L’estate che sta per finire verrà ricordata per diversi motivi. Purtroppo però, i mesi più caldi del 2021 passeranno alla storia anche per i numerosi incendi che hanno colpito tutto il bacino del Mediterraneo. Italia, Spagna, Grecia, Marocco, Algeria, ma anche l’esclusiva Saint Tropez, in Costa Azzurra, sono state devastate dalle fiamme, in alcuni casi difficilissime da estinguere. Quali sono le ragioni di una tragedia che ogni anno si ripete con intensità crescente, ma che mai aveva avuto queste proporzioni?
La crisi climatica ha causato un aumento degli eventi meteo estremi (piogge torrenziali, temperature altissime o bassissime, chicchi di grandine grandi come il palmo di una mano), un dato che, come riporta Coldiretti, è cresciuto del 56% in un solo anno. In particolare, dal 2008 al 2020, secondo lo European Severe Weather Database, in Italia si è visto un incremento del 480% dei tornado, del 580% delle bombe d’acqua, del 1100% delle grandinate e, soprattutto, del 1200% delle raffiche di vento. Inoltre, l’aumento delle temperature prolunga la stagione degli incendi: il periodo delle piogge di fatto inizia più tardi rispetto agli anni scorsi e questo porta a un incremento dei roghi che, secondo le previsioni, crescerà con il progredire del riscaldamento globale.
Per quanto riguarda le cause, va considerato che, come dichiarato dal ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, il 57,3% degli incendi è doloso, mentre il 13,7% parte accidentalmente. 71 incendi su 100 dunque partono dall’uomo.
La responsabilità nella nascita e nella diffusione dei roghi è quindi di eventi criminosi o di mancanza di cultura, fattori che, sommati alle condizioni climatiche avverse, generano una miscela esplosiva.
Quest’anno però, con un’emergenza a livello internazionale, si è riflettuto molto sugli interventi di contrasto. Sinora la cooperazione ha funzionato brillantemente (Francia, Regno Unito, Svizzera e Romania hanno collaborato inviando aerei, elicotteri e vigili del fuoco nei paesi più colpiti; i transalpini hanno messo a disposizione i loro Canadair in Algeria e lo stesso ha fatto la Royal Air Force marocchina, evento più unico che raro), molti si sono chiesti come mai non si riesca a prevenire la nascita di questi eventi catastrofici.
In Italia è stato lo stesso Cingolani a trattare il tema, spiegando che la legge è molto severa con i piromani, ma che spesso è difficile perimetrare alla perfezione le aree boschive e provvedere alla manutenzione, prevalentemente per mancanza di fondi da parte degli enti locali. Spesso dunque, chi appicca un rogo ha libero accesso al bosco o trova comunque condizioni molto favorevoli. Investire su questo porterebbe già a una sensibile diminuzione.
Il dibattito sulla prevenzione è aperto anche in Grecia e in Spagna. Nel paese ellenico le critiche vengono mosse verso il corpo dei Vigili del Fuoco, che spesso non è sufficientemente preparato ed equipaggiato. Soprattutto nelle isole poi, c’è un problema di siccità e di mancanza di scorte d’acqua in estate. Ritardi e problemi obbligano i greci a intervenire in prima persona, mettendo la loro vita in serio pericolo. Come riporta la BBC, sulla terraferma la situazione è stata gestita con ordine, nonostante in dieci giorni siano andati in fumo 56mila ettari di boschi, mentre nelle isole come Evia, è stato necessario evacuare i turisti, che hanno dichiarato di essere stati abbandonati dalle istituzioni, che non hanno messo a punto opere come lo sfalcio degli arbusti in primavera.
In Spagna invece, ci si interroga su come mai l’intervento è sempre tempestivo, mentre la prevenzione è pressoché inesistente. Il Segretario Generale del Collegio ufficiale degli ingegneri tecnici forestali, Raùl de la Calle Santillana, è tornato a chiedere investimenti maggiori per la creazione di linee tagliafuoco, bruciature prescritte e campagne di sensibilizzazione, con l’obiettivo di evitare i danni degli incendi ancor prima che divampino.
Le fiamme hanno ucciso inoltre decine di migliaia di animali e distrutto aziende agricole, fattorie, attività ricettive, stabilimenti balneari: un dramma che ha risvolti sociali ed economici incalcolabili. Vite e milioni che potevano essere risparmiati se i paesi avessero predisposto adeguati piani preventivi.
Se negli stati europei che affacciano sul Mediterraneo la situazione è dura, in Algeria la tragedia ha assunto contorni ancor peggiori. In Cabilia, dove le fiamme non accennano a diminuire e sono alimentate dai forti venti che soffiano nella regione a est di Algeri, un artista, Djamel Ben Ismail, è stato linciato dalla folla inferocita, che lo ha bruciato vivo e ha esposto il suo cadavere nella piazza di un villaggio nella provincia di Tizi Ouzou. Ben Ismail era partito dalla sua casa di Miliana per andare ad aiutare i connazionali alle prese con i roghi. È stato invece aggredito e ucciso. Il motivo? I cabili sono convinti che gli incendi siano appiccati da persone che vengono da altre regioni. Per questo hanno fermato l’auto del giovane artista, che riportava la targa della provincia di ’Ayn Defla, convinti che si trattasse della vettura di un piromane e non di quella di un soccorritore.
Un’emergenza a più livelli che non accenna a diminuire e che evidenzia le debolezze della politica mediterranea in tema di tutela ambientale: troppo concentrata sulla risposta alle emergenze, quasi del tutto dimentica dell’importanza della prevenzione. Per quanto riguarda l’Italia, il Recovery Plan prevede un investimento per l’utilizzo di droni e satelliti per monitorare le aree del paese più scrupolosamente. Per Cingolani e per il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, questo può essere uno strumento preventivo importante per arginare gli incendi e per evitare altri reati ambientali come lo sversamento illegale di rifiuti. Con la speranza che nel 2022 l’emergenza possa essere contenuta con maggiore facilità e senza vittime. Umane o animali.