Sarà stato forse il pellegrinaggio alla Cova da Iria in compagnia dell’ex seminarista e ora leader dei sovranisti portoghesi André Ventura a provocare, dopo quella europeista, la nuova conversione di Matteo Salvini a paladino tanto del ddl contro l’omotransfobia quanto degli “appelli” di Papa Bergoglio.
Chissà da quale folgorazione sarà stato colto sulla via di Fatima il pastorinho di via Bellerio, che solo qualche mese fa continuava a ripetere come un disco rotto: «La nostra posizione è chiarissima: ognuno è libero di fare l’amore con chi vuole, amare chi vuole e vivere con chi vuole. E chi discrimina o aggredisce e picchia per strada qualcuno, che sia etero, che sia omo o sia trans, è un delinquente. Punto. Che va punito come la legge già prevede. Non serve una nuova legge, soprattutto in un momento in cui ci dovremmo occupare dell’epidemia e della ripartenza».
Chissà quale illuminazione avrà mai ricevuto il pio Salvini, che dal 5 luglio non fa che dire a mo’ di litania in tema di ddl Zan: «La mia posizione è perfettamente in linea con la Santa Sede». Oppure: «Noi abbiamo accolto l’appello del Santo Padre». Ma che fino a ieri – sorvolando sul fatto che non c’è mai stato un richiamo di Francesco al riguardo ed è inoltre di dubbissimo gusto tirarlo per la talare nei giorni in cui è ricoverato al Gemelli – posava in t-shirt con la scritta Il mio Papa è Benedetto, esaltava porporati antibergogliani come Burke e Müller, era completamente sordo agli appelli pontifici, questi sì reali ed espliciti, in materia di accoglienza dei migranti e diceva di tutto sulle gerarchie ecclesiastiche e sulle «parole di qualche vescovone o di Famiglia cristiana o del quotidiano dei vescovi».
Verrebbe insomma da gridare al miracolo, se mai esistessero, o da parlare di mondo alla rovescia nell’assistere a un leader del Carroccio autoproclamatosi – sì, proprio lui – campione del dialogo e della lotta alle violenze e discriminazioni verso le persone Lgbt+ a differenza di un Enrico Letta al quale «di gay e di lesbiche – Salvini dixit il 4 luglio a Sky TG24 – non interessa nulla».
Come se di un colpo si potessero cancellare anni di becere affermazioni anti-Lgbt+, il cui crescendo si è registrato soprattutto durante l’iter parlamentare del ddl Zan e le cui riprove ultime sono offerte dalle dichiarazioni dei vari Pillon, Romeo, Ostellari. Soprattutto di quest’ultimo, la cui recente proposta “conciliativa” – e, questo, sia detto con buona pace di chi l’ha salutata come «importante svolta» e «sforzo di mediazione» – non potrà mai cancellarne l’ostruzionismo messo finora in campo come presidente della Commissione Giustizia del Senato a partire dalle 170 audizioni ammesse.
Ma altro che svolta. Nella proposta Ostellari è stata infatti cassata l’identità di genere quale motivo di violenza e discriminazione da prevenire e contrastare, lasciando dunque fuori dalle tutele previste le persone transgender. Eppure – e qui si evidenzia che non c’è nessun cambio di rotta in tema di diritti Lgbt+ – Salvini ha dichiarato più volte in questi giorni che tale modifica, insieme con quella dell’inesistente «insegnamento del gender» nelle scuole, gli sarebbe stata addirittura chiesta da «tante associazioni e movimenti di gay e lesbiche e femministe». Associazioni e movimenti, con il cui aiuto il segretario della Lega starebbe «scrivendo una lettera aperta a tutti i colleghi parlamentari, per ascoltare gli inviti al dialogo».
Parole che lasciano esterrefatti e che fanno pensare a una delle solite sparate propagandistiche salviniane dal momento che le associazioni Lgbt+ italiane, comprese alcune realtà femministe di peso come il Coordinamento nazionale di Se non ora quando e Differenza donna, hanno scritto due giorni fa una lettera aperta a un altro Matteo, cioè Renzi, ricordandogli che «la mediazione è impossibile con gli alleati di Orbán».
Nel riconoscere «il forte contributo» di Italia Viva alla stesura e all’approvazione del testo alla Camera, si ricorda all’ex presidente del Consiglio che «Salvini è inaffidabile e vuole solo bloccare la legge Zan. Un’altra proposta di legge significa uccidere la legge Zan, perché anche volendo non ci sono i tempi e la destra con cui vorreste la mediazione è inaffidabile sia perché hanno firmato il manifesto omofobo del sovranista Orbán, sia perché il loro obiettivo è quello del binario morto fingendo disponibilità a mediazioni che hanno il solo scopo di uccidere il bambino in culla».
Viene insomma da passare a una delle tante boutade di Salvini, che cerca di confondere le acque facendo passare per maggioritarie posizioni minoritarie come quelle di Arcilesbica, associazione indubbiamente storica ma numericamente esangue e poco o nulla rappresentativa del mondo lesbico. Per non parlare della solita solfa di femministe contrarie al ddl, dimenticando che, come ha spesso osservato Lea Melandri, «il femminismo italiano è ampio e plurale» e che, oltre alle associazioni già citate, si sono espresse fra l’altro a favore del testo e, nello specifico, dell’identità di genere realtà come la Casa internazionale delle donne e D.i.RE – Donne in rete contro la violenza.
Secondo la scrittrice e attivista transgender Monica Romano «provoca orrore e disgusto che una delle realtà Lgbt+ possa aver dialogato con Matteo Salvini. Il leader della Lega, non dimentichiamolo, aprirebbe le porte, se potesse, alla deriva ungherese anti-Lgbt+. Ora proprio il fatto che sia lui a proporre una mediazione con lo stralcio dell’identità di genere ci dice che la battaglia per il diritto umano dell’identità di genere ha un’assoluta centralità in questo momento. Una centralità culturale per il movimento tutto e la società civile».
Osservazioni, queste, da leggersi alla luce non solo dello sbandierato rapporto d’intesa tra Salvini e Orbán ma anche dei 21 voti contrari degli eurodeputati eletti tra le file della Lega alla risoluzione, con cui l’8 luglio il Parlamento europeo ha condannato la legge ungherese di contrasto alla pedofilia. Legge, che, è bene ricordarlo, vieta all’articolo 1 «la messa a disposizione a minori di diciotto anni di contenuti pornografici e contenuti che raffigurano la sessualità per i propri scopi o che promuovono la deviazione dell’identità di genere, la riassegnazione di genere e l’omosessualità».
Non ci gira intorno il deputato di Forza Italia Elio Vito che a Linkiesta dichiara: «Inizia finalmente, dopo mesi di ostruzionismo, l’esame in Aula del Senato del ddl Zan. E sono già cominciate le grandi manovre per affossarlo o cambiarlo in modo inaccettabile, che poi è lo stesso. Allora dico subito che per me non solo non è possibile eliminare (come propone la Lega ma anche Italia Viva) il riferimento all’identità di genere, perché sarebbero escluse dalle tutele contro le discriminazioni proprio le persone più esposte, ma che anche l’art. 7 che istituisce anche in Italia il 17 maggio Giornata nazionale contro l’omofobia è fondamentale. Perché per sconfiggere questo grave fenomeno, non bastano pene e reati, occorre anche prevenzione, informazione, diffusione della cultura del rispetto e dell’inclusione, proprio a partire dalle scuole».
Ma il parlamentare azzurro ce ne ha anche per il suo partito, perché, «se appare verosimile che con le sue proposte di modifica Renzi voglia aiutare Salvini, magari pensando alle prossime votazioni per il Quirinale, è ancora più grave l’atteggiamento di Forza Italia. La liberale, europeista Forza Italia che non solo si dichiara contraria al ddl Zan (mentre i partiti della destra europea hanno votato leggi simili) ma si è pure astenuta al Parlamento europeo sulla odiosa legge anti-Lgbt+ di Orbán. Che il futuro del centrodestra e della politica italiana si stia giocando sui diritti e sulle tutele delle persone Lgbt è davvero inaccettabile».
Paradossalmente, merito di certi posizionamenti sul ddl Zan è quello «di averci rivelato quanto arretrato sia questo Paese a cominciare dai suoi e dalle sue sedicenti intellettuali, che sono completamente fuori dalla storia». A rilevarlo è Francesca Romana Recchia Luciani, ordinaria di Filosofie contemporanee e Saperi di genere presso l’Università di Bari Aldo Moro, secondo la quale in questi mesi se ne sono «sentite di tutti i colori, persino che il neutro indifferenziato giungerà a cancellare il corpo e il sesso, che saremo cyborg transumani, che stiamo importando la “peste genderista” e che questo renderà la vita sessuale delle persone un grande supermarket dove ogni giorno si sceglie dallo scaffale la propria identità. Nessuna traccia dell’evidenza delle vite altrui, della benché minima considerazione delle esperienze concretissime che le persone trans vivono come una condanna in un paese violento, discriminatorio e transescludente».
Ma non solo, perché a sconvolgere è poi «la totale inconsapevolezza – vera o simulata che sia – di abitare stabilmente un privilegio e considerare ininfluenti le esperienze diverse dalle proprie. L’assenza totale d’empatia eretta a sistema e Weltanschauung. E infine, ultima ma per me prima considerazione, queste interpretazioni fuorvianti non hanno nulla a che fare con il femminismo che fa delle singole libertà e autodeterminazioni il senso stesso della propria azione rivoluzionaria».