Le sessioni plenarie del Parlamento europeo non sembrano molto attraenti per i notiziari europei: lunghi dibattiti che si protraggono fino alla mezzanotte, interventi spesso ripetitivi, votazioni effettuate a distanza di giorni, quando non di mesi. Anche nei casi in cui gli eurodeputati discutono di tematiche molto attuali nel dibattito pubblico, la loro voce arriva a fatica nei servizi dei telegiornali o sui giornali dell’indomani. Per aumentare la «notiziabilità» dell’Eurocamera, un gruppo di deputati ha messo a punto alcune modifiche nella struttura delle sue riunioni: meno carne al fuoco, più attenzione ai temi caldi in Europa.
I cambiamenti suggeriti per la sessione plenaria fanno parte di un progetto più ampio, che prevede un riassetto completo delle dinamiche parlamentari. Ad aprile 2021 il presidente dell’emiciclo comunitario David Sassoli ha lanciato un esercizio di «ripensamento della democrazia parlamentare», che coinvolge sia questioni politiche che organizzative.
L’obiettivo è trarre adeguate lezioni dai mesi della pandemia, in cui l’Eurocamera è stata costretta a modificare significativamente il suo flusso di lavoro. Per più di un anno le commissioni parlamentari si sono riunite soprattutto on-line, i parlamentari e i loro assistenti hanno comunicato perlopiù a distanza e l’edificio di Bruxelles è rimasto spesso vuoto. Non è andata meglio al Parlamento di Strasburgo, che ha ripreso a ospitare le sessioni plenarie soltanto a giugno, a 15 mesi di distanza dall’ultima volta.
Il Parlamento ha costituito quindi cinque gruppi di lavoro, ognuno dei quali focalizzato su un aspetto dell’istituzione comunitaria. Quello incaricato di valutare le sessioni plenarie, secondo indiscrezioni riportate dal quotidiano Politico, ha stilato una serie di raccomandazioni per riformare l’organizzazione dei dibattiti, rendendola più fruibile e trasmissibile da parte degli organi di informazione.
Uno dei problemi ravvisati concerne la quantità di dossier discussi a ogni tornata. Attualmente, nei quattro giorni di plenaria di ogni mese, i deputati arrivano a discutere anche una quarantina di argomenti e a votarne altrettanti.
Ne consegue una grande mole di lavoro preparatorio e la tendenza a concentrarsi su determinate tematiche, disertando l’aula per il resto del tempo. Non di rado, anche prima della pandemia, si vedevano aule semivuote durante molte delle discussioni, oppure interventi molto simili da parte dei membri dello stesso gruppo politico, i cui discorsi attingono evidentemente alle stesse fonti.
Per ovviare al problema, si suggerisce di ridurre il numero degli argomenti in agenda, cosa che tra l’altro concederebbe agli eurodeputati più tempo per esporre i propri pensieri: una scena ricorrente delle discussioni all’Eurocamera è infatti la richiesta all’oratore di turno di restare nei tempi previsti. Con qualche minuto in più, il dibattito sarebbe «reale» e non una serie liturgica di discorsi interrotti.
Un Parlamento da prima serata
Al Parlamento si chiede anche di dare priorità alle discussioni sugli affari più urgenti, con lo scopo di assegnare ai temi di grande attualità le caselle del calendario più consone alle esigenze dei media. In particolare, il martedì e il mercoledì mattina devono tenersi quei dibattiti per cui si prevede il maggiore interesse mediatico, relegando al lunedì e al giovedì (o al venerdì, quando la plenaria si prolunga) quelli più tecnici e meno coinvolgenti. Al mercoledì pomeriggio verrebbero spostati anche i casi di violazioni di diritti umani nel mondo, tre per ogni sessione, che il Parlamento analizza ora al giovedì mattina, quando parte di suoi membri sono già in viaggio verso i rispettivi Paesi.
Obiettivo dichiarato è il prime time, la fascia oraria con il maggior numero di spettatori televisivi, che varia nei diversi Stati Ue, ma si colloca generalmente nelle ore serali. Per approdare nei telegiornali della sera, le istituzioni europee dispongono anche di un proprio servizio di broadcasting interno, Europe by Satellite, una corposa e ben equipaggiata video-agenzia che fornisce gratuitamente servizi e immagini grezze alle testate del continente.
Tra gli escamotage per facilitare la diffusione dei lavori parlamentari c’è pure la proposta di organizzare gli interventi dei deputati al centro dell’emiciclo su una sorta di palco, invece che dal proprio seggio come avviene ora. Nelle intenzioni del gruppo di lavoro, questa pratica risulterebbe gradita agli operatori televisivi.
Sempre per soddisfare criteri informativi, il gruppo di lavoro dell’Eurocamera propone di tenere subito dopo questi confronti parlamentari le relative votazioni. Al momento, il voto su una risoluzione è spesso sfalsato rispetto al momento della sua discussione in aula: può accadere ad esempio che i deputati affrontino una proposta legislativa il martedì, votino gli emendamenti il mercoledì e la norma nel suo complesso il giovedì. In alcuni casi, poi, la votazione si tiene in una sessione plenaria differente da quella della discussione, rendendo ancora più complicata la copertura mediatica. Come confermano fonti parlamentari consultate da Linkiesta, il problema principale resta la difficoltà per i cittadini interessati ai temi europei di tenere le fila del discorso.
Da una parte c’è la complessità del processo legislativo comunitario, che prevede prima una proposta della Commissione, poi un dibattito parallelo al Consiglio e al Parlamento europeo, e successivamente lunghi negoziati fra le istituzioni per trovare una posizione comune, che avvengono a porte chiuse e da cui la stampa può trarre solo indiscrezioni in attesa di una soluzione definitiva. Dall’altra, la sensazione che anche temi di respiro europeo vengano trattati negli Stati membri più attraverso gli esponenti politici nazionali che quelli comunitari.
Le sessioni plenarie di settembre e ottobre, le prime dopo la pausa estiva, potrebbero essere usate per testare alcuni cambiamenti. Stando alla posizione ufficiale del Parlamento europeo, l’elaborazione delle conclusioni dei gruppi di lavoro è ancora in corso ed eventuali modifiche verranno valutate a livello interno a partire da settembre. Per l’Eurocamera però la strada sembra segnata: bisogna parlare meglio ai mass media per arrivare ai cittadini dell’Ue.