Non sono molto incoraggianti le conclusioni del nuovo Climate Transparency Report, il rapporto più completo sulle emissioni prodotte dai Paesi del G20 – quelli responsabili del 75% delle emissioni mondiali – e sul loro percorso verso l’energia pulita.
Se infatti il 2020 aveva fatto registrare una riduzione del 6% della produzione di gas serra – derivante dal consumo di energia – nelle venti potenze mondiali, il 2021 fa prevedere un rialzo del 4%. Un bel problema, soprattutto se si considera che tra il 1999 e il 2018 il cambiamento climatico ha causato quasi 500mila decessi e perdite economiche per circa 3,5 trilioni di dollari.
Secondo Kim Coetzee, coordinatrice di Climate Analytics, una delle sedici organizzazioni che hanno contribuito alla redazione del documento, per affrontare questa sfida i governi del G20 devono presentarsi al tavolo con obiettivi nazionali più ambiziosi di riduzione delle emissioni. «I numeri di questo rapporto confermano che non possiamo spostare il quadrante senza di loro. Loro lo sanno, noi lo sappiamo. La palla è saldamente nel loro campo prima della Cop26».
Per quanto riguarda l’Italia, il cui obiettivo nazionale è abbattere le emissioni di gas serra del 38% al di sotto dei livelli del 2005 (circa 366 MtCO2e) entro il 2030, il report sottolinea che per mantenersi entro il limite di temperatura di 1,5°C le emissioni al 2030 del Paese dovrebbero essere di circa 165 MtCo2e (o il 72% al di sotto dei livelli del 2005). Ciò significa che, tuttora, sussiste un gap da colmare di 201 MtCo2e.
Per questo motivo, nonostante le emissioni di gas serra pro capite nazionali siano più basse della media del gruppo dei Paesi del G20 (6,5 tCO2e contro 7,5) e nonostante la tendenza di riduzione sia più marcata (-0,94% fra il 2013 e il 2018 contro la media G20 del -0,71%), la Penisola non è allineata all’obiettivo più ambizioso di Parigi (+1,5°C).
«Ad agosto 2021 – si legge nel report, giunto alla sua 7° edizione – quattordici membri del G20 (autori di quasi il 61% delle emissioni globali di gas serra), si erano già impegnati a raggiungere obiettivi net zero». Eppure, anche se messi in pratica, gli attuali obiettivi porterebbero comunque a un riscaldamento di 2,4°C entro il 2100.
«Ciò sottolinea la necessità che i membri del G20 rafforzino le attuali politiche e azioni in materia di clima e presentino obiettivi più ambiziosi per il 2030 che siano in linea con gli obiettivi netti zero di metà secolo», si legge nel report, basato su 100 indicatori relativi a adattamento, mitigazioni e finanza climatici.
Nemmeno sul fronte della dipendenza dai combustibili fossili le notizie sono rincuoranti: il consumo di gas ha registrato, tra il 2015 e il 2020, un incremento del 12% e quello del carbone del 5% in un anno. In quest’ultimo caso, la crescita è trainata soprattutto da Cina (61%) – suo più grande produttore e consumatore – Stati Uniti (18%) e India (17%).
«Dei 1,8 trilioni di dollari di spesa per la ripresa, solo 300 miliardi sono andati alla tanto sbandierata ripresa “verde”, mentre i combustibili fossili continuano a essere sovvenzionati», ha spiegato Coetzee.
«Sono i leader che hanno fatto una promessa al mondo a Parigi sei anni fa, e sono i leader che devono onorarla – ha sostenuto Alok Sharma, l’ex ministro britannico che guiderà il vertice Onu sul clima (Cop26). «La responsabilità è di ogni Paese e tutti noi dobbiamo fare la nostra parte».