La prova televisivaDraghi pensa a Giorgio Stock come amministratore delegato Rai

Mentre i partiti fanno ammuina sui potenziali candidati, Palazzo Chigi vuol provare a svecchiare anche l’azienda pubblica più resistente alle riforme. E punta sull’ex presidente di Warner Media per globalizzare la tv di Stato

Photo by Sam Balye on Unsplash

Mentre i partiti brancolano, Mario Draghi avrebbe in mente il nome dell’amministratore delegato della Rai: si tratta di Giorgio Stock, già presidente di Warner Media. Ha lasciato questo ruolo l’anno scorso e dunque è attualmente “libero” da incarichi di rilevo. In precedenza, il manager aveva avuto ruoli apicali in Turner e prima ancora era stato general manager della Disney nell’area Europa-Medio Oriente-Africa. Considerato grande esperto di comunicazione globale, Stock potrebbe mettere mano a un inedito progetto per la commercializzazione dei prodotti dell’azienda di viale Mazzini nel mondo, una mission che finora non è stata esattamente in cima alle politiche dell’azienda.

Palazzo Chigi è consapevole che nella selva di obiettivi riformatori c’è anche la Rai, anche se nessuno si fa troppe illusioni. Ha scritto giustamente Stefano Balassone sul Domani che «la Rai può apparire ai giovani, specie a quelli che maggiormente divorano notizie e racconti fra social e piattaforme, una sorta di Colosseo, teatro di azioni dal sapore antico, e privo tuttavia, del fascino delle pietre venerande». E tuttavia, provare a svecchiare l’offerta e a internazionalizzare il ruolo dell’azienda – in un mondo dominato dalle piattaforme e dalle company globali – è un tentativo che va fatto, fuori (ma sarà possibile?) dalle incrostazioni partitiche che hanno sempre dominato in viale Mazzini. Una cosa è certa: se non ci riesce Draghi non ci riuscirà nessuno.

In questo senso il profilo di Stock potrebbe spuntarla su quelli di manager di diverso profilo i cui nomi erano girati in questi mesi, da Raffaele Agrusti a Laura Cioli a Marinella Soldi a Monica Mondardini. Anche questi manager, beninteso, rispondevano alla filosofia di Draghi – competenza, competenza, competenza – e fino al momento della nomina ufficiale non si possono considerare fuori gara. Solo Tinny Andreatta, che molto sarebbe piaciuta a Enrico Letta, ha dovuto scontare quel tratto “politico” che stavolta è considerato un elemento problematico.

L’indiscrezione sul nome di Giorgio Stock è l’ultima conferma che Palazzo Chigi ha messo la testa sul dossier Rai e non intende farsi trovare impreparato. Anzi, a quanto risulta, ci sarebbe una certa irritazione per come i partiti stanno trascinando una non-trattativa sui nomi dei 4 consiglieri che dovranno essere eletti da Camera e Senato mercoledì prossimo.

Al momento c’è ancora incertezza, tra l’altro dovuta all’implosione dei Cinquestelle che dovrebbero indicare un nome. Un compito che sarebbe spettato a Giuseppe Conte, il quale però al momento non si capisce che ruolo abbia nel Movimento (ammesso che esista ancora un Movimento). Nel Pd l’indicazione di Letta è ancora una volta di una donna, Francesca Bria, altra manager esperta di comunicazione, un nome sul quale ci sarebbero però alcune perplessità. La Lega vorrebbe confermare Igor De Biasio e FdI Giampaolo Rossi.

È chiaro che i partiti non possono asssumersi la responsabilità di tirarla in lungo, anche perché il Cda del duo Foa-Salini è ormai alla fine (mercoledì 7 l’ultima riunione, poi sarà ordinaria amministrazione), per cui le prossime saranno davvero ore decisive per un Parlamento sfilacciatissimo, finito in una ragnatela partitica dagli stessi partiti costruita che l’avviluppa a scapito della capacità di decidere. Vedremo se al fotofinish ci sarà uno scatto di reni. Per ora il governo è costretto ad aspettare, prima di imporre il metodo-Draghi a mamma Rai, l’azienda pubblica più complicata e meno disposta e più resistente alla sua riforma.

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