Lo storico Govinda, centro culturale Hari Krishna milanese, riapre a nuova vita grazie alla determinazione del gruppo capitanato da Davide Longoni, che per la prima volta, dopo i panifici, i mercati e il laboratorio aperto al pubblico, si lancia in un’avventura “cucinata” con la supervisione di Tommaso Melilli. L’idea è quella di dare nuovo slancio a quello che è stato per decenni un luogo del gusto e del pensiero a Milano, in un palazzo storico di una strada tranquilla a pochi passi dalla trafficata via Torino. Qui si gustava una cucina indiana vegetariano-vegana, con una formula molto semplice e un menu fisso.
Partendo da questa storia e dalla tradizione del locale, Davide e Tommaso hanno abbinato il panificio, con l’offerta di pane più classica di Longoni e la nuova pasticceria vegana, che occupa la parte anteriore del locale, a un vero e proprio ristorante gestito da Melilli, collante del progetto gastronomico e, come si definisce lui stesso, oste in affitto. In cucina c’è la giovane chef georgiana Nata Qatibashvili, che dopo l’avviamento prenderà le redini del locale.
Melilli è entusiasta di questo lavoro, che ha meditato e pensato a lungo, come spiega a Gastronomika: «Questo è un luogo pieno di cose e di storie, e il tempio rimarrà attivo, con la possibilità di essere visitato il pomeriggio, anche se non sarà del tutto aperto al pubblico. Ma quell’anima rimane. Questo posto esisteva dall’inizio degli anni ’80, è stato tra i primi luoghi vegetariani a Milano, bizzarro e pionieristico in modo quasi involontario. Per me riprenderlo e ripensarlo adesso è la parte più interessante del progetto».
Ma come e cosa si mangerà nel nuovo Govinda? «Visto che all’accoglienza siamo invasi dal pane, con il bancone che fa da quinta, ho pensato di togliere tutti i carboidrati dalla cucina. Volevo mettere insieme prodotti vicini e sapori lontani, essere un po’ l’Ottolenghi italiano. Sarà un piccolo omaggio alla storia indiana nei piatti e poi per il resto ci concentreremo su frutta e verdura italiane, in gran parte scelte tra i presidi Slow Food o tra le varietà autoctone e antiche. Abbiamo scelto produttori e orti qui intorno, in Lombardia, anche di Hari Krishna. Avremo una biblioteca di spezie molto fornita e in continua evoluzione, che sarà a disposizione anche per la vendita. Perché accanto al ristorante quello che vogliamo avere è anche una piccola gastronomia per l’asporto».
E nel layout e nel format, che cosa ci dobbiamo aspettare? «Abbiamo creato un luogo con pochi coperti, molto confidenziale, vorremmo fosse un luogo di trasmissione di sapori. Per quanto riguarda il menu avremo sei piatti: due fissi e quattro che cambiano tutti i giorni, a seconda del mercato. Saremo aperti dalle 8 alle 20, per colazione, pranzo, merenda e finiremo con un piccolo aperitivo. L’accordo di convivenza religiosa che abbiamo con il tempio prevede di non servire alcolici». Un’altra bella sfida che però caratterizza decisamente il locale, con proposte al bicchiere che sono in realtà piatti liquidi, da bere con grande soddisfazione.
I piccoli ma significativi cambiamenti riguardano anche il nome: non più solo Govinda ma Contrada Govinda, per ricordare la storia del luogo. Un tempo la via si chiamava come il palazzo, la casa dei Grifi, commercialisti dei Borromeo. Il Govinda ha dato il nome a questo angolo di città, una contrada che viene riportata agli antichi fasti grazie a questo esperimento di ristorazione che siamo sicuri farà molto parlare di sé e si affianca a una proposta che ormai è vasta e diversificata.
Il panificatore che parlava alla farina Longoni, infatti, ha costruito pezzo per pezzo, locale per locale, un impero del gusto che ha diversificato i format ma si mantiene solido e fermo sulla qualità delle proposte. Che sia al nuovo Mercato in stazione centrale, o nel laboratorio in Tertulliano, nel negozio storico in via Tiraboschi o nelle botteghe di quartiere in Bronzetti o al Mercato del Suffragio, la cultura del pane è sempre fondata su grani regionali, lavorazione lenta, pasta madre e grandi formati, a cui da qualche anno si è affiancata una proposta di pasticceria intrigante e golosa. Un brand che ha saputo cogliere la nuova vita della panificazione e l’ha segnata, costruendo attorno alle botteghe anche un’identità solida e una credibilità sia rispetto ai tanti operatori del settore, segnando la nascita dell’associazione dei PAU, Panificatori Agricoli Urbani, che attraverso la creazione di un magazine, L’Integrale, in grado di dettare le tendenze di questo settore in costante espansione.
Questa nuova vita a Contrada Govinda dà una spinta ulteriore al gruppo, con piatti che si faranno ricordare per la pulizia delle forme e la ricchezza dei sapori, divertenti e accattivanti, creativi eppure così tradizionali, anche se non nella nostra cultura gastronomica. Un vegetariano autentico, che ci fa riscoprire le verdure e le loro enormi potenzialità con una pienezza e una ricchezza di sfumature e gusti che nessun carnivoro sarà deluso. La cura nella scelta delle stoviglie, nel decoro e nel mantenere intatte le splendide volte decorate sul soffitto faranno il resto.