Dalle parole ai fattiCome i cittadini europei possono cambiare le politiche ambientali dell’Ue

Dallo Youth4Climate alla Conferenza sul Futuro dell’Europa, le persone comuni sono sempre più coinvolte nel dibattito sul cambiamento climatico. Il prossimo passo è la trasformazione delle idee in misure concrete

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Se i ministri dell’Ambiente riuniti alla Pre-Cop26 di Milano si sono impegnati a fare di più per mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5 gradi, il merito probabilmente è anche della crescente pressione dell’opinione pubblica sul tema.

Mentre i rappresentanti dei governi nazionali si incontravano nel centro congressi del capoluogo lombardo, migliaia di persone sfilavano nelle strade per chiedere «giustizia climatica»: soprattutto tra i giovani è forte l’esigenza di politiche ambientali più incisive, che contrastino efficacemente il cambiamento climatico, riducendo l’inquinamento e le emissioni di gas serra.

Le idee dei cittadini sull’ambiente
Gli stessi lavori della sessione di preparazione alla Conferenza delle Parti, che si terrà a Glasgow a novembre, hanno recepito le conclusioni dello Youth4Climate, un consesso formato da 400 giovani sotto i 30 anni e svoltosi nei giorni precedenti alla Pre-Cop26.

Ma se i giovani presenti a questo “tavolo negoziale” erano pur sempre selezionati dai governi di tutto il mondo, lo stesso non si può dire per i 200 cittadini europei estratti a sorte che hanno preso parte al terzo Citizens’ Panel della Conferenza sul Futuro dell’Europa, dedicato ad ambiente, cambiamento climatico e salute. Molti dei temi discussi a Milano sono stati oggetto di dibattito anche nella sede di Strasburgo del Parlamento europeo, in questo caso con un focus sulla dimensione comunitaria.

Ad esempio, c’è la proposta di sopprimere tutte le sovvenzioni ai combustibili fossili, una delle più sottoscritte e commentate sulla piattaforma multilingue della Conferenza. Alcuni chiedono invece di limitare i consumi energetici (che in Europa poggiano ancora in gran parte su gas e carbone), imponendo magari una quota mensile di energia elettrica per il consumo e tassando l’eccedenza. In diversi si chiedono se l’energia nucleare non possa giocare un ruolo rilevante nella transizione ecologica: un tema notoriamente divisivo anche in Italia, come hanno dimostrato le polemiche per una recente dichiarazione del ministro Roberto Cingolani.

In generale, le preoccupazioni per l’ambiente investono molti settori. Sicuramente quello dei trasporti, che già vede la Commissione europea impegnata a promuovere gli spostamenti via treno nell’Ue. Una proposta molto dettaglia dai cittadini in questo senso prevede un biglietto ferroviario pan-europeo, utilizzabile sui mezzi di differenti compagnie nazionali, la connessione wi-fi su tutti i convogli e la promozione dei treni notturni, considerati una valida alternativa ai viaggi aerei.

Molto seguito hanno avuto pure i riferimenti all’economia circolare e all’educazione ambientale, che secondo diversi partecipanti al Citizens’ Panel intervistati da Linkiesta dovrebbe trovare più spazio nei percorsi scolastici.

C’è chi, sulla piattaforma, si è spinto a ipotizzare una tessera annonaria per la carne: ogni cittadino avrebbe un tetto massimo di consumo, oltre il quale non potrebbe più acquistarne. Ugualmente originale e discutibile è l’idea di lavorare alla riduzione della popolazione europea per tutelare l’ambiente. L’obiettivo sarebbe compreso tra i 200 e i 300 milioni di cittadini: un target raggiungibile, secondo chi avanza la proposta, soltanto fermando completamente l’immigrazione e sfruttando i contenuti tassi di natalità nei paesi dell’Ue.

Opportunità e difficoltà
«L’impressione è che i cittadini siano lasciati molto liberi di esprimersi senza input da parte dei moderatori. Il dibattito che ne risulta è genuino, ma per il momento piuttosto generico», spiega a Linkiesta Bernard Reber, ricercatore del prestigioso istituto francese Sciences Po e inviato come osservatore alla Conferenza. Reber ha seguito da vicino un altro grande momento di democrazia partecipativa, la Convention citoyenne pour le climat, costituita in Francia tra il 2019 e il 2020.

«In quel caso, 150 cittadini estratti a sorte dovevano rispondere a una domanda precisa: come ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030, nello spirito di una giustizia sociale. Se vi sembra troppo vaga, pensate quanto può esserlo un panel su ambiente e cambiamento climatico in generale».

Secondo l’accademico, la struttura dell’esperimento francese era più delineata: la convenzione cittadina ha partorito 149 proposte specifiche, dettagliate in un documento di quasi 500 pagine, che affronta anche la trasposizione a livello normativo di ogni raccomandazione. In questo caso non potrà essere lo stesso, anche perché i promotori sono tre soggetti diversi con interessi diversi: Parlamento, Commissione e Consiglio Ue hanno lanciato insieme la Conferenza, ma probabilmente non con i medesimi obiettivi. Pure l’azione degli esperti chiamati a spiegare gli aspetti tecnici gli sembrava più decisa in Francia rispetto a quanto accade nella Conferenza sul Futuro dell’Europa, dove gli interventi “dall’alto” sembrano più limitati nel minutaggio e nella sostanza.

Anche se i temi discussi a Strasburgo sono stati trattati perlopiù in maniera astratta, alcuni dei partecipanti all’incontro hanno già le idee molto chiare. È il caso di Zuzana Tokolyova, un’attivista slovacca che fa parte dei 200 invitati. «La gran parte degli europei non lo sa, ma può influire in maniera decisiva sulle politiche ambientali semplicemente partecipando alle decisioni a livello locale», racconta a Linkiesta.

La sua associazione si occupa di land planning, ossia la pianificazione dell’uso del suolo che viene fatta dalle amministrazioni comunali. «Tali processi avvengono generalmente nel disinteresse generale: le volontà delle grandi aziende prevalgono perché i cittadini non sono coinvolti». In alcuni paesi come la Slovacchia, sostiene l’attivista, le pressioni dei gruppi di potere si intrecciano inoltre con vistosi casi di corruzione.

Nella sessione collettiva del suo panel ha provato a spiegare il problema, chiedendo agli organizzatori un piccolo fuori-programma: voleva approfittare dei 200 cittadini comuni riuniti nell’emiciclo comunitario per un sondaggio sulla conoscenza delle dinamiche di land planning. La possibilità le è stata negata, ma Zuzana ha continuato a sostenere la sua tesi sia nelle discussioni ufficiali che in quelle informali.

«In questi eventi si parla sempre in modo astratto di problemi concreti. Tutti vogliono un ambiente più sano e meno inquinato, ma bisogna utilizzare gli strumenti efficaci per raggiungere i propri obiettivi. Se ogni cittadino contestasse al suo comune gli utilizzi del suolo municipale con cui non è d’accordo, potremmo avere dei grandi cambiamenti su scala europea».

Il processo di azione dal basso è invocato anche da Maria Cinque, partecipante milanese che si paragona a una goccia d’acqua nel mare e a un salmone che risale la corrente per sostenere le proprie idee. È stata sorteggiata fra i 20 delegati che porteranno le istanze di questo panel alla Plenaria della Conferenza, di fronte a parlamentari, commissari, eurodeputati e ministri dell’Ue.

«Mi sono resa conto che sui temi dell’ecologia e della salute ci sono grossi problemi da risolvere», dice a Linkiesta, sottolineando la difficoltà di dare seguito con i fatti alle parole scambiate con gli altri cittadini. «Un altro ostacolo è il fatto che molti dei presenti non conoscono il funzionamento delle istituzioni dell’Ue, né sanno chi e come prende le decisioni», sostiene Bernard Reber. Se così fosse, dovranno imparare in fretta: a fine ottobre è previsto il primo rendez-vous tra politici e cittadini.

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