Il premier Mario Draghi ha preferito la via della prudenza, evitando di concentrare in 48 ore la nuova stretta sulla scuola da un lato e la mediazione definitiva sulla giustizia. Meglio un passo alla volta: incassare prima l’accordo sulla riforma del processo penale e poi, la prossima settimana, passare alla decisione sugli obblighi richiesti al personale scolastico per il rientro in aula.
La decisione è arrivata dopo il faccia a faccia di ieri con Matteo Salvini. Il leader della Lega, scrive Repubblica, gli avrebbe chiesto di rallentare, offrendo il proprio sostegno sulla giustizia. Un sostegno che non è gratis, ovviamente. In cambio, Salvini ottiene una frenata sul capitolo delle misure anti-Covid. Entro giovedì prossimo si interverrà comunque sulla scuola, ma forse rimandando alla seconda metà di agosto alcuni interventi sul green pass e i trasporti.
Il colloquio con Salvini viene definito «proficuo e cordiale» dallo staff di Palazzo Chigi. Ma arriva dopo giorni di tensione, seguiti alla frase di Draghi in conferenza stampa «L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire». Draghi non rinnega la sua posizione, ma accetta di prendere una settimana di tempo e di rallentare sulle misure contro la pandemia.
La scelta di Draghi è legata prima di tutta a una ragione: chiudere prima il capitolo della giustizia, che sembra aver inceppato ogni altra mediazione nella maggioranza. Come scrive La Stampa, ieri Draghi avrebbe telefonato a tutti i leader dei partiti di maggioranza per chiedere lo stop ai «giochi al rialzo». E la speranza è che si possa arrivare a una sintesi già oggi.
Portare a casa la riforma Cartabia, dunque, diventa prioritario. E farlo senza arrivare alla fiducia risulta la strada migliore per evitare problemi ulteriori. Ma non è facile, dopo che nelle ultime ore la Lega si è schierata al fianco di Forza Italia, in una pericolosa «asta degli emendamenti» tra Cinque Stelle e il centrodestra. Il Movimento ha presentato al ministero della Giustizia un elenco con sette richieste.
Palazzo Chigi alla fine confida nel senso di responsabilità. Salvini si offre come garante e propone di mediare. E il premier accetta di concedere altri giorni sulla scuola, dribblando per giunta la pericolosa saldatura tra il mondo della scuola e la pressione politica di Lega e Cinque Stelle, ostili all’obbligo vaccinale.
L’intervento dovrebbe essere varato comunque al massimo giovedì in consiglio dei ministri. L’obbligo vaccinale resta la soluzione più semplice, e anche la preferita di Draghi, Roberto Speranza, del Pd e di Forza Italia. Ma la Lega e i Cinque Stelle frenano. I sindacati tentennano. E dunque, si fa spazio l’ipotesi di imporre l’obbligo con un meccanismo «progressivo». Si chiederebbe al personale docente di vaccinarsi, ma immaginando un meccanismo sanzionatorio a più livelli: prima richiamo, poi trasferimento, infine sospensione. A questo, si aggiungerebbe un altro distinguo: l’imposizione potrebbe valere solo per i professori, a strettissimo contatto con gli studenti, e non per il resto del personale scolastico.