Sulla riforma della giustizia verrà posta la fiducia. È quanto emerge dal consiglio dei ministri che si è tenuto ieri sul Green Pass, ma nel quale è stato affrontato anche il nodo della riforma del processo penale. Ed è stata proprio la ministra Marta Cartabia a chiedere e ottenere dal governo l’autorizzazione a porre la fiducia in Parlamento, dove il provvedimento approderà il 30 luglio. Nessuno nel governo si è opposto, neanche i Cinque Stelle, racconta Repubblica.
La discussione comincerà nell’aula della Camera. Il rinvio del provvedimento è stato inevitabile rispetto all’originaria convocazione prevista per oggi, poiché non è ancora cominciata la discussione sui 1.631 subemendamenti, di cui 917 dei Cinque Stelle, presentati sui 21 emendamenti all’originaria riforma dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi, affiancato dalla Guardasigilli Marta Cartabia, ha spiegato: «Ho chiesto l’autorizzazione alla fiducia e questo significa che c’è un testo approvato all’unanimità dal Consiglio ministri, che siamo aperti e disponibili a miglioramenti di carattere tecnico. Se ci fossero, si tratterà di tornare in Consiglio per chiedere l’autorizzazione alla fiducia anche sui nuovi testi».
Ma Draghi mette due paletti. «Le modifiche devono essere di carattere tecnico e non stravolgano l’impianto». E dovrà trattarsi di «modifiche condivise, non emendamenti presentati da una parte».
Intanto la ministra Cartabia prova a trovare un accordo su «un tema difficile, ma ineludibile», spiegando che «la durata dei processi è un problema grave in Italia, il Pnrr ci chiede di ridurre i tempi del 25%, la Costituzione chiede la ragionevole durata». La ministra riassume il percorso fatto fin qui: «Abbiamo cominciato a discutere il giorno dopo la nascita del governo, tutti hanno dato il loro apporto, tutti hanno chiesto di eliminare i punti difficili. È stata trovata una mediazione in Consiglio dei ministri». E non nasconde neanche le preoccupazioni dei magistrati che lei stessa ha raccolto nel tour che sta facendo: «Viste le criticità di alcune corti di Appello, vogliamo evitare che l’impatto della riforma provochi l’interruzione di procedimenti importanti».
Draghi ripete che «l’intento del governo non è l’impunità». E Cartabia aggiunge che quelle del Movimento Cinque Stelle sono «preoccupazioni da prendere seriamente in considerazione». L’ala dura dei grillini però è contro il lodo Serracchiani, che prevede fino al 2024 gli Appelli possono durare tre anni anziché due, sul quale si impernia la trattativa nella maggioranza. E in questi giorni, il leader in pectore dei grillini Giuseppe Conte è stato in costante contatto con Draghi e con la ministra, al lavoro per una mediazione dopo l’incontro di lunedì con Draghi.
Intanto dalla sesta commissione del Csm arriva un parere critico sulla riforma per la «dubbia compatibilità del rimedio dell’improcedibilità con il principio di obbligatorietà dell’azione penale e con il principio di uguaglianza». L’organo di autodisciplina dei magistrati parla di «un’ingiustificata e irrazionale rinuncia dello Stato al dovere di accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità sul piano penale, rispetto a un reato certamente non estinto». Un giudizio che alimenterà le posizioni dei Cinque Stelle.