Passaggio a nord-estLa sera andavamo alla Bicocca, il quartiere bello, incompiuto e troppo movimentato

Nato dalla visione totale dell‘architetto Vittorio Gregotti, oggi la zona nord-orientale di Milano sembra un lavoro lasciato a metà, tra la bellezza del Teatro degli Arcimboldi e una movida disordinata

Ubaldo Bitumi/Unsplash

«Questo è stato il primo esempio di riqualificazione di una periferia. Anzi, di più, di un deserto postindustriale. Ma qualcosa è stato dimenticato e noi abitanti cominciamo a farne le spese». A parlare è Gianmarco, tra i primi ad aver preso casa nel quartiere Bicocca. Un quartiere inventato e costruito ex novo, su quella che era un‘area industriale alle porte di Sesto San Giovanni. Un quartiere moderno e modello, ma che ora preoccupa. Il figlio quindicenne di Gianmarco qualche sera fa è stato aggredito e derubato, insieme a suoi amici adolescenti, a due passi del Teatro Degli Arcimboldi, simbolo della cultura decentrata, del bello portato oltre il centro città, della rinascita civica.

Uno dei tanti episodi di una deriva preoccupante, che mette a disagio i residenti. Con Gianmarco attraversiamo il quartiere in tarda sera. Ancor più che di giorno se ne coglie l‘oggettiva bellezza. Nasce da una visione totale dell‘architetto Vittorio Gregotti, che ha voluto far convivere in modo virtuoso un grande polo universitario con l‘aspetto residenziale e un contorno direzionale. «Il problema è che siamo sì in un quartiere bellissimo» – ci spiega Gianmarco – «ma dove gli equilibri sono stati immaginati bene sulla carta, e lasciati incompleti nella realtà. Ora qualcuno ne approfitta».

Quel «qualcuno» sono gruppi di ragazzi che la sera arrivano in Bicocca da tutta Milano. Sono gli orfani della movida più giovane e meno integrata nei luoghi classici. Quelli più inquieti, allontanati da Navigli, Porta Vittoria e Darsena. Arrivano in Bicocca fondendosi con i gruppi di studenti che escono dalle tre grandi residenze universitarie e ne condividono i luoghi, che però non sono i locali ben disposti in un incrocio di vie tra i palazzi residenziali, bensì due grandi piazze quadrate che sfuggono al controllo visivo. Una è sopraelevata, rispetto alla strada e completamente interna rispetto agli edifici universitari, l‘altra, al contrario, è sotto il livello della strada, in una specie di “fossa” sulla quale si affaccia un supermercato aperto fino alle 21.

«Sono invisibili alla vigilanza da parte delle forze dell‘ordine» – precisa Nicola, anche lui residente in Bicocca della prima ora, tra i promotori di una corposa petizione inviata al Comune, nella quale si segnalano i ripetuti episodi di disordine e degrado – «sono ragazzi che non si siedono certo ai tavoli dei locali, ma comprano alcolici al supermercato e si riversano fino a notte fonda in queste piazze, facendo delle “spedizioni” nella vie intorno».

Ciò che rimane delle «spedizioni» notturne alla Bicocca

Proprio quel supermercato, nel suo moderno concetto di servizio sempre disponibile, è il simbolo di quel che manca in Bicocca. Non ci sono negozi, semplici bar; non c‘è nemmeno un ufficio postale, cancellato dopo che era stato aperto su richiesta dei residenti. Non ci sono nemmeno le scuole, che restano oltre il confine ideale di viale Sarca e Viale Fulvio Testi. «Non sono molto distanti» – continua Nicola – «ma, tanto per dare l‘idea di quanto siano state lasciate fuori dal concetto di questo quartiere, noi abitanti abbiamo dovuto chiedere a gran voce che venisse installato un semaforo pedonale per raggiungerle».

Giriamo il quartiere, tra palazzi affascinanti  e una serie di larghe piazze. Si coglie la bellezza architettonica, ma anche un certo vuoto. «Con tutte queste piazze bellissime, Bicocca sarebbe davvero un quartiere da grande capitale europea» – commenta Gianmarco – «ma è come se non si fosse fatto l‘ultimo passo. Sarebbero piazze perfette per concerti, eventi e invece non ne è mai stato organizzato uno. Un contenitore bellissimo con dentro delle componenti che non si riescono a integrare tra loro. Perfino il Teatro degli Arcimboldi, che è un vero e proprio patrimonio culturale sotto casa, lo viviamo un po’ come un corpo estraneo».

Gianmarco e Nicola ci raccontano il loro quartiere, e intanto ci mostrano quel che resta delle più recenti scorribande notturne. Di certo Vittorio Gregotti non aveva immaginato questo.

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