«Il proclama sconcertante di 150 economisti accademici contro i due bravi colleghi, Puglisi e Stagnaro, recentemente nominati nel Nucleo tecnico della presidenza del Consiglio, rei di “ultraliberismo”, mi ha fatto rivedere all’opera quei metodi dogmatici e di potere che anche io avevo subito da giovane studioso, desideroso unicamente di esprimere il mio libero pensiero attraverso il mio lavoro». Comincia così il “manifesto” per una «nuova economica sociale di mercato» scritto dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta scritto sul Foglio.
«La diatriba, di cui il Paese non sentiva il bisogno, ha un merito che francamente non meriterebbe di avere», spiega Brunetta. «Costringe a rendere ragione delle scelte che il governo – di cui mi onoro di far parte – sta compiendo». Il «formidabile pragmatismo» di Mario Draghi, dice, «non significa affatto fiducia cieca nel mercato e rinuncia a ideali umanistici e persino, dal mio punto di vista, socialisti. Ma è esercizio dell’ideale e della dottrina misurandone l’efficacia nell’esperienza». Con una sola regola: «Niente dogmi, please».
L’economia sociale di mercato può, secondo Brunetta, rappresentare il modello giusto da adottare nel contesto post-pandemico, quando saranno ridimensionati i sostegni pubblici a pioggia legati all’emergenza Covid. «Tra economia pianificata ed economista liberista pura esiste una terza via», dice. L’economia sociale di mercato, a cui si ispira il processo di integrazione europea, teorizzata dalla Scuola di Friburgo, è quella – spiega Brunetta – che Einaudi e De Gasperi cercarono di applicare in Italia, ma senza successo.
Oggi, dice Brunetta, è questo il modello giusto per la ripresa. E il punto di partenza è il Next Generation Eu. «Nell’immaginare il nuovo modello di economia sociale di mercato abbiamo bisogno del coraggio del “momento Merkel” che, da grande statista qual è, ha dimostrato di saper guardare avanti mettendo da parte gli interessi particolari per governare l’incertezza del presente e del futuro».
E per le sfide che ci aspettano, dice il ministro, servirà un intreccio innovativo di regole e investimenti pubblici e di comportamenti e investimenti privati. Con un atteggiamento maturo in seno all’Ue, di «convergenza competitiva»: da un lato il rifiuto della concorrenza sleale tra Paesi, dall’altro l’impegno a difendere gli interessi legittimi del nostro Paese, con una attenzione forte a «non caricare il nostro sistema di oneri inutili e costosi».
Occorre saper dire no allo statalismo, al protezionismo, a nuove tasse; e sì all’apertura dei mercati e a un welfare sostenibile – secondo il ministro. Ma la linfa sarà la «partecipazione»: i piani nazionali di ripresa e resilienza potranno diventare i catalizzatori di una rivoluzione sociale e culturale in grado di riscattare l’orgoglio individuale e comunitario.