Nel suo ultimo Matteo Renzi lo definisce inadeguato, pentendosi di aver favorito la sua nomina per un «ruolo troppo grande per lui». Ma il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini su questo non ha «nulla da dire». Mentre in un’intervista al Foglio spiega la sua visione della giustizia italiana, partendo dalla storica visita di Draghi e Cartabia nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo le violenze sui detenuti emerse dalle inchieste giornalistiche e giudiziarie.
Quella visita, dice Ermini, «ha un significato molto importante perché la civiltà di un Paese si misura dalla condizione delle carceri». Evidentemente, aggiunge, «è stato un errore non varare la riforma dell’ordinamento penitenziario, e mi riferisco al progetto presentato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando all’esito degli Stati generali dell’esecuzione penale, poteva essere un passaggio essenziale per condurre il Paese a più elevati livelli di civiltà». Ermini parla del sovraffollamento come problema giuridico, che ci è costato diverse condanne europee, ma anche «di civiltà».
Servono «nuovi investimenti» e «riforme» per un cambio di passo rispetto a «un sistema di esecuzione della pena carcero-centrico». E contro chi ha negato, anche nella magistratura, il problema del sovraffollamento delle carceri, Ermini risponde: «Ma non scherziamo. Le carceri le ho visitate e ci sono istituti che non sono degni di un Paese civile come l’Italia». Servono «investimenti e misure alternative alla detenzione».
E le misure alternative sono anche uno degli elementi della riforma Cartabia che punta molto sul concetto di giustizia riparativa. «Disporre di una pluralità di misure alternative alla detenzione e di strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, sia in sede penale che civile, è di fondamentale importanza per ottenere un cambio di paradigma culturale», dice Ermini. «Occorre aumentare le risorse, compreso il numero di magistrati, e su questo non c’è dubbio, ma dobbiamo anche individuare misure in grado di deflazionare il numero dei processi e i casi di ricorso allo strumento carcerario, che deve essere sempre inteso come extrema ratio. Le misure approvate nella vecchia legislatura, come la tenuità del fatto, la messa in prova e la depenalizzazione che forse andava fatto con maggior coraggio, si muovono in questo solco. Se poi aumentiamo anche la possibilità di ricorrere a riti alternativi, cosa che andrebbe accentuata, credo che si riuscirà a diminuire il numero die processi che è ciò che soffoca il sistema».
Sulla riforma della prescrizione, prevista nel testo Cartabia, Ermini dice che servono nuove risorse. «Diversamente, numerosi corti d’Appello potrebbero essere in difficoltà. Il Consiglio non si sottrarrà al compito di varare i bandi necessari per coprire nel più breve tempo possibile i posti vacanti in quelle Corti, ma non è detto che ciò sarà sufficiente ad assicurare il rispetto dei tempi previsti della riforma. Probabilmente serviranno specifiche misure che non sono nella disponibilità del Csm».
Poi c’è la riforma del Csm, appunto. «Siamo consapevoli che la fiducia dei cittadini nella magistratura è scesa notevolmente», ammette Ermini, «e che serva una riforma elettorale, che verrà decisa in Parlamento, ma credo che più della modalità di voto saranno importanti le persone. I membri del futuro Csm dovranno essere portatori di una mentalità diversa, dovranno rompere il cordone ombelicale con le correnti». Vanno varate, secondo il vicepresidente del Csm, «le riforme sulla modalità di nomina degli uffici direttivi, sulla valutazione di professionalità, ma ci deve anche essere una rivoluzione culturale. Alla riforma vanno affiancati un cambio di mentalità e volti nuovi e autorevoli che dovranno emergere dalle prossime elezioni. Solo se riusciremo ad avviare questa transizione, questo Cosniglio, caratterizzato dallo scandalo, può diventare anche quello della svolta».