Inavvicinabile, élitario, costosissimo, prodotto all’estero: se anche voi avete questa idea del caviale, siamo qui per dimostrarvi il contrario. Ma iniziamo dalla produzione. Il caviale è ottenuto dalle uova di differenti specie di storione appartenenti alla famiglia Acipenseridae. In totale le specie sono ventisette, ma solo sei o sette sono le tipologie meritevoli di attenzione per la qualità delle loro uova. È un bene di lusso per la difficoltà di produzione, per il tempo lunghissimo di realizzazione, per l’ecosistema dell’habitat dei pesci da cui deriva. Animale preistorico, lo storione è sulla terra da 250 milioni di anni, è un pesce molto longevo con una vita quasi centenaria e può arrivare a pesare fino a 800 chili per una lunghezza che raggiunge i 6 metri. Allevarlo è molto costoso, il lavoro si protrae anche per decenni, l’estrazione delle uova avviene generalmente non prima del quattordicesimo anno, e per la specie Beluga anche al ventesimo anno di vita. Fatta eccezione per il momento della schiusa, quando la mortalità è molto alta, dopo il primo anno diventa un pesce decisamente resistente. È impossibile distinguere a occhio nudo il genere maschile o femminile fino al quinto anno di vita.
Il caviale, la cui denominazione deriva dall’italiano arcaico «caviaro», a sua volta derivato dal greco medievale khaviari o dal turco havyar, era, con lo storione, ingrediente di molte ricette italiane sin da Rinascimento. La prima risale al «De honesta voluptate et valetudine» di Bartolomeo Sacchi e fu pubblicata a Venezia nel 1475. Nel 1942, Benvenuta Ascoli, detta Nuta, ebrea di Ferrara aveva un prezioso negozio di caviale delle uova di storione del Po e lo preparava secondo un’antica ricetta del 1549 di Cristoforo da Messisbugo, famoso cuoco alla corte dei Gonzaga.
Pensiamo sia un prodotto prettamente estero, ma non è così, o almeno non solo. La storia di Agroittica Lombarda, con il brand Calvisius, è lì a dimostrarlo. Agroittica è assieme un progetto di straordinaria imprenditoria italiana, un sogno gastronomico e un sistema sostenibile unico, innovativo e controllato. E come sempre quando si parla di innovazione, è da un’ispirazione che nasce l’azienda: il geniale Giovanni Tolettini, socio dell’Acciaieria di Calvisano, nel 1977 trovò il modo di sfruttare il calore degli impianti di riscaldamento e ebbe l’idea di allevare prima anguille e poi storioni. Grazie a uno scambiatore di calore riutilizzato nelle vasche di produzione, il processo permetteva di trasferire l’energia termica del processo siderurgico alle pure acque che sgorgano all’interno della proprietà e di ottenere così un habitat ottimale per diverse specie ittiche pregiate. Siamo in una Brescia dal significativo tessuto industriale con un pensiero etico e di sostenibilità altrettanto considerevole: voler restituire alla natura quando trattenuto dall’uomo. Imprenditori evoluti come Tolettini e Gino Ravagnan, quest’ultimo con alle spalle una forte esperienza in acquacoltura, valorizzeranno le risorse della pianura bresciana, zona ricchissima di fontanili di acqua sorgiva, per dar vita alla prosperosa attività di allevamento di storioni in cattività. Nel 1981, grazie al prezioso contributo del biologo marino Serge Doroshov, inizierà il ciclo di allevamento di storione bianco, pesce interessante per la sua carne tenera, buonissima e poco grassa. Dal 1998 lo storione bianco verrà riprodotto internamente in Agroittica – precedentemente venivano acquistati gli avannotti -, mentre da lì a poco, il CITES – Convenzione sul commercio internazionale della specie minacciate di estinzione – lo inserirà tra le specie protette. La pesca nel Mar Caspio diventa così oggetto di tutela, e il caviale da quel momento in poi non sarà più selvaggio. Il caviale perfetto vuole purezza delle acque e freschezza. In Agroittica l’acqua utilizzata proviene esclusivamente dalla falda acquifera e sgorga direttamente all’interno della tenuta. L’approccio naturale e il totale controllo della filiera sono altrettanto indispensabili per la tutela e il benessere dell’animale nel suo lungo ciclo di vita. Ogni fase, dalla riproduzione al confezionamento del caviale, si svolge in azienda. La freschezza è prerogativa di tutte le fasi: il caviale viene prelevato, salato e spedito senza alcun ulteriore passaggio intermedio, un processo che si compie in meno di due ore. In questo modo il caviale non subisce la minima degradazione. Per tutte queste sue caratteristiche la shelf life non supera i tre mesi, se conservato correttamente in frigo tra 0-4°C.
Degustare il caviale significa avvicinarsi a un prodotto unico e incomparabile. Seppur esclusivo per quanto raccontato sin qui, le uova di pesce appaiono tuttavia sempre più democratiche e un po’ più vicine al consumatore medio: 10 grammi di caviale, 60 gr di spaghetti, olio evo, sale e pepe, sono il modo più facile per apprezzarlo appieno. Poche e semplici le regole per degustarlo: prestate attenzione al colore e alla sua intensità, alla varietà, alla dimensione e alla consistenza, infine al sapore. Nelle varie tipologie il caviale ha tonalità che variano dal color fumo al grigio scuro fino al nero, una dimensione che oscilla dai 2.8 ai 3.2 mm – il caviale più è grande e più è pregiato -, una consistenza carnosa (deve fare «clap» sotto il palato), una texture soffice e delicata lievemente idratata con un piacevole effetto traslucente. Ogni varietà presenta inoltre un suo sapore: dalla fragranza umami e nocciola per le uova dello storione bianco e per le uova dello storione Siberiano, fino al timbro iodato, sapido, piacevolmente marino delle varietà dello storione ladano Huso huso.
L’Italia con 50 tonnellate annue è il secondo produttore al mondo dopo la Cina, 80 tonnellate annue, su una produzione mondiale di 450 tonnellate. Ma il primo caviale sostenibile al mondo proviene proprio da qui, nel più grande allevamento di storioni in Europa, a Calvisano, in provincia di Brescia.