Il discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen è stato netto, ambizioso, pragmatico, senza nascondere le sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi mesi, dall’accoglienza dei migranti alla sicurezza europea. Sono queste le parole chiave della tavola rotonda organizzata dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea in collaborazione con l’Ufficio del Parlamento europeo e Formiche.net.
Il primo a prendere la parola è stato proprio il direttore dell’ufficio del Parlamento europeo, Carlo Corazza: «Il discorso sull Stato dell’Unione è il momento clou che tutti aspettano, una visione plastica di come funziona la democrazia europea, visto che anche i capi dei gruppi parlamentari hanno modo di dire la loro nell’Aula di Strasburgo. Anche quest’anno il discorso di Von der Leyen è stato entusiasmante. Dimostra di saper parlare al Parlamento europeo, ha nelle sue corde la sensibilità di un politico vero. L’Europa che ha un’anima che deve entusiasmare i giovani sarà un tema decisivo che dovrà essere affrontato da tutte le istituzioni europee».
C’è stata tanta Italia nel discorso sullo Stato dell’Unione e non solo per il «Viva l’Europa» pronunciato in italiano da von der Leyen, proprio alla fine. A colpire gli osservatori italiani è stata la presenza nell’Aula di Strasburgo di Bebe Vio, la giovane atleta che ha vinto qualche settimana fa il fioretto alle paralimpiadi di Tokyo dopo aver rischiato di morire per un’infezione lo scorso aprile.
«Voglio ringraziare i miei collaboratori perché da quando giovedì abbiamo saputo della presenza di Bebe Vio a Strasburgo abbiamo lavorato per farla arrivare in Aula senza problemi, e soprattutto senza farlo sapere alla stampa», ha rivendicato con ironia il capo della Rappresentanza della Commissione Europea in Italia. «L’orgoglio europeo è stato il fil rouge del discorso di von der Leyen. Dalle sue parole emerge come si possano ottenere risultati migliori se agiamo in maniera congiunta».
Tra gli ospiti della tavola rotonda c’era pure Vincenzo Amendola, Sottosegretario agli Affari europei che ha definito il discorso di von der Leyen «netto e pragmatico», in particolare nel passaggio sulla politica estera: «L’Europa che giustamente rivendica una autonomia strategica deve avere una forte politica estera di sicurezza comune. Come ha ricordato la presidente della Commissione, non è una questione solo di risorse, ma anche di volontà politica».
Nel suo discorso von der Leyen ha proposto una nuova strategia, il Global Gateway, una serie di partenariati con paesi di tutto il mondo per investire in infrastrutture di qualità, che colleghino beni, persone e servizi in tutto il mondo. Secondo Amendola questa proposta permetterà a Bruxelles «di uscire dall’imbarazzo della mancata reciprocità nella Via della Seta. La presidente della Commissione ha dato l’idea di non essere succube, l’Europa non può essere solo terminale degli arrivi di reti commerciali che arrivano dagli altri continenti».
Per Amendola però l’Europa non ha ancora la visione da attore globale: «Bruxelles non può essere uno spettatore del quadro geopolitico che sta cambiando in Asia, Medio Oriente, e soprattutto nella nostra vicina Africa. La storia sta cambiando, anche noi dobbiamo cambiare. Il finale del discorso di Ursula von der Leyen mi ha confortato: i cambiamenti storici influenzano l’operato delle classi dirigenti, non i discorsi vuoti e metafisici. Addirittura alcuni Paesi Ue hanno rifiutato domande di richiedenti asilo afghani ben sapendo che sarebbero tornati i talebani. Bisogna cambiare mentalità e lavorare insieme. Mi rifaccio alle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella “Ci sono paesi in Europa che sono troppo piccoli per affrontare le sfide del mondo e altri che non hanno capito di essere troppo piccoli per affrontare le sfide del mondo”».
Amendola si è soffermato pure sul Fit for 55, il piano adottato della Commissione europea che contiene le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 la neutralità carbonica. «Bisogna lavorare di pragmatismo e non solo ambizione. La presidente è rimasta solo nel settore dell’ambizione, ma la Commissione deve capire anche le esigenze degli Stati membri e i grandi sforzi fatti finora. Sulla neutralità climatica l’Europa ha lanciato una sfida egemonica, siamo tra i minori produttori di co2 nel mondo, ma abbiamo scelto comunque la strada della neutralità climatica, Gli Stati Uniti con Joe Biden hanno accolto la sfida dell’Europa ma mancano ancora accordi fondamentali, soprattutto da parte della Cina».
La direttrice di Aspenia Marta Dassù ha trovato von der Leyen molto più sicura rispetto all’anno scorso visti i risultati raggiunti: oltre il 70% di cittadini europei vaccinati e oltre 400 milioni di green pass generati. «Sono contenta che la presidente abbia parlato anche dei limiti dell’Unione: la resistenza degli Stati membri nel trovare una soluzione condivisa per il problema dell’accoglienza dei migranti. In teoria Bruxelles ha già scritto un nuovo Pact on Migration e secondo la presidente sono ottime le soluzioni trovate, ma i Paesi Ue non lo applicano. Ed è un problema per l’Italia che chiede da tempo la revisione della regola di primo approdo contenuta nella Convenzione di Dublino».
Secondo Dassù von der Leyen è stata brava a «non usare formule retoriche che non servono a niente come “commissione geopolitica”» e non ha parlato di autonomia strategica in modo vago. «”Vi saranno missioni in cui la NATO o l’ONU non saranno presenti, ma a cui l’UE dovrebbe partecipare” è un modo pragmatico per spiegare quale dovrà essere il nuovo ruolo di Bruxelles. Sono anni che se ne discute: ci sono 74 proposte comuni di Nato e Ue su come dividersi i compiti. Gli americani devono smettere di pensare che una vera difesa europea sia una minaccia per loro, ma anzi rafforza l’alleanza atlantica e gli europei dovranno iniziare a fare sul serio. I Paesi Ue dovranno occuparsi di più del loro “cortile”, mentre gli Stati Uniti si concentreranno più nella competizione della Cina».
Per Dassù però è troppo esiguo il numero di soldati che dovrebbero far parte del primo contingente europeo in grado di agire direttamente nei teatri di guerra. Una sorta di embrione di esercito europeo. «Non può essere il nostro benchmark, in passato abbiamo parlato di 50mila uomini per gestire l’impatto della guerra in Kosovo. Quello è il numero da cui partire per parlare seriamente di difesa europea».
Antonio Parenti si è soffermato sui tre appuntamenti che influenzeranno il futuro dell’Unione europea nei prossimi due anni: le elezioni federali del 26 settembre in Germania, le presidenziali in Francia del 14 maggio 2022 e l’elezione indiretta del nuovo presidente della Repubblica italiano. «Come ci ha fatto capire von der Leyen nel suo discorso non si può e non si deve fare l’Unione europea contro gli Stati membri, per questo sarà interessante capire come andrà questa congiuntura particolarmente importante per l’Europa. L’appuntamento tedesco è quello che dà minor preoccupazione: sia che vinca la Spd, o la Cdu, sia che ci sia una affermazione importante dei Verdi, in ogni caso l’anima europeista in Germania ne uscirà rafforzata rispetto a qualche anno fa». Le elezioni presidenziali in Francia preoccupano di più per il loro esito: «Se i sondaggi sono affidabili il ballottaggio sarà tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Se Le Pen dovesse diventare la nuova presidente sarebbe una differenza sostanziale per l’Europa, vedremo cosa decideranno i cittadini francesi».
Infine Carlo Corazza ha evidenziato il tema della giustizia fiscale, sottolineando il coraggio della von der Leyen di parlare dell’elusione fiscale, un tema particolarmente sensibile per alcuni Paesi che hanno offerto condizioni vantaggiose alle multinazionali per ospitare la loro sede. Così com’è importante il rispetto dello Stato di diritto. «Ero uno dei negoziatori dell’accordo per l’ingresso dell’Ungheria nell’Unione europea – ha raccontato Corazza – e per noi il capitolo più importante era il rispetto dei diritti fondamentali. Gli ungheresi stessi sapevano che per noi questo è l’Abc della convivenza europea, è un valore a cui non possiamo rinunciare. Non possiamo avere Stati membri che rigettino il nostro codice genetico, serve una svolta».