I dati IstatNessuno tsunami dopo lo sblocco dei licenziamenti

A luglio diminuisce l’occupazione, ma solo tra i lavoratori autonomi. Trend positivo gli under 35, che raggiungono un tasso di occupazione maggiore rispetto al periodo pre pandemia. Continua a soffrire la fascia intermedia dei 40enni

(LaPresse)

La ripresa del lavoro dalla crisi Covid continua a singhiozzo. E nonostante i casi dei lavoratori lasciati a casa dalle multinazionali in fuga durante l’estate, a luglio – primo mese di prova dopo lo sblocco parziale dei licenziamenti – i dati Istat fotografano un mercato quasi immobile, ma non registrano per il momento lo tsunami occupazionale che si temeva.

Il numero degli occupati cala lievemente di 23mila unità (-0,1%) rispetto a giugno, dopo il segno più dei mesi precedenti. Ma il crollo riguarda unicamente i lavoratori autonomi, che si riducono di 47mila unità rispetto a giugno. Dunque, a guardare i dati, il calo non sembrerebbe dovuto allo sblocco dei licenziamenti nell’industria. Il segno meno si concentra soprattutto la fascia intermedia dei 40enni (35-49 anni), che in un mese perde 35mila occupati. Mentre i giovani recuperano terreno, raggiungendo un tasso di occupazione persino maggiore rispetto al periodo pre-pandemia.

A luglio, si riducono in parallelo anche i disoccupati (-1,2%), ma crescono gli inattivi che il lavoro non ce l’hanno e non lo cercano, che sono 160mila in più rispetto al periodo pre pandemia. La diminuzione di quelli che si mettono alla ricerca di un lavoro si concentra soprattutto tra gli uomini e tra i giovani (15-24 anni). Con il tasso di disoccupazione giovanile che scende sì al 27,7%, ma che non è una buona notizia, visto che gli inattivi crescono dello 0,7%.

Rispetto a 12 mesi fa, i lavoratori autonomi (che erano cresciuti leggermente a giugno) sono gli unici con il segno meno: in un anno se ne contano 62mila in meno. Da febbraio 2020, «il numero di occupati in questa posizione è inferiore di ben 295mila unità, a testimonianza di come sia proprio la mancata ripresa di questa parte del mercato del lavoro a limitare le possibilità di recupero della base occupazionale complessiva», commentano da Confcommercio.

La crescita dell’occupazione è trainata invece dagli occupati a tempo determinato, che sfiorano i 3 milioni e che a luglio sono 79mila in più rispetto al febbraio 2020. I contratti a termine sono cresciuti di 377mila unità in un anno (+14,4%). Segno più anche per i contratti stabili (+0,8%), ma su questo dato incide anche il minore ricorso alla cassa integrazione, tenuto conto che i nuovi metodi di calcolo dell’Istat considerano non occupati i cassintegrati oltre i tre mesi.

Buone notizie per i giovani. Se tra i ragazzi più giovani (15-24 anni) in un mese contano solo 2mila occupati in più, l’occupazione cresce invece soprattutto nella fascia 25-34 anni (+21mila), tra i quali non a caso si concentrano i contratti a tempo determinato. Su base annua, al netto della componente demografica, l’occupazione cresce soprattutto tra gli under 35 con un +7,1% e solo dell’1,6% tra i 35 e i 49 anni. Il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni da due mesi superiore è ormai superiore alla fase pre pandemia: questa prevalenza di nuovi occupati under 35 lascerebbe presupporre che la crescita dell’occupazione tra i giovani non sia legata solo alla riduzione del ricorso alla cassa integrazione. A soffrire di più, invece, sono ancora i 35-49enni, tra i quali si contano 35mila occupati in meno a luglio, con un aumento di 18mila inattivi.

Il trend, seppur a rilento, si conferma positivo. Nel confronto con il trimestre precedente, tra maggio e luglio si contano 317mila occupati in più. Rispetto allo scorso anno, i posti di lavoro in più sono 440mila. E solo da inizio anno, se ne registrano 550mila in più, di cui 300mila contratti a termine. Ma il ritorno ai livelli pre-pandemia, già non proprio ottimali, è ancora lontano. All’appello mancano ancora 260mila lavoratori.

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