La terza dose del vaccino sarà necessaria per gli immunodepressi a sei-sette mesi dall’ultima puntura. Ad annunciarlo, in un’intervista alla Stampa, è Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e portavoce del Comitato tecnico scientifico. Che però all’obbligo vaccinale per i docenti dice di preferire comunque il senso civico «del proteggere se stessi e chi ci è vicino».
Brusaferro fa notare anzitutto che la crescita dei contagi «ora sembra più contenuta». Ma «dobbiamo vedere se il trend tiene», precisa. «Per evitare una quarta ondata abbiamo due strumenti a disposizione e vanno usati entrambi: quelli della vaccinazione e dei giusti comportamenti che dipende solo da noi adottare. Sul piano delle vaccinazioni vedo con soddisfazione che i giovani stanno rispondendo bene, come dimostra la forte crescita degli immunizzati tra i 20 e i 29 anni». Mentre sui comportamenti ci dobbiamo ancora lavorare. «La versione di chi dice “se prendo l’infezione non succede niente” oggi non possiamo più accettarla», commenta Brusaferro. «Sappiamo infatti che c’è il fenomeno del long Covid o persistenza di sintomi e riduzione della funzionalità di alcuni organi. Questa sintomatologia si continua a presentare per settimane e settimane e riguarda percentuali che vanno dal 2% al 13% della popolazione che ha avuto l’infezione. Pertanto, se possiamo evitiamo di contrarla senza contare che possiamo contribuire a trasmetterla ad altri».
Non solo. «I dati di cui disponiamo, ricordati anche da Anthony Fauci, dimostrano che i vaccinati, se positivi, possono trasmettere il virus efficacemente», ricorda il professore. «E per questo è necessario mantenere anche per loro la quarantena in caso di contatti stretti con positivi».
Ma la differenza «è che i vaccinati hanno molte meno possibilità di contrarre l’infezione e quindi anche di trasmetterla, visto che i dati italiani evidenziano una efficacia dell’88%. In questa prospettiva la certificazione verde consente di vivere con maggiore serenità certe situazioni di vita sociale, soprattutto in ambienti chiusi».
In tanti, però, si chiedono quanto può durare la protezione vaccinale e intanto corrono a fare test per contare gli anticorpi. Secondo Brusaferro, non ha senso farlo. Per diversi motivi: «Il primo è che esistono diverse tipologie di test che forniscono valori diversi e quindi non confrontabili. Il secondo motivo è che non è stata accertata una soglia anticorpale che garantisce la protezione. Il terzo è che il sistema immunitario è composto di una altrettanto importante difesa cellulare che questi test non misurano».
Ma la terza dose sarà necessaria? «Le vaccinazioni sono iniziate a gennaio e mano a mano che monitoriamo la risposta immunitaria siamo in grado di valutarne anche la durata. Per ora sappiamo che va oltre i sei mesi, nuovi studi dicono più di otto. Ma sono dati in via di aggiornamento. Per questo oggi non possiamo ancora dire se e quando sarà necessaria. Diverso è il discorso per gli immunodepressi che hanno una risposta più debole e per i quali si stima opportuno un richiamo a 6-7 mesi dal completamento del ciclo vaccinale».
Quanto alla riapertura della scuola, «l’obiettivo prioritario resta quello di garantire le lezioni in presenza. Per raggiungerlo sarà necessario vaccinare il più possibile il personale e i ragazzi. Si dovrà comunque organizzare la vita scolastica con le misure note, avendo però presente che è necessario gestire anche i momenti di aggregazione prima e dopo le lezioni». Ma rispetto all’obbligo del vaccino per il personale scolastico, «io auspico sempre ci sia la coscienza di voler proteggere se stessi e chi ci è vicino. Perché nella scuola ci sono anche persone e ragazzi con patologie che non consentono di proteggersi con la vaccinazione».