Nel 2017 il suo partito non esisteva. In realtà, non esiste ancora. Éric Zemmour non è sceso in campo ufficialmente per le presidenziali francesi dell’aprile dell’anno prossimo, ma nei sondaggi si attesta al secondo posto, col 17% delle preferenze.
Più a destra di Marine Le Pen, in queste settimane ha monopolizzato l’agenda mediatica, radicalizzandola. Dietro la sua ascesa c’è un network televisivo: CNews, quella che sempre più commentatori chiamano «la Fox News francese».
Zemmour, 63 anni, due condanne per istigazione all’odio razziale e religioso, accusato di più d’una aggressione sessuale, è diventato il volto di una specie di alt-right in versione transalpina. Nelle rilevazioni arrancano i repubblicani (14%) e il Rassemblement National (16%), cui ha eroso velocemente consensi, come dimostrano i grafici delle intenzioni di voto.
Da quando si vocifera della sua candidatura, la linea dell’ex Front National non ha più invertito la flessione. Al primo posto resiste, stabile attorno al 23%, l’attuale presidente Emmanuel Macron.
Queste proiezioni, per ora solo virtuali, si tradurrebbero addirittura nell’accesso – senza probabilità di vittoria – al secondo turno delle presidenziali, per il «duello» con Macron, al posto proprio della leader del Rassemblement National, sconfitta già nel 2017.
Sarebbe un colpo duro per l’estrema destra che ha cercato di istituzionalizzarsi. Di più, significherebbe che non ha pagato lo spostamento al centro di Le Pen, così attenta a smaltire l’eredità del padre neofascista.
‘France’s Fox News’? Backed by conservative billionaire Vincent Bolloré, CNews gave a platform to gadfly political commentator Éric Zemmour, who is surging in presidential polls. Critics say it has tilted the election agenda to the right https://t.co/VGAtMf494g pic.twitter.com/95DB8oJKh4
— FT Data (@ftdata) October 5, 2021
In anticipo sull’impennata nei sondaggi del polemista, negli ultimi quattro anni ha raddoppiato gli ascolti anche CNews. Il canale televisivo appartiene, in quota Vivendi, all’impero del magnate di simpatie conservatrici Vincent Bolloré. Oggi, si tratta del secondo canale all-news più visto di Francia, con uno share medio dell’1,5%.
Il dato è sufficiente a ridimensionare la nomea di Fox News, visto che la creatura di Murdoch era ed è una corazzata negli Stati Uniti, ma va paragonato agli ascolti di un segmento, quello dell’informazione in diretta ventiquattrore, dove l’emittente più seguita (BFM Tv) non sfora il 3%.
Lanciata nel 2016, CNews è l’erede di i-Télé, dove Zemmour ha avuto un programma fino al 2014, quando è stato cacciato per le sue dichiarazioni sulle responsabilità francesi nell’olocausto. Il vecchio canale perdeva 30 milioni di euro all’anno, i suoi giornalisti hanno protestato contro Bolloré in difesa della loro indipendenza, rifiutandosi di sostenere politici di destra.
Il milionario bretone ha sfruttato lo sciopero dei redattori per logorarli: alla fine se n’è andato un terzo dell’organico. CNews è l’esito di un rebranding che ammicca al pubblico di destra, in antitesi al presunto orientamento progressista degli altri media. Da questo punto di vista, l’analogia con Fox News c’è tutta. Anche nei temi cavalcati: allarmismo su immigrazione e sicurezza.
Nel 2019 torna on air Zemmour e il rilancio è completo. A maggio, il canale ha per la prima volta sorpassato, seppur temporaneamente, i diretti concorrenti di BFM. Gli ascolti oscillano tra i 600mila e gli 800mila, migliorano anche i conti economici e si intravede il pareggio di bilancio. Alle accuse di eccessiva polarizzazione, il gruppo Vivendi risponde così: «Non siamo populisti, ma siamo popolari – ha detto al Financial Times il direttore della programmazione, Gérald-Brice Viret – ovviamente, questo fa arrabbiare tutti gli altri».
Les Français se sentent étrangers dans leur propre pays.#OnfrayZemmour #JeSoutiensZemmour pic.twitter.com/WA9eBI47D2
— Eric Zemmour (@ZemmourEric) October 4, 2021
Nelle vesti di editorialista o di opinionista, Zemmour è stato una presenza fissa del dibattito pubblico francese. Sino al mese scorso, ha firmato due rubriche su Le Figaro, dove ha esordito nel 1996. In tv dal 2006 al 2011 sul servizio pubblico France 2, seconda televisione più guardata con il 14% di share; in radio su RTL, nel prime-time della mattina.
Di origini ebraico-algerine, nei suoi scritti e nelle ospitate ha propugnato la teoria della «grande sostituzione» e soffiato sul fuoco dell’intolleranza religiosa e razziale a tinte islamofobe. Nei suoi libri Zemmour ha attaccato «l’ideologia gay» e il femminismo, con un maschilismo tossico che rimpiange la prevaricazione fisica.
Per posizioni irricevibili come queste, il Conseil supérieur de l’audiovisuel (CSA) francese ha multato a più riprese CNews. Viene contestata anche l’eccessiva copertura mediatica concessa al partito della Le Pen alle elezioni regionali. Era prima che in quel lato dello spettro politico prendesse quota l’ipotesi Zemmour.
Per tutta l’estate si sono rincorse, mai smentite del tutto, le voci di una sua candidatura. A Parigi sono addirittura comparsi dei poster con lo slogan «Zemmour presidente». I media ci hanno speculato, Le Monde ha svelato un incontro del gennaio 2020 tra di lui, Jean-Marie Le Pen e la figlia di Ribbentrop, il ministro degli Esteri del Terzo Reich. Proprio il padre del Front National lo ha incoronato ai danni della figlia, elogiandone il «coraggio».
Zemmour ha sfruttato il clamore per il lancio del suo libro, La France n’a pas dit son dernier mot (cioè «La Francia non ha ancora detto la sua ultima parola»). La copertina, più simile a un manifesto per la posa, lo vede ritratto a braccia conserte davanti al tricolore francese; sullo sfondo il cielo.
Utilizza ognuna delle – va detto, molto partecipate – presentazioni del volume come tribuna politica. Se CNews ha dovuto sospenderlo, su richiesta della CSA, dal suo programma, continua a essere uno degli ospiti più invitati nelle trasmissioni dell’emittente. Gli altri network non sono da meno.
Forse Zemmour non arriverà al secondo turno delle presidenziali, magari si ritirerà o sarà costretto a farlo dal prossimo scandalo, ma la sua presenza nella campagna ha già polarizzato il dibattito. Ed è l’ennesima conferma dello stato di salute dell’ultradestra europea.