La rabbia del fotografoPer le donne afghane andrà sempre peggio, dice Steve McCurry

Autore del famoso scatto della profuga dagli occhi azzurri Sharbat Gula, dice: «È imbarazzante. Uno spreco di vite e di denaro». Ma «credo che i Taleban saranno molto più attenti, questa volta», dice. «Se stringeranno troppo sui diritti, o se copriranno una nuova ondata di terrorismo, le potenze occidentali non avranno scelta se non tornare e cercare di fermarli»

(AP Photo/Jafar Khan)

Deluso, sorpreso, incredulo. Il fotografo Steve McCurry, autore del famoso scatto della profuga afghana dagli occhi azzurri Sharbat Gula, commenta in un’intervista sulla Stampa le immagini di disperazione che arrivano da Kabul. Quell’Afghanistan che lui, americano di Philadelphia, ha fotografato per anni, non esiste più. È irritato per gli errori dell’America e dell’Occidente e preoccupato soprattutto per il futuro delle donne afghane. «Mai stato facile per loro», dice, «adesso sarà peggio».

«Sono stato sorpreso dalla velocità degli eventi, di come è successo, non del fatto che i Taleban si siano ripresi il Paese: era chiaro che sarebbe successo», ammette. «Ci sono voluti pochi giorni, sembra quasi incredibile anche se sapevamo che godevano di un largo consenso tra la popolazione, soprattutto nelle campagne, perché nelle città regnava la corruzione e tanti, fra coloro che servivano l’esercito o l’amministrazione, erano lì per arricchirsi. Russia, Cina e Pakistan hanno lavorato contro il governo. I Taleban esprimevano una forza immensa. Non poteva durare».

Secondo il fotografo, bastava guardare al passato per capirlo. «Era successa la stessa cosa trent’anni fa, quando i russi invasero l’Afghanistan. Gli americani non hanno imparato la lezione, evidentemente erano troppo occupati ad arricchirsi», dice. «Pazzesco che nessuno abbia capito cosa sta accadendo. Ci sono centinaia di analisti pagati molto bene per studiare la geopolitica che hanno fallito. È imbarazzante. Uno spreco di vite e di denaro. L’Afghanistan è costato un trilione. Quante scuole e ospedali avremmo potuto aprire in giro per il mondo, generando risultati migliori di questi? È incredibile e imperdonabile, da impazzire per la rabbia! Ne abbiamo parlato per anni e niente! Non ha senso. Non avevano una minima idea di cosa sarebbe capitato».

Dopo l’11 settembre del 2001, «l’obiettivo era liberarsi di Al Quaeda, senza tuttavia avere la capacità di andare oltre. Eravamo timidi e spaventati. Abbiamo deciso di spendere un sacco di soldi e gli afghani di Kabul sono stati ben lieti di farcelo fare sinché volevamo. Così, quando è stato deciso il ritiro, si sono detti “la festa è finita, prendiamoci i soldi e cacciamoli fuori”. Dal loro punto di vista, non c’era cosa migliore da fare. Finita la festa, hanno cambiato gioco».

McCurry però sembra essere disposto a credere a un cambiamento dei Taleban. «Forse sono naïf, ma credo che i Taleban saranno molto più attenti, questa volta», dice. «Se stringeranno troppo sui diritti, o se copriranno una nuova ondata di terrorismo, le potenze occidentali non avranno scelta se non tornare e cercare di fermarli. La mossa migliore sarebbe quella di concedere terreno alle libertà. Se vogliono potere e soldi, non devono farsi notare troppo. C’è una linea che devono fare attenzione a non attraversare, perché a quel punto ricominceranno a dar loro la caccia». E le donne? «Per loro è sempre stato un problema, anche nel migliore dei tempi. Le donne faranno fatica, senza alcun sostegno tra gli uomini di questa società maschilista e machista in cui non hanno voce in capitolo». E adesso andrà peggio.

McCurry spiega che l’Occidente ha combattuto «una proxy war, una guerra per procura. Ora che è finita, la situazione si è fatta complessa. Gli afghani devono cavarsela da soli. La maggioranza pashtun alla fine gioca per il controllo del potere. Molte regioni e tribù non hanno una tradizione di democrazia e di diritti umani. Ci sono poche persone che hanno studiato. Sarà una girandola di attribuzione di responsabilità. I Taleban inseguiranno una stabilità, anche nei confronti del resto del mondo. Possiamo star certi che i cinesi diventeranno buoni amici loro e cominceranno a fare affari, attirati dalle materie prime. Noi abbiamo buttato un trilione di dollari per fare un favore a Pechino. E gli occidentali, per un poco, saranno i cattivi della situazione. E fuori gioco». E oltre ai cinesi, ci saranno «anche i russi, i pakistani, gli iraniani, i sauditi, tutti attirati dalle materie prime. Gli indiani no, probabilmente. I cinesi faranno come in Africa, investimenti senza badare a chi li prende e come, ma soltanto al profitto. E noi avremmo buttato miliardi dalla finestra per nulla».

Ma ora si apre la questione dei rifugiati. «La Cina non accoglie rifugiati. La Russia non ne prende. Neanche l’Arabia Saudita, i loro fratelli musulmani», dice McCurry. «È interessante. È come se scambiassero vite umane con il desiderio di sostenere il regime Taleban e i propri interessi nazionali. È una scommessa rischiosa».

Ma per l’Afghanistan ora si apre un futuro tempestoso. «Sarà un viaggio turbolento, quello di Kabul. Non riesco a immaginare i Taleban nella parte dei bravi ragazzi, ma farebbero bene a essere più morbidi, a tenere a bada il terrorismo, ad aprire sui diritti. Ciò non toglie che per i giovani e le donne sarà dura almeno per qualche anno». Ma «anche i Taleban vogliono difendere il potere, le poltrone, gli uffici e le auto con l’aria condizionata, andare in giro per il mondo a parlare, a raccontarsi alle Nazioni Unite». Certo, «il terrorismo è un passato che potrebbe ripetersi. Loro dovranno fare molta attenzione per evitarlo. Il loro futuro dipende da come si porranno con il resto del mondo. Non sanno se ci sarà opposizione interna – che l’America riprenderà a finanziare – e devono evitare che l’Occidente si riarmi contro di loro. Lo scenario è aperto».

Il fotografo però critica le mosse di Biden. «Quando lasci frettolosamente un’ambasciata, bruci le carte, te ne vai in elicottero e lasci i tuoi collaboratori alle spalle è molto imbarazzante. Distruggi la tua dote di fiducia». «Potevano farlo meglio, quantomeno», aggiunge. «Mi spiace per tutto, ma in particolare per gli afghani che hanno passato tutti questi anni ad aiutare gli americani pensando di poter salvare il loro Paese. In tanto sono rimasti lì, in pericolo. È una cosa che fa proprio rabbia».

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