Elogio del New York Times a DraghiSalvini e Bonafede si prendono i meriti dell’accordo sulla giustizia

«Ho smontato la riforma Bonafede», dice il leader della Lega. «Da domani un reato di mafia, senza di noi, sarebbe stato a rischio impunità», risponde l’ex Guardasigilli grillino. Mentre il Nyt scrive che la mossa del premier «ha tutto il potenziale per cambiare il Paese»

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

«Ho smontato la riforma Bonafede», dice Matteo Salvini alla Stampa. «Noi soli, ma abbiamo blindato i processi di mafia», commenta su Repubblica l’ex ministro Cinque Stelle Alfonso Bonafede. Il giorno dopo l’accordo raggiunto in extremis dal governo Draghi sulla riforma del processo penale, sia il leader della Lega sia i grillini si prendono i meriti della mediazione sul testo della ministra Cartabia. E da entrambe le parti si celebra la vittoria politica. Mentre il New York Times elogia il lavoro fatto dal presidente del Consiglio, definito «Italy’s Mr. Fix-It», colui che «ripara il travagliato sistema giudiziario italiano e pure la sua politica».

Dopo nove ore di liti e tensioni e la minaccia di astensione dei Cinque Stelle in consiglio dei ministri, alla fine l’intesa sulla riforma della giustizia è stata raggiunta. Mario Draghi ha difeso la struttura complessiva del provvedimento, introducendo un regime speciale per i processi per tutti i reati di mafia. Secondo l’accordo, non si sterilizzano i tempi processuali per i reati riconducibili al 416 bis e ter, dunque si va avanti senza scadenza. Mentre per l’aggravante mafiosa si arriva a sei anni in appello, con un regime transitorio da qui al 2024. Dal 2025 l’appello scenderà invece a cinque anni. «Quella che si chiude è un giornata importante, c’è stata un’approvazione all’unanimità, con piena convinzione di tutte le forze politiche e l’impegno a ritirare tutti gli emendamenti che erano stati presentati dalle forze di maggioranza con l’obiettivo di accelerare il più possibile il lavoro in Parlamento e concludere prima della pausa estiva questa importantissima riforma», ha commentato il Guardasigilli Marta Cartabia.

Matteo Salvini alla Stampa dice di essere soddisfatto.«Come Lega, oltre ai reati di mafia, abbiamo aggiunto, grazie a Giulia Bongiorno, il tema della violenza sessuale e dello spaccio di droga come reati particolarmente gravi. Magari in casa Cinque Stelle sono temi delicati… Fino all’ultimo loro hanno minacciato di non votare la riforma Cartabia, però io fra ieri e oggi avrò sentito il presidente del Consiglio almeno una decina di volte. Anche in questo caso la Lega è stata forza di garanzia e di equilibrio. Draghi e il ministro Cartabia ci hanno ringraziato per il contributo. Conte fa gli show, Giulia Bongiorno ha lavorato giorno e notte per migliorare questo testo. Mentre i Cinque stelle facevano i capricci e presentavano 900 emendamenti, noi abbiamo migliorato il testo».

Secondo il leader della Lega, l’esultanza grillina è ingiustificata. «È un modo per giustificare il dietrofront dei ministri grillini che avevano votato la prima versione della riforma Cartabia. Mi ricorda qualcuno che esultava per avere cancellato la povertà. Ma io con Draghi ho parlato di tasse, lavoro e pensione», dice.

Festeggia dalle colonne di Repubblica anche l’ex ministro grillino Bonafede, nonostante la sua riforma della prescrizione di fatto sia stata cancellata. È merito dei Cinque Stelle, dice, aver blindato «i processi di mafia, di terrorismo e di violenza sessuale, e di mettere in maggiore sicurezza tutti gli altri che rischiavano di andare in fumo». E «questo risultato ha un solo nome, ed è il Movimento 5 stelle, e una sola firma, quella di Giuseppe Conte». «Da domani un reato di mafia, senza di noi, sarebbe stato a rischio impunità».

Non solo, dice Bonafede: «Voglio ricordare qui che la velocizzazione dei processi si basa sulle assunzioni che ho fatto e progettato io e che adesso la ministra Cartabia sta convintamente portando avanti». E aggiunge: «Prendo semplicemente atto che ci sono parti importanti della mia riforma che sono rimaste».

Dall’altra sponda dell’Oceano, però, il New York Times dà il merito della riforma sulla giustizia a Mario Draghi. «La mossa di Draghi ha tutto il potenziale per cambiare il Paese», scrive il quotidiano americano. La riforma varata «znon è altro che il tentativo di ristabilire la fiducia degli italiani nei loro leader politici e nelle istituzioni dopo decenni di vetriolo anti establishment, titoli arrabbiati e invettive sui social media».

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