Oggi parte ufficialmente in Italia la campagna per la somministrazione delle terze dosi di vaccino. In tutte le Regioni cominciano le iniezioni per chi ha ricevuto già la doppia dose (o il monodose) del vaccino anti-Covid e rientra nella categoria degli «immunocompromessi», una platea di italiani stimata in 3 milioni di pazienti fragili che hanno bisogno della terza dose «addizionale», necessaria per completare il ciclo vaccinale e proteggersi meglio dal Covid.
In alcune regioni le iniezioni sono già partite la scorsa settimana. I pazienti saranno chiamati direttamente da Asl e ospedali che li hanno in cura, altri invece dovranno prenotarsi o saranno convocati dal medico di famiglia. Sono dieci le categorie di pazienti che potranno ricevere una terza dose «addizionale» di vaccino anti-Covid. La lista è contenuta in una recente circolare del ministero della Salute, che individua le condizioni che danno diritto alla terza iniezione: trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva; trapianto di cellule staminali ematopoietiche; attesa di trapianto d’organo; terapie a base di cellule T; patologia oncologica; immunodeficienze primitive; immunodeficienze secondarie; dialisi e insufficienza renale cronica grave; pregressa splenectomia; Aids. Come terza dose sarà impiegato uno qualsiasi dei 2 vaccini mRNA autorizzati: Pfizer nei soggetti di età maggiore o uguale di 12 anni e Moderna dai 18 anni in su. La somministrazione dovrà avvenire almeno dopo 28 giorni dall’ultima dose (seconda o monodose).
Secondo Sergio Abrignani, immunologo del Cts, con l’ulteriore inoculazione si avrebbe la conferma dell’immunizzazione necessaria a resistere nel tempo alla variante Delta e per questo «l’orientamento è darla a tutti gli italiani nel 2022». Mentre Guido Rasi, ex direttore Ema, professore ordinario di Microbiologia a Roma Tor Vergata e consulente del generale Figliuolo, spiega alla Stampa che «non ci sono dati sufficienti per una terza dose a tutti, ma è giusto iniziare da persone fragili, operatori sanitari e over 65. È l’indicazione dell’Fda e sarà probabilmente quella dell’Ema».
In Israele, dove dal 30 luglio si è iniziato a somministrarla agli over 60 a partire da 5 mesi dalla seconda dose, si stanno raggiungendo risultati che fanno discutere. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine dimostra che su oltre un milione di persone chi ha ricevuto la terza dose di Pfizer in agosto ha avuto una probabilità 19 volte minore di ammalarsi gravemente e 11 volte di contagiarsi rispetto a chi ha fatto due dosi. Secondo gli studiosi la terza dose ha riportato l’efficacia del vaccino Pfizer vicino a quel 95 per cento che c’era in origine contro la variante Alfa. Per questo Israele ha esteso il richiamo a tutta la popolazione adulta.
«Cala l’immunità misurabile, un allarme da approfondire, ma non è tutto. Israele ha notato una ripresa delle infezioni, ma senza conseguenze», spiega Rasi alla Stampa. «Anche in Italia ci sono segnali simili però due dosi qui potrebbero valere di più grazie alle chiusure e alle mascherine. E poi il calo degli anticorpi non è la fine della memoria immunitaria. I dati positivi di copertura dell’Istituto superiore di sanità riguardano vaccinati da più di sei mesi, dunque la terza dose non ha senso prima di nove».
Ci sono due scenari immunologici, secondo il consigliere di Figliuolo: «Alcune persone si difenderanno grazie alle cellule della memoria, mentre altre potrebbero avere bisogno della terza dose. Solo col tempo si capiranno i reali bisogni della popolazione». Ma il 70% dei vaccinati «non basta contro la variante Delta. Si ipotizza occorra oltre il 90 e finché non si raggiungerà bisognerà mantenere le misure di sicurezza, come distanze e mascherine».
Rasi spiega che «non c’è nessun motivo scientificamente accettabile per non vaccinarsi. Tutte le categorie fragili, malate o allergiche possono fare i vaccini a Rna, anzi sono coloro che ne hanno più bisogno». E sulle cure alternative dice: «Per ora i vaccini sono l’unica risposta utile. In primavera forse avremo antivirali orali interessanti, però con costi alti ed effetti collaterali al momento ignoti. L’unica cura rilevante sono i monoclonali, ma funzionano in una finestra ristretta di tempo e anche quelli sono cari. Per il resto, le vitamine preventive non hanno fondamento, l’idrossiclorochina contro la variante Delta non funziona, l’eparina aiuta nella fase infiammatoria, ma non è risolutiva. Come del resto cortisone, Tocilizumab e Anakinra. I vaccini salvano molte più vite di tutti questi farmaci messi insieme».
Già nei giorni scorsi sono partite le prime telefonate verso i pazienti fragili. Le Regioni che si dicono tutte pronte a partire convocheranno su iniziativa delle aziende sanitarie le persone che vengono già assistite cominciando da quelli già presenti nelle corsie degli ospedali. In questo caso le vaccinazioni avverranno in ospedale, nelle sedi ambulatoriali o nei centri specialistici. Le persone che appartengono alle categorie target, qualora non venissero contattate, potranno richiedere la terza dose, contattando i call center. Il tipo di vaccino che verrà inoculato (Pfizer o Moderna) dovrà essere preferibilmente lo stesso usato in occasione della seconda dose, ma sono possibili anche vaccinazioni con vaccino, come stabilito dall’Aifa.