Auf Wiedersehen, MutterManifesto ragionato contro i lodatori di Angela Merkel

A differenza di suoi grandi predecessori, la Cancelliera ha costantemente privilegiato l’idea di un’Europa che assecondasse gli interessi immediati per il suo paese, invece di puntare a una Germania europea. In sedici anni di governo le sue scelte non hanno mai lasciato intuire alcuna strategia sottostante

LaPresse

La Cancelliera tedesca Angela Merkel è una donna intelligente e dalla forte personalità. Come politico è stata giudicata tra i più potenti del mondo e ciò è stato vero, ma chi non lo sarebbe se fosse alla guida del più ricco e forte Stato europeo? Lei ha dimostrato tante qualità personali, eppure di una sembra essere mancante: la lungimiranza. La sua azione di governo, pur a volte incerta e contraddittoria, ha sempre avuto come principale obiettivo quello di assecondare la “pancia” dei tedeschi e mai di pensare a cosa dovrà essere la Germania del futuro o quale ruolo dovrà svolgere per l’Europa e nel mondo globalizzato.

A differenza di suoi grandi predecessori quali Konrad Adenauer, Willy Brandt, Helmut Schmidt ed Helmut Kohl, invece di puntare a una Germania europea ha costantemente privilegiato l’idea di un’Europa che assecondasse gli interessi immediati della Germania. A scapito dei ritorni politici ed economici a medio e lungo termine, sempre più necessari anche per i tedeschi. 

Le caratteristiche di un politico non possono essere misurate soltanto guardando alla moralità del suo comportamento. Tuttavia, per conoscerne il carattere è utile vedere quali scelte abbia fatto nei momenti più compromettenti. A questo proposito è bene ricordare che la dottoressa Merkel deve il suo ingresso in politica e il suo primo incarico ministeriale alla generosità di Kohl (che la chiamava la «ragazza») che la pescò tra i tanti papabili provenienti dalla Germania Est. Ebbene, nonostante gli dovesse tutto, come si comportò quando il vecchio Cancelliere si trovò nei guai con la magistratura? Si precipitò a scrivere un articolo sul più importante quotidiano tedesco molto accusatorio e pesante contro il suo Pigmalione. Lo fece per dissociarsene e garantirsi così un futuro politico indipendente. Venne a galla sin da allora il suo incontrollabile desiderio di potere che si è poi confermato durante tutto il seguito della sua vita politica. 

Ebbi occasione di vederla da vicino durante un congresso del Partito Popolare Europeo, poco dopo il suo primo successo, e in quella occasione alcuni suoi compagni me la descrissero come una donna arrivista, senza scrupoli e pronta a uccidere spietatamente chiunque si mettesse sulla sua strada. Mai confidenza si dimostrò così veritiera! Non è un caso che, ora che se ne andrà apparentemente in modo definitivo (speriamo di non ritrovarcela a Bruxelles), non si trovino eredi dalla personalità carismatica per poterla sostituire. Lei ha eliminato ogni possibile concorrente.

Il suo primo (possibile) delfino fu l’attuale presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, imposta a Bruxelles dopo aver sfigurato come ministro della Difesa del governo tedesco (tesi di laurea con 42 plagi su 62 pagine – inchieste della magistratura per consulenze a privati non sufficientemente giustificate – forze armate demotivate etc, in Germania tirarono un sospiro di sollievo per essersene liberati). Anche il secondo delfino, guarda caso sempre una donna, è sparita dalla scena per un coinvolgimento in commesse assegnate dal suo ministero con metodi per lo meno dubbi. Dell’ultimo prescelto, il candidato CancelliereArmin Laschet, è inutile parlare poiché il giudizio su di lui è stato dato direttamente dagli elettori tedeschi nelle ultime elezioni.

Se si osservano tutti i sedici anni dei governi Merkel si può notare che le sue scelte non hanno mai lasciato intuire alcuna strategia sottostante. Di certo, in Germania ha ottenuta una grande popolarità grazie a un’attenta cura dell’immagine che è sempre stata abile a costruirsi, cosa che ha perfino portato l’opinione pubblica a definirla la Mutter (mamma).

In realtà, lei è sempre stata attenta a salvaguardare gli interessi puramente economici e a breve termine del suo Paese a discapito di qualunque prevedibile conseguenza a medio termine delle sue scelte. Tale giudizio non è solo soggettivo ma condiviso dalla maggior parte dagli analisti di politica internazionale: i più indulgenti hanno definito le azioni di Angela Merkel semplicemente come prudenti.

Qualche esempio tra i tanti? Cominciamo dalla crisi greca innescatasi nel 2008. Se l’Europa fosse intervenuta immediatamente come alcuni suggerivano, il buco nelle finanze dei conti pubblici della Grecia sarebbe stato contenuto e le sofferenze imposte ai poveri greci relativamente ridotte nel tempo e nella dimensione. Fu proprio la Merkel a opporsi perché intervenire immediatamente avrebbe significato perdite importanti per le banche tedesche (e francesi) che avevano dissennatamente finanziato il deficit.

Perché lo fecero? Principalmente affinché fossero acquistati (proprio dalla Germania) ben 70 miliardi di euro in carri armati, sommergibili e sistemi d’arma. Quando la Cancelliera acconsentì a che l’Europa intervenisse in aiuto di Atene (dopo essersi garantita i rimborsi per le proprie banche) impose pure che la Grecia cedesse a società tedesche tutti gli aeroporti nelle località meta dei turisti teutonici. 

Una seconda evidente dimostrazione della sua noncuranza per gli interessi altrui fu la questione dei profughi siriani. In modo improvvido e senza consultarsi con nessuno dei partner europei, dichiarò che la Germania era pronta ad accogliere tutti i fuggitivi siriani che volessero venire in Europa. La ragione va ricercata nelle caratteristiche che differenziano la popolazione siriana da altri popoli arabi: laicità, buona disponibilità economica di almeno d’una certa parte dei profughi e potenziale manodopera a basso costo.

Purtroppo, sia l’opinione pubblica interna sia la reazione dei Paesi di transito, a partire dalla vicina Austria, la convinsero di aver commesso un azzardo e si precipitò a fare marcia indietro chiedendo ai turchi di fermare i profughi all’interno del proprio Paese in cambio di almeno sei miliardi di Euro. Miliardi che, naturalmente, impose a Bruxelles di pagare opponendosi, tuttavia, a che un’operazione similare potesse essere fatta con i Paesi del sud mediterraneo, Italia e Spagna.

Vogliamo parlare anche delle regole stringenti per tutte le banche europee salvo che per le Casse di Risparmio tedesche? Oppure della difesa a oltranza del parametro del deficit al 3% di Maastricht dimenticando che anche il surplus tedesco non avrebbe dovuto superare la stessa percentuale per favorire così le economie degli altri Paesi europei?

Nei confronti dell’Ucraina sono venuta a galla la sua doppiezza e la sua ipocrisia. Dapprima ha assecondato le azioni americane e polacche per favorire le manifestazioni di piazza Maidan e ha fatto invitare ufficialmente dal suo partito, la CDU, i potenziali futuri leader di quel Paese (tra cui un ex pugile che in quel momento sembrava popolare a Kiev). Poi ha fatto da mediatore per un accordo con Viktor Yanukovich in vista di future nuove elezioni. Alla fuga di Yanukovich causata dall’aggravarsi delle tensioni si è precipitata, in barba a ogni mediazione concordata precedentemente, a riconoscere tra i primi il governo installato dai ribelli.

Con la Russia l’ipocrisia è stata perfino maggiore. Da un lato ha continuato a lasciare che, nonostante l’esistenza formale di sanzioni, le sedi in Russia delle aziende tedesche continuassero a lavorare e finanziare le proprie attività in quel Paese. Dall’altro ha alzato i toni delle critiche al Cremlino facendosi paladina di nuove sanzioni europee. Ovviamente purché non toccassero il raddoppio del gasdotto Nord Stream. 

Nei rapporti con la Cina l’atteggiamento è stato lo stesso: condanna, seppur senza alcuna conseguenza e soltanto sottovoce, della mancanza del rispetto dei diritti umani ma anche pressioni sulla Commissione Europea affinché si concludesse un accordo Europa-Cina sui reciproci investimenti. Non a caso accordo utilissimo economicamente proprio per la Germania e (politicamente) soprattutto per la Cina.

Da italiani e da europei l’accusa più grave che possiamo rivolgere alla Cancelliera riguarda l’aver perseguito gli interessi economici della Germania a breve termine contro quelli economici e politici a lungo termine dell’intera Europa e della Germania stessa. Lei ha fatto costantemente orecchie da mercante alle avances europeiste del presidente francese Emmanuel Macron che puntava a costruire nuove basi franco-tedesche per una Europa più integrata.

A parole non si è mai risparmiata a favore di una maggiore unità e nel 2012 sostenne perfino essere necessaria «una Commissione che agisca come un governo europeo», «Un forte Parlamento europe con un Consiglio di Capi di Stato e di Governo come una seconda Camera». Ma quelle parole rimasero sempre tali e non accennò a concretizzare alcun atto diplomatico o politico.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, ricevendola, e se non altro per dovere di ospitalità, si è complimentato con lei per il ruolo svolto nella nascita del Next Generation EU per superare in tutta Europa le emergenze causate dal Covid. Non ha però menzionato il fatto che questa e altre prese di posizione filo europee sono state assunte dalla Merkel solo dopo la guerra commerciale lanciata dal presidente americano Donald Trump contro la Germania.

Era chiaro persino a una nazionalista come lei che usare il peso europeo per contrapporsi all’aggressività trumpiana sarebbe stato più efficace di una Berlino solitaria contro Washington.  Purtroppo, avere una Merkel alla guida del più forte Stato europeo per la stessa Europa e per il suo cammino verso una maggiore unità è stata una vera iattura. Speriamo soltanto che chi verrà dopo di lei non segua il suo esempio.

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