Sarà l’affluenza a fare da ago della bilancia ai ballottaggi nelle grandi città che si chiudono oggi alle 15. Ieri alle 23 nei 65 comuni chiamati a votare si era recato alle urne solo il 33,3% degli aventi diritto, circa 6 punti in meno rispetto al primo turno, quando alla stessa ora aveva votato il 39,86%. Un dato monitorato con attenzione a Roma e Torino, le due grandi città dove si sceglie il nuovo sindaco e dove i partiti giocano una sfida che è anche nazionale.
Nella Capitale, dove già al primo turno aveva votato il 36,82% degli elettori, alle 23 ha votato il 30,87%. L’affluenza, in particolare, cala – come rileva YouTrend – nei quartieri che al primo turno avevano premiato Virginia Raggi, esclusa dal ballottaggio, o Enrico Michetti, il candidato del centrodestra, mentre la partecipazione resta più alta dove era in testa Roberto Gualtieri.
L’affluenza sarà decisiva anche a Torino, dove il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo aveva ottenuto il 43,8% e Paolo Damilano si era fermato al 38,9%. Anche in questo caso già al primo turno i votanti furono solo il 48,08% e ieri alle 19 eravamo al 25,2%, ossia un elettore su quattro.
Italiani sfiduciati
Ma come spiegare questa affluenza crescente? Massimiliano Valerii, direttore del Censis, al Messaggero spiega che «un calo è fisiologico», ma con l’ulteriore flessione del ballottaggio «si registra un segnale molto preoccupante». Quale? «La sfiducia. Anzi, una sfiducia profonda», risponde.
«La società italiana sta superando la fase dell’anti-politica ma non sa bene dove andare», spiega Valerii. «I consensi raccolti negli anni scorsi dall’anti-politica erano consistenti e aprivano un orizzonte ampio, come la sostituzione di una intera classe dirigente. E infatti, per restare a Roma, nelle comunali del 2016 si registrò un aumento dell’affluenza su quelle del 2013. Ma oggi c’è delusione verso l’anti-politica e quelle energie si stanno disperdendo. Di qui, sul piano politico, il ritorno al non voto che è un segnale di sfiducia. Ma tutti avvertiamo un diffuso vento di sfiducia verso la scienza, un rifiuto della medicina e in generale di soluzioni razionali e moderne».
Certo, aggiunge, «i segnali di serietà e di vitalità della società italiana non mancano: basta vedere il rimbalzo del Pil e l’assegnazione di un premio Nobel. Ma a fronte di questi indubbi successi è difficile capire come mai ben 4 milioni di lavoratori italiani su circa 23 milioni non si siano ancora vaccinati».
La spiegazione, secondo il direttore del Censis, è che «si sono formate aspettative sociali disattese». E «per capire meglio gli umori degli italiani che emergono in questi giorni dobbiamo partire da due paletti. Il primo: la depressione della domanda interna. I consumi delle famiglie alla fine del 2019 erano più bassi di quelli del 2007, cioè dell’anno precedente alla grande crisi finanziaria. Poi è arrivato il Covid e si sono aggiunti altri due anni di freno e di paura». E il secondo paletto è che «in Italia si parla dalla mattina alla sera di argomenti “piccoli” o legati alla cronaca ma non delle scelte profonde, essenziali per far uscire il Paese dall’incubo del declino».
Valerii spiega che «incredibilmente non c’è nessuno che parli del nostro futuro». Nonostante stiano arrivano 200 miliardi di fondi europei, «non c’è certezza sulla capacità del Paese di crescere a un buon livello per più anni. Andiamo a guardare le previsioni del governo. Più 6% quest’anno, benissimo. Ma già rallentiamo l’anno prossimo e poi continuiamo a scendere… È questo buco nero di consapevolezza che genera una sfiducia profonda, che supera le pur ottime prove che la società italiana sta dando».
Dunque l’astensione e i no vax sarebbero solo la spia di un malessere più generale e più profondo, dice. «Si avverte una mancanza di prospettiva strategica nonostante il buon momento dell’Italia fatto di tanti vaccinati, di crescita, dell’enorme quantità di risorse europee e dall’arrivo di un personaggio della levatura di Mario Draghi che, assieme alla competenza di alcuni suoi ministri, ha il merito d’aver calmato i nervi degli italiani».
Cosa fare per ritrovare fiducia? «Dobbiamo sciogliere nodi complessi e strategici e invece politici e media si impegnano su baruffe di cortissimo respiro. Devono smetterla, ci stanno rubando il futuro».