Il caso EvergrandeLa società immobiliare cinese che spaventa le Borse mondiali

Il colosso di Pechino avrebbe accumulato 300 miliardi di dollari di debiti. Si parla del rischio di una «Lehman Brothers cinese» in grado di affondare il sistema finanziario globale

(LaPresse)

Il colosso immobiliare di Pechino Evergrande crolla e i mercati finanziari temono una «Lehman Brothers cinese» in grado di affondare il sistema finanziario globale. Lunedì il listino americano S&P 500 ha perso l’1,7%, il maggior calo da maggio. Le Borse europee hanno fatto registrare la peggiore seduta negli ultimi tre mesi e mezzo. In forte calo anche i mercati asiatici.

Dopo essere stata protagonista del boom economico cinese, Evergrande è in questo momento la società di sviluppo immobiliare più indebitata al mondo. Attualmente, si stima che abbia 300 miliardi di dollari di debiti (circa 255 miliardi di euro) e che sia a un passo dal fallimento. Giovedì 23 settembre è previsto che debba pagare oltre 80 milioni di dollari di interessi per uno dei suoi bond, ma non si sa se abbia la liquidità sufficiente in cassa per farlo. In caso di mancato pagamento, sarà costretta a dichiarare fallimento.
Un default che però potrebbe avere gravi conseguenze, non solo in Cina. Banche, istituzioni pubbliche e investitori rischiano di non vedersi restituiti i soldi, con un effetto a cascata su ulteriori crisi e fallimenti. Senza dimenticare che molti hanno già pagato l’acquisto di abitazioni e uffici progettati da Evergrande, che rischino di vedere i loro immobili non terminati.

Secondo quanto oggi riferisce il Financial Times, Evergrande ha ammesso di aver utilizzato miliardi di euro raccolti attraverso prodotti finanziari venduti agli investitori retail per finanziare i propri debiti e per ripagare gli investitori più importanti. La società ha sempre fatto largo uso di questi prodotti, incitando gli acquirenti di case a sottoscriverli. A comprarli sarebbero state circa 80mila persone, per un valore di 40 miliardi di yuan (5,3 miliardi di euro).

Una bancarotta di Evergrande, secondo il giornale economico Caixin, sarebbe «uno tsunami finanziario» in grado di creare creare «la Lehman Brothers cinese». Il gruppo occupa 200mila persone, le cui passività equivalgono al 2 per cento del Pil cinese. Ha 800 grandi progetti in costruzione, metà dei quali al momento sono bloccati dalla mancanza di liquidità. Migliaia di compagnie tra fornitori e clienti dipendono di fatto da Evergrande, quindi a rischio sarebbero ogni anno poco meno di 4 milioni di posti di lavoro.

Standard&Poor’s ha affermato in una sua analisi di ritenere improbabile che il governo cinese intervenga per salvare questo gigante. Ma il governo di Pechino ha avuto anche le sue responsabilità nello sviluppo della crisi Evergrande. Già dal 2017 il presidente Xi Jinping ha attuato un giro di vite sul business immobiliare fuori controllo, dichiarando che «le case servono per viverci, non per fare speculazione». E gli enti regolatori si sono mossi con linee guida stringenti, che si basano sulle “Tre linee rosse” relative al rapporto tra l’indebitamento, il capitale, il valore delle azioni e la liquidità. Se la compagnia supera anche una sola di queste tre linee rosse, il regolatore può ordinare azioni per alleggerire l’indebitamento. Evergrande le ha superate tutte e tre. Secondo S&P, però, il governo potrebbe intervenire soltanto nel caso in cui la crisi Evergrande abbia effetti di più ampia portata, con un contagio che ponga rischi sistemici.

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