No fuelL’effetto Pigmalione spiega la crisi di carburante nel Regno Unito

Il disagio che i cittadini britannici stanno vivendo è dovuto a una carenza di camionisti (peggiorata dalla Brexit), ma non solo: la paura ha spinto le persone a comprare sempre più benzina. Senza la pressione dei media il problema della scarsità sarebbe stato gestito con più serenità

Jon Super/AP

Nel Regno Unito, la carenza di carburanti sta paralizzando il paese. Molte pompe di benzina stanno chiudendo perché sprovviste di scorte per mancanza di autotrasportatori che effettuino consegne.

Una situazione paradossale che richiama la crisi petrolifera del 1973, con la differenza che allora ci fu un blocco in quasi tutto l’Occidente, causato dall’embargo dei paesi dell’Opec (su tutti, l’Arabia Saudita) verso i finanziatori di Israele nella guerra dello Yom Kippur. Attualmente, delle 8mila stazioni di rifornimento presenti in Gran Bretagna, 5500 hanno terminato il carburante e le altre, secondo la Petrol Retailers Association, sono «parzialmente a secco», anche se, almeno per ora, l’Irlanda del Nord sembra salva dall’emergenza.

Una situazione che solo qualche giorno fa sembrava sotto controllo, ma che in queste ore sta facendo pensare al premier Boris Johnson di chiedere all’esercito un supporto logistico. Il governo è convinto che il motivo della scarsità di conducenti di autocisterne sia dovuto al Covid, mentre le opposizioni evidenziano come Brexit abbia favorito una fuga dei tanti cittadini non britannici che svolgevano questo lavoro.

La verità sta nel mezzo. Le industrie che producono e commercializzano carburanti sostengono che per consegnare tutte le scorte di cui avrebbe bisogno il paese servirebbero circa 100mila camionisti in più rispetto a quelli impiegati ora, ma che questo sia impossibile al momento.

Sono infatti 25mila i lavoratori provenienti dall’Unione europea che hanno lasciato la Gran Bretagna nel 2020 e non sono più tornati, mentre altri 40mila sono in attesa di ottenere la licenza per la guida di mezzi pesanti. A queste defezioni vanno aggiunti i dipendenti in quarantena e, purtroppo, quelli che nell’ultimo anno e mezzo hanno perso la vita a causa della pandemia.

Quello del mancato turnaround dei camionisti è un problema in tutto il mondo: l’età media degli autotrasportatori si sta gradualmente alzando (nel Regno Unito è di 57 anni) e sempre meno giovani decidono di fare un lavoro usurante e con poche prospettive, visto che si sta andando verso un sistema di trasporti meno inquinanti e più funzionali. Inoltre, i pochi che vogliono diventare camionisti sono restii a lavorare in Gran Bretagna per via della carenza di servizi igienici, mense e docce nelle aree di sosta delle autostrade del paese. Un problema che l’associazione dei proprietari di merci, Logistics Uk, denuncia da anni, ma che spesso viene sottovalutato.

In sintesi: i nuovi impiegati sono sempre meno di quelli che vanno in pensione, generando una crisi quasi irreversibile. Basti pensare che nel 2016 i lorries erano 299mila, mentre ora sono 236mila. Un calo del 21% che incide non poco sulle consegne di merci. Oggi la materia prima che manca è la benzina, quindi si hanno risvolti sociali, ma negli ultimi mesi aziende importanti come i fast food Nando’s e McDonald’s e giganti dell’arredamento come Ikea hanno dovuto fare a meno rispettivamente di pollo, milkshakes e materassi, a testimonianza del fatto che il trasporto su ruota sta diventando sempre più insostenibile.

Ad acuire questa crisi, che ha portato il colosso British Petroleum a porre un limite di 30 sterline per ogni rifornimento, c’è però un effetto che nessuno aveva calcolato. Il cosiddetto Effetto Pigmalione, una tendenza che solitamente si applica alla psicologia dell’educazione, ma che ha un corrispettivo anche in campo economico. Questo effetto, che prende il nome dal mito greco del Re cipriota che si innamorò della statua di Afrodite che aveva scolpito, tanto da immaginare di sposarsi con lei, ha influenza sulle profezie che si autoalimentano, ossia quelle previsioni che generano timori nelle persone, tanto da portarle a farle avverare.

L’effetto Pigmalione è stato protagonista di enormi stravolgimenti storici: la Grande Crisi del 1929, il fallimento di Lehman Brothers nel 2008, quello di Bankia (poi salvata dagli aiuti di stato spagnoli) nel 2012 e ora la carenza inglese di carburanti sono tutti eventi che hanno alla base una pressione mediatica preventiva, che ha spinto le masse a compiere gesti irrazionali, che hanno causato reazioni a catena incontrollabili.

Nei giorni scorsi, infatti, diversi giornali hanno usato parole forti per parlarne: su tutti il Sun, quotidiano da un milione e 600mila copie, che venerdì ha titolato a lettere cubitali «WE’RE RUNNING ON EMPTY». Questo ha spinto centinaia di migliaia di inglesi a prendere d’assalto le pompe di benzina, intaccando sensibilmente le scorte. La paura ha spinto le persone a diventare il più importante fattore di accelerazione di un problema che forse, senza pressione mediatica, sarebbe stato gestito con più serenità.

Una tesi sposata dal governo, che attacca i media: il segretario all’Ambiente, George Eustice ha dichiarato infatti che «l’unico motivo per cui non c’è benzina nei piazzali è che i cittadini la comprano quando non ne hanno bisogno» e che «la carenza di autisti non è un problema enorme». Contemporaneamente però, l’amministrazione Johnson sta correndo ai ripari, inviando lettere agli oltre 4mila ex autisti titolari di una patente per mezzi pesanti, invitandoli a tornare nel settore, sospendendo la legge sulla concorrenza petrolifera del 1998 e allentando le maglie di quella sulla concorrenza dei supermercati.

Queste leggi impediscono alle grandi aziende di eccedere nelle scorte, evitando, in situazioni normali, che i colossi distruggano le realtà indipendenti o locali. Chiaramente, in un panorama preoccupante come questo, le istituzioni mettono la concorrenza da parte, in nome degli approvvigionamenti di emergenza.

La sensazione è che nei prossimi mesi si possa andare incontro alla paralisi in settori cruciali quanto quello dei carburanti, come la grande distribuzione. Secondo la Bbc, sono diversi i produttori che avvertono che mancheranno scorte di pollame nel periodo natalizio: se ne stanno allevando di meno proprio per paura che nessuno possa consegnarli. Per questo, sabato il governo ha comunicato che saranno forniti dei visti temporanei, validi fino alla Vigilia di Natale, per 5mila autisti stranieri e 5500 lavoratori di tacchini e affini.

Si preannuncia un inverno rigido per i sudditi della Regina Elisabetta: Logistics Uk afferma che anche aumentando la frequenza degli esami per le patenti, lasciando i centri di prova aperti anche nel fine settimana, e prevedendo un afflusso di candidati record, non si potrà colmare il deficit di forza lavoro prima della prossima primavera. Con conseguenze prevedibili, e potenzialmente catastrofiche per i mesi che verranno. Nel frattempo però, la priorità è mantenere funzionanti le stazioni di servizio lungo le autostrade, a scapito di quelle nelle città, dove poco a poco aumentano i cartelli che avvertono che “la benzina è finita, ma il nostro bar è ancora aperto”.

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