Tifo e festeggiamenti per la vittoria degli Europei di calcio significano anche assembramenti nelle piazze italiane da Nord a Sud. E spesso senza mascherina. Secondo il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, «entro dieci giorni» la variante Delta «diventerà prevalente, superando quella inglese». Nonostante ciò, assicura in un’intervista alla Stampa, «non c’è bisogno di ripristinare l’obbligo di mascherina all’aperto, ma vanno rafforzati i controlli in caso di assembramenti».
Sileri spiega come: «Serve una costante opera di vigilanza, vanno potenziati i controlli nei luoghi della movida, perché dove non si mantengono le distanze si deve indossare la mascherina, questa è la regola, altrimenti devono scattare le sanzioni».
Ma, tenendo conto delle proiezioni sulla crescita dei contagi, non c’è bisogno di rivedere le regole – dice. «Sappiamo che l’evoluzione sarà simile a quella che abbiamo visto in Gran Bretagna: entro fine mese i contagi saranno tre o quattro volte quelli attuali e durante l’estate continueranno a crescere. Ma, dall’altra parte, aumenteranno progressivamente i cittadini vaccinati con doppia dose, a settembre saremo intorno al 70-75% di immunizzati».
Sileri non vede neanche il rischio che l’Italia non sia più tutta bianca. Non c’è «un rischio immediato», dice, «ma non si può escludere che ci sia qualche passo indietro, con cambi di colore di alcune Regioni e istituzione di zone rosse a livello locale. Dovremo, però, fare riferimento al numero di ricoveri, più che a quello dei contagi. Questo perché l’età media dei nuovi positivi si abbassa e i giovani si ammalano di Covid in forma lieve. Ad oggi abbiamo il 2% dei posti occupati nei reparti di terapia intensiva, grazie alle vaccinazioni in autunno non succederà quello che è avvenuto un anno fa».
Da una parte però ci sono i 2 milioni e mezzo di over 60 non vaccinati: bisogna «raggiungerli uno per uno, grazie all’aiuto dei medici di medicina generale e ai farmacisti, e parlare, spiegare, rassicurare», dice il sottosegretario. Dall’altra ci sono i giovani, poco vaccinati e primi diffusori della variante Delta. In questo caso, spiega il sottosegretario, «oltre a spingere sulle vaccinazioni, bisogna intercettare quanti più positivi possibile, soprattutto quelli asintomatici. In questo senso, resto favorevole alla riapertura delle discoteche, a patto che sia gestita con regole ferree, compreso l’obbligo di tampone per poter entrare. In questo modo si dà un motivo in più ai ragazzi per sottoporsi al test e si aumenta la diagnostica sul territorio. Senza contare che i controlli in discoteca sarebbero più stringenti rispetto alle feste improvvisate sulla spiaggia».
Resta anche il nodo della ripresa della scuola, visto il basso numero di vaccinati tra i 12 e i 19 anni. «Aspetterei almeno la fine del mese per vedere la percentuale effettiva di studenti vaccinati, ma è chiaro che, se si mantiene così bassa, non potrà essere garantita una ripresa al 100% delle lezioni in presenza, almeno nelle prime settimane», spiega. «Poi andrà potenziata la campagna diagnostica nelle scuole, con tutti i mezzi disponibili. Di buono c’è che verranno meno i contagi innescati fuori dalla scuola, ad esempio sui mezzi pubblici, perché lì la maggioranza dei passeggeri sarà coperta dal vaccino».
C‘è anche il problema dei docenti: in 215 mila non sono vaccinati. Ma Sileri è contrario all’obbligo. «Sì, perché si tratta del 15% del totale e distribuito solo in alcune Regioni, più di 60 mila solo in Sicilia», spiega. «E perché penso serva la moral suasion: far capire al personale scolastico che deve vaccinarsi innanzitutto per tutelarsi, perché lavoreranno in un contesto a rischio. A settembre e ottobre il virus rialzerà la testa e circolerà inevitabilmente nelle nostre scuole, ma a finire in ospedale per il Covid saranno essenzialmente due categorie: non vaccinati e fragili con altre patologie».
Sileri è critico sull’esito deludente della parabola del vaccino italiano di Reithera. «Penso sia un vero peccato, prima è stato acclamato, ora non ne parla più nessuno, dovrebbe chiederlo al ministro Speranza», dice. «Credo sia una follia abbandonare l’azienda, che ha oltre 100 ricercatori e offre un potenziale unico. Si può pensare di produrre il vaccino a vettore virale e, se in Italia non serve, venderlo all’estero. Oppure chiedere di sviluppare un vaccino a mRna, perché sono in grado di farlo. Senza dimenticare la capacità produttiva da valorizzare, andando oltre il Covid, magari per le terapie oncologiche».