Negli Stati Uniti l’utilizzo del simbolo internazionale del riciclaggio – le caratteristiche tre frecce in sequenza disposte a triangolo – sui prodotti in commercio è ampiamente sdoganato, tanto da renderlo quasi onnipresente su prodotti di ogni tipo di materiale, plastica inclusa. Ma quali di questi prodotti etichettati come “riciclabili” sono effettivamente destinati al riciclo? La risposta a questa domanda, purtroppo, è molto pochi.
Il senatore dello stato della California Ben Allen – dove meno del 15% di plastica monouso è effettivamente riciclata (dati aggiornati al 2019 – studio di Consumer Brand Association) – ha appreso questa amara verità sperimentando in prima persona il riciclo “ingannevole” delle buste di plastica in cui era avvolto il giornale che comprava ogni mattina, sulle quali compariva il famoso simbolo che tutti conosciamo.
Le buste di Allen – tecnicamente riciclabili, in condizioni di laboratorio ottimali – non sarebbero state però affatto riciclate in alcun modo. Ispirato da questo episodio, Allen ha portato avanti il suo disegno di legge, il Senate Bill 343, approvato dall’assemblea dello stato della California, che ora potrebbe diventare il primo stato degli Stati Uniti a proibire alle l’uso improprio del marchio riciclabile per le compagnie che lo utilizzano in malafede.
In caso di via libera da parte del Senato, la legge arriverà sul tavolo del governatore Gavin Newsom per l’approvazione finale. Se dovesse passare, questa riforma legislativa infliggerebbe un duro colpo alla pratica dell’ecologismo di facciata – il cosiddetto greenwashing – molto diffusa tra le aziende e, soprattutto tra i produttori di plastica.
La proposta di legge di Allen prevede di affidare all’agenzia di stato CalRecyle il compito di raccogliere dati in tutto il paese su quali siano i tipi di plastica e gli altri materiali più riciclati.
Inoltre, la nuova legge proibirà l’uso sia del termine “riciclabile“ che il relativo simbolo, da parte delle aziende per qualsiasi prodotto con un tasso di riciclaggio inferiore al 75%. In aggiunta, vengono introdotti nuovi requisiti da soddisfare per essere autorizzati all’uso del marchio, tra cui ad esempio l’assenza di composti chimici come i Pfas (le sostanze perfluoroalchiliche, altamente inquinanti).
L’esempio della California potrebbe fare da apripista e ispirare anche gli altri stati americani, sfatando quindi il mito della plastica riciclabile, un materiale di scarto che ha da tempo dimostrato di essere incompatibile con qualsiasi tipo di soluzione di riciclo, nonostante la propaganda dell’industria fossile.
Un passo avanti che potrebbe rivelarsi fondamentale, se si considera che negli Stati Uniti ogni anno viene riciclato meno del 10% di tutte le plastiche e, secondo uno studio di Greenpeace, sui sette tipi di plastiche differenti etichettate come riciclabili in tutta la nazione, solo due sono quelli normalmente accettati dai 367 impianti di riciclo del paese.
La California non è l’unico stato ad aver dichiarato guerra alla plastica: nel Maine è recentemente stata approvata una legge che richiede alle compagnie di sostenere i costi di riciclo, anziché scaricare l’onere sul consumatore finale.