È indubbio che, nonostante la crisi delle terre rare, è sempre più urgente che l’industria adotti pratiche più sostenibili. Già nel 1989, Frosch e Gallopoulos scrivevano: «Il modello tradizionale dell’attività industriale … dovrebbe essere trasformato in un modello più integrato: un ecosistema industriale. In un tale sistema il consumo di energia e materiali è ottimizzato, la produzione di scarti è minimizzata e i rifiuti di un processo … entrano come materie prime in un altro processo».
Mentre identificavano il problema, i due autori sottolineavano i limiti di una rapida transizione a un tale ecosistema. Nondimeno, auspicavano che quei concetti fossero insegnati diffusamente per assicurare la loro incorporazione nel processo e nella visione dell’industria manifatturiera degli anni a venire.
Da allora, l’attenzione all’area dell’ecologia industriale ha continuato a crescere nelle imprese, nelle università e nelle agenzie pubbliche. La definizione estesa di ecologia industriale, come è stata formulata da Graedel e Allenby, si riferisce ai «mezzi grazie ai quali l’umanità può deliberatamente e razionalmente avvicinarsi alla sostenibilità e mantenerla, data la continua evoluzione economica, culturale e tecnologica. Il concetto richiede che un sistema industriale sia visto non isolato dagli altri sistemi circostanti, ma di concerto con loro. È una visione dei sistemi in cui si cerca di ottimizzare il ciclo totale dei materiali dalle materie prime vergini al materiale lavorato, al componente, al prodotto, al prodotto obsoleto fino allo smaltimento finale. I fattori da ottimizzare includono risorse, energia e capitali».
Per queste sole ragioni, l’industria rivolge la propria attenzione sia alla sostituzione sia al riciclo. Per quanto riguarda la sostituzione delle terre rare, tuttavia, le alternative non sono prontamente a disposizione nella maggior parte delle applicazioni cruciali. Le opzioni di sostituzione, a oggi, non sono né efficienti né efficaci come quelle che si basano sull’uso di terre rare. Un buon esempio è quello dei magneti prodotti usando il neodimio.
Per il momento non è stata sviluppata nessuna soluzione alternativa per produrre magneti con la stessa forza di quelli contenenti questa particolare terra rara. Per queste ragioni, la dipendenza dell’industria dalle terre rare continua.
Le terre rare sono viste come ingredienti «miracolosi» per i prodotti alla base delle energie verdi, aumentando la produttività e l’efficienza nelle loro applicazioni.
La sostituzione da sola non risolverà necessariamente i problemi dell’offerta perché la tecnologia moderna richiede una grande varietà di input di materiali da tutto il mondo e gli elementi nella lista dei materiali critici sono numerosi, al di là delle terre rare.
Comunque, l’industria investe risorse considerevoli per trovare i modi per ridurre l’uso delle terre rare o per sostituire le terre rare con altri elementi. Come avviene per la sostituzione, di tanto in tanto, i mezzi di informazione annunciano nuovi progressi nel campo del riciclo. Molte imprese, specialmente in Giappone, che in quanto produttore high-tech è massiccia mente interessato all’uso di terre rare, stanno attivamente cercando alternative, puntando sul riciclo e sull’efficienza nell’uso delle risorse nel processo produttivo. Secondo il modo di vedere più diffuso nell’industria, resta, comunque, difficile abbandonare l’uso delle terre rare, specialmente in particolari applicazioni, data la loro molto maggiore efficienza e compattezza.
Un articolo uscito nell’autunno 2012 su Smart Planet indicava alcuni sforzi intrapresi dall’industria giapponese per ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi. In particolare, si segnalava:
Honda Motor Corp. programma di avviare l’estrazione e il riciclo di terre rare dalle batterie esauste di nichel-metallo idruro usate nelle auto ibride. In febbraio, Panasonic Corp. ha presentato un impianto di riciclo per estrarre i magneti di neodimio dagli elettrodomestici. Panasonic userà il neodimio – un elemento delle terre rare – estratto dai compressori dei climatizzatori, dai motori delle lavatrici a tamburo e da altri prodotti… TDK Corp. ridurrà drasticamente la quantità di terre rare (disprosio) che utilizza per produrre magneti per auto, sviluppando un magnete in cui il disprosio è applicato sulla superficie piuttosto che mescolato nel corpo del magnete stesso.
Il riciclo è, dunque, una delle opzioni che i paesi industriali al di fuori della Cina hanno preso in considerazione come un modo per affrontare la scarsità di terre rare e nell’eventualità di future interruzioni dell’accessibilità delle risorse. Come indica il rapporto sui materiali critici pubblicato dal Department of Energy statunitense, il lavoro da fare in questa area è molto perché, con l’eccezione del manganese, le terre rare e la maggior parte degli altri materiali critici hanno un tasso storico di riciclo al termine del ciclo di vita utile dei prodotti inferiore all’1 per cento.