Come consuetudine, il 1 agosto alle 17 Varsavia si è fermata per commemorare l’inizio dell’insurrezione del 1944, conclusasi tragicamente il 3 ottobre di quello stesso anno. Nella circostanza i cittadini della capitale, in segno di rispetto, si astengono per un minuto da qualsiasi attività stiano compiendo: chi sta camminando, ad esempio, si arresta e si raccoglie in silenzio. Accanto a questa forma spontanea di commemorazione, per le vie del centro cittadino si è tenuta una manifestazione che sta diventando sempre più discussa.
Per la decima volta consecutiva, infatti, il corteo in memoria dell’Insurrezione è stato organizzato dalle associazioni della Marcia dell’indipendenza, del Voto d’indipendenza e della Guardia nazionale, tutte con un profilo nazionalista e patriottico decisamente radicale («Il Voto d’indipendenza è nato per creare uno spazio di comprensione tra persone che pensano in polacco», si legge sul sito). Uno degli striscioni più grandi mostrato domenica recitava: «Stop ai totalitarismi», affiancando l’uno all’altro i simboli del comunismo, del nazismo e l’arcobaleno LGBTQ+; mentre la contromanifestazione, raccolta intorno alla scritta: «Insorgi contro il fascismo», ha dovuto essere difesa da un doppio cordone di polizia, fischiata e provocata continuamente.
Proprio l’aspetto che il corteo del 1 agosto è andato assumendo negli anni ha spinto alcune attiviste polacche a reagire. Dopo aver tentato invano d’aumentare la partecipazione alla contromanifestazione del 2015 e 2016, l’anno successivo queste ultime hanno deciso di darsi una marcata visibilità all’interno della Marcia dell’indipendenza dell’11 novembre (atta a celebrare la ritrovata autonomia polacca del 1918). In quell’occasione, si unirono a loro alcune rappresentanti dello Sciopero generale delle donne, il movimento che lotta per il diritto all’aborto. In quattordici riuscirono, così, a esporre la scritta: «Stop al fascismo» sul ponte Poniatowski, circondate da una massa di manifestanti arrabbiati e ostili, e per i media nazionali diventarono le quattordici donne del Ponte.
«La Marcia dell’indipendenza dovrebbe essere un’allegra festa nazionale, e ogni anno che passa diventa più aggressiva, razzista, xenofoba. Invece di festeggiare, all’avvicinarsi dell’11 novembre la gente ha paura. Temiamo ogni manifestazione nazionalista, ma è la paura che ci dà la forza di resistere. La paura che la ritrovata libertà, a costo della prigione, venga spazzata via, che la nostra giovane democrazia si trasformi in una dittatura, in un fascismo», racconta Lucyna Łukian, una delle attiviste.
Da quel giorno del 2017 il ruolo di queste quattordici donne all’interno della società polacca è andato crescendo esponenzialmente, fino alla denuncia dei finanziamenti assegnati dal governo alle associazioni nazionaliste che organizzano le manifestazioni del 1 agosto e dell’11 novembre, il cosiddetto Fondo patriottico. «Quando abbiamo scoperto un’assegnazione di tre milioni di złoty (circa 650.000 euro) a delle organizzazioni che promuovono il fascismo, ci siamo profondamente indignate», spiega Łukian. «Sfortunatamente, rispetto a questa decisione non si può tornare indietro, ma si possono prevenire ulteriori assegnazioni e le persone devono essere informate su come il ministro della Cultura Gliński stia spendendo i nostri soldi. Quanto avvenuto mostra chiaramente chi e che cosa sostiene il governo attuale».
Il compito del Fondo patriottico è la realizzazione di una politica della memoria, con particolare riguardo per il pensiero nazionale, cattolico, sociale e conservatore del Paese. Per la prima volta, le associazioni della Guardia nazionale e della Marcia dell’indipendenza hanno ottenuto sostegni per organizzare la loro attività: 1,7 milioni di złoty alla Guardia nazionale per la sicurezza per l’allestimento di eventi patriottici e religiosi, e 1,3 milioni di złoty alla Marcia dell’indipendenza per la giornata dell’11 novembre. Robert Bąkiewicz, presidente della Marcia dell’indipendenza, è divenuto famoso per aver organizzato i “presidi” delle chiese durante le proteste dello Sciopero generale delle donne polacche.
Per contrastare ulteriori finanziamenti a questo tipo di organizzazioni, le quattordici donne del Ponte hanno redatto un documento sottoscritto da 165 persone legate al mondo della cultura, giornalisti, scienziati e attivisti, firmato attualmente da poco più di 24.000 cittadini. «Il Fondo patriottico è necessario per diffondere la memoria storica, ma non può sostenere organizzazioni che agiscano a danno della società. Organizzazioni il cui scopo è promuovere il fascismo, commemorare criminali di guerra e genocidi. Non è ammissibile spendere soldi pubblici per l’addestramento militare delle milizie nazionaliste, o per organizzare incontri con fascisti di altri paesi, invitandoli in Polonia e festeggiando il compleanno di Hitler», dice ancora Lucyna Łukian.
Del resto, scorrendo i nomi degli enti meritevoli del Fondo patriottico saltano all’occhio le presenze di altre organizzazioni sbilanciate verso il nazionalismo più radicale: la Gioventù polacca, distintasi in passato per aver esposto le fotografie di alcuni eurodeputati “impiccate” a una trave, riceverà 100.000 złoty (circa 25.000 euro) per rielaborare la propria storia nel centesimo anno della fondazione. Tra i beneficiari del Fondo, sostengono i suoi detrattori, non risulta neanche un’iniziativa che non vada nella direzione della rappresentazione di una Polonia cattolica, nazionalista e patriottica.
«La politica esercitata dal PiS porta verso la dittatura. Il governo sostiene le organizzazioni nazionaliste per usarle nell’intimidire i polacchi che esprimano il loro disaccordo nei confronti delle decisioni delle autorità. Le organizzazioni che seminano odio, razzismo, xenofobia attraverso i loro slogan non sono organizzazioni patriottiche. Il vero patriottismo fa sviluppare, e non regredire, un paese; in questa regressione il PiS è supportato dai nazionalisti con la revisione e la diffusione di varie falsità storiche», chiosa Lucyna Łukian.