo in più, mentre quelli a tempo indeterminato restano stabili (+6mila) e continuano a crollare gli autonomi, con una perdita di altre 63mila unità. Nel corso degli ultimi quattro mesi, i dipendenti a termine in più sono 188mila. In ogni caso, però, il recupero è ancora lontano: rispetto al periodo pre-pandemico, avvertono dall’Istat, mancano ancora all’appello 700mila lavoratori.

I numeri balzano ancora di più all’occhio se si fa un confronto sui dodici mesi. A perdere di più nell’anno della pandemia sono stati gli autonomi, che sono 250mila in meno, e i contratti a tempo indeterminato, 225mila in meno (nonostante il blocco dei licenziamenti). Mentre i rapporti di lavoro a tempo, rispetto allo scorso anno, sono 418mila in più. E tutti si aspettano ora che il boom continui, aprendo nella maggioranza il fronte delle modifiche alle regole rigide sui contratti a termine introdotti dal decreto dignità dei Cinque Stelle.

Ma se l’occupazione cresce, in piena “she-cession” il segno più di maggio non riguarda però la componente femminile del mercato del lavoro: tra gli uomini si registrano 64mila occupati in più in un mese, mentre tra le donne se ne contano 28mila in meno. Con un aumento preoccupante pure delle inattive (+58mila).

Per quanto riguarda le fasce d’età, a soffrire ancora è quella intermedia tra i 35 e i 49 anni, che in un anno ha perso 245mila occupati. E che a maggio lascia ancora indietro 16mila occupati. Mentre tra gli under 35 si registrano 86mila posti di lavoro in più a maggio e quasi 160mila in più in un anno. Nonostante il tasso di disoccupazione giovanile sia ancora alto, al 31,7%, comincia a scendere il tasso di inattività: sintomo che i giovani si siano messi alla ricerca attiva di un’occupazione.

E al netto della componente demografica, l’unica fascia d’età in cui crescono gli occupati è proprio quella degli under 35 (+4,3%), la stessa in cui si registra l’aumento più alto dei disoccupati (+31,8%) e la riduzione più cospicua degli inattivi (-7,5%). A questa fascia, dove si concentrano soprattutto i contratti a termine in rapida crescita, la politica ora dovrà dare delle risposte.