Se immaginate la pesca dei gamberi pensando alla Bubba Gump Gamberi, alla Jenny, la barca di Forrest Gump, che si muove nelle acque piatte e deserte di Bayou Le Batre, al Tenente Dan che si tuffa dalla sponda della barca nell’Atlantico, ecco, questo racconto vi farà cambiare idea. Quella descritta da Benedetto Carpi, Presidente dell’Associazione Pescatori di Santa Margherita, è una pesca diversa, come diverso il mare in cui si svolge. Un mare dai profondi fondali rocciosi, che si protende ad abbracciare la terra in un susseguirsi di insenature e di calette. Un paesaggio la cui bellezza rende ragione del fascino e della celebrità delle località turistiche che si affacciano su questo mare, e che da sempre ha definito il modo di vivere e di lavorare dei pescatori. Il pesce qui è una ricchezza: acciughe e pesce azzurro, polpi e calamari, branzini, orate, dentici e mormore. E gamberi. «Tutto nasce negli anni Venti – racconta Carpi – quando vennero abbandonate le vele e arrivarono piropescherecci. Con i motori si potevano esplorare nuove zone di pesca e portare le reti sul fondo: prima 50, poi 100, e poi 200 metri, e via in un crescendo di profondità. Poi arrivarono anche nuovi attrezzi: ed è grazie a questi che negli anni Trenta si è “scoperto” il gambero di Santa Margherita Ligure: una passione che d qui negli anni si è diffusa fino a varcare i confni della nostra regione, e ad arrivare a Milano. Prima di allora c’era solo il gambero rosso, vicino alla costa, al massimo a 300 metri di profondità. Poi piano piano ci si è spinti in atre zone. Oggi si pescano gamberi fino a 780 metri».
Con il passare del tempo non sono cambiate solo le tecniche di pesca, ma anche le condizioni climatiche e ambientali, tanto che «oggi fino a 300 metri si trovano solo gamberi bianchi, neanche uno rosso, per trovarli bisogna arrivare almeno a 400 metri: con il tempo sono spariti, mentre sono sempre più diffusi i gamberi viola, una specie che vive nel pulito, dove si trovano gamberi viola, ci sono solo loro. Fino all’88, prima che istituissero il fermo ambientale, ne pescavamo 40-50 kg a barca; con il fermo sono arrivate altre specie, e non ne abbiamo più pescati». Un rovescio della medaglia del “fermo pesca”, dunque, di quel provvedimento dell’Unione Europea che da anni mira a dare una pausa allo sfruttamento del patrimonio ittico mediterraneo, ma che prevede alcune eccezioni.
Tecniche antiche per una pesca selettiva
«La pesca al gambero – spiega Carpi – è una pesca selettiva, molto mirata, tanto che può avere una delega rispetto al fermo biologico. Quella che pratichiamo a Santa Margherita, poi, è una pesca “all’antica”: ci sono pescherecci del 1947 ancora in attività, usiamo reti vecchie di 50 anni, molto leggere, e le tiriamo per 3 km ogni ora, mentre altri fanno il doppio. La nostra è una marineria un po’ a sé. Abbiamo 17 pescherecci di cui il più grande è da 19 metri. In porti come quello di Mazara 19 metri è il più piccolo: noi dobbiamo essere agili. Quando ero bambino ci saranno stati 40 pescherecci, grandi, sui 28 metri, ma c’è poco ricambio, in pochi vogliono fare questo mestiere, e sono rimaste le barche più piccole. Lavorare poco e bene è meglio, se si lavora troppo si svilisce il pesce. Il Mar Ligure ha tanti fossi, scogli, ci sono relitti, luoghi che diventano nursery per i gamberi: noi sopravviviamo in questa situazione usando barche piccole, che sono agili e richiedono poche spese. Sfruttano di meno il mare, consumano meno carburante, inquinano di meno. È una scelta, come è una scelta quella di avere ciascuno il proprio banco di vendita, con un contatto diretto con il pubblico». E così ha un sapore antico anche il rapporto con il cliente, che si fida delle conoscenze dei pescatori e della loro valutazione, anche se i gamberi, come ogni prodotto, sono soggetti a mode e a gusti del momento: «il più quotati in Italia adesso sono i gamberi rossi, quelli bianchi, o rosa, sono i meno pregiati. Il gambero rosso è più delicato, il viola è più saporito. Ma bisogna anche tenere presente che il sapore varia nelle diverse zone, secondo i diversi habitat. I gamberi bianchi in genere sono i meno gustosi, ma si trovano ovunque, da 50 a 700 metri. Probabilmente è effetto di un cambio nelle temperature, ma la loro diffusione va a scapito delle altre specie». Una domanda che, come altre, resta senza risposta. «Un tempo lavoravamo molto con le università. Oggi ci sono meno risorse, e questo tipo di studi si presenta di rado. Eppure il futuro secondo me è una figura professionale di pescatore-biologo, che sappia comprendere i diversi meccanismi del mare.
Anche per quanto riguarda i fermi pesca: le zone non sono tutte uguali, non solo il Mar Ligure è diverso dal Tirreno, ma anche da Santa Margherita a Spezia cambiano i fondali. Per questo la conoscenza è fondamentale». Un esempio? «Le ore in cui le reti sono calate qui sono molte meno rispetto ad altre parti. Si pesca a zone. Senza dimenticare che i pescherecci grandi pescano grossi quantitativi di pesce e lo devono vendere a prezzo basso. Noi no: noi non svendiamo il prodotto, anzi, lo valorizziamo, ma ci dividiamo il mercato. Ci specializziamo. Alcuni poi cercano di diversificare con il pescaturismo, ma noi pescatori di gamberi non possiamo: la nostra è una pesca meccanica, non ci lasciano prendere a bordo i turisti. In realtà sarebbe possibile, basta tenere i passeggeri lontani dalle attrezzature, in sicurezza: in questo modo potremmo guadagnare anche pescando di meno».
L’attenzione di questi pescatori si spinge anche all’ambiente: «Abbiamo partecipato a diverse sperimentazioni, come quella sulle reti che consentono di pescare lasciando al sicuro le tartarughe, ma non era funzionale al nostro tipo di pesca, si perdono molti pesci, è meglio usare dissuasori sonori o luminosi. E poi stiamo cercando reti ecosostenibili, che si decompongano da sole, e siano quindi meno impattanti: ci sono tanti progetti che guardano verso il futuro». Ancora, l’attenzione dal mare passa al prodotto pescato: «non usiamo conservanti, ma solo acqua e ghiaccio. Il pesce così è più naturale. E così lo vendiamo ai nostri clienti, del posto, ovviamente, ma anche a Milano, o a Pavia. Certo, con il Covid abbiamo dovuto rinunciare a ristoranti e alberghi, e puntare tutto sui clienti locali. Ma siamo sopravvissuti».