Scontro tra il modello democratico Usa e modello autocratico cinese, Covid, inflazione, smart working, Big Tech, criptovalute, riscaldamento globale, turismo, Spazio, grandi eventi sportivi: probabilmente non ci vuole troppo a prevederlo, visto che sono parole chiavi imperversanti nelle cronache; ma secondo l’Economist saranno queste le tendenze che domineranno nel corso del 2022. A fare la previsione è Welcome to The World Ahead 2022, la guida dell’autorevole settimanale all’«anno che verrà», per dirla alla Lucio Dalla. «Se il 2021 è stato l’anno in cui il mondo ha cambiato il corso della pandemia, il 2022 sarà dominato dalla necessità di adeguarsi alle nuove realtà».
Un mese chiave sarà in particolare novembre, quando sono in agenda sia il XX Congresso del Partito Comunista Cinese, in giorni ancora da fissare; sia le elezioni di Mid Term Usa, l’8 novembre. Del primo evento si sa già che rafforzerà il ruolo di Xi Jinping, ma non se tra un anno i segni di crisi che stanno offuscando la grandeur della Repubblica Popolare saranno passati, o si saranno invece accentuati. Varie difficoltà recenti e la generale tendenza delle Mid Term farebbero al contrario prevedere un appannamento di Joe Biden, ma qui al contrario potrebbe essere il grande piano di stimolo che la Casa Bianca ha impostato a dare risultati in grado di cambiare tali aspettative. Comunque, spiega l’Economist, questa contrapposizione anche simbolica tra eventi chiave dei due sistemi politici si traduce in rivalità che «si rifletterà in tutto, dal commercio alla regolamentazione tecnologica, dai vaccini alle stazioni spaziali». E poiché in tutto il mondo c’è anche un grave problema di appannamento della democrazia in cui Pechino appoggia sistematicamente chiunque remi in senso a essa contrario, mentre gli Usa provano invece a presentarsi come garanti. Il primo nodo è dunque democrazia versus autocrazia.
Ma il tutto appunto nel contesto più generale del Covid, che in Cina è iniziato e negli Stati Uniti ha il Paese che ha registrato il più alto numero di vittime. Più vaccini, nuove pillole antivirali e migliori trattamenti anticorpali sono all’orizzonte, e le persone immunizzate nel mondo sviluppato potranno non vedere più il virus come una minaccia mortale. Ma se nei Paesi in via di sviluppo i vaccini non verranno distribuiti in modo altrettanto capillare, il rischio è di far diventare il Covid una malattia endemica che colpirà i più poveri. Il nodo numero due è dunque quello dell’alternativa tra pandemia ed endemia.
Intanto, dagli Stati Uniti arriva la notizia di un rincaro dei prezzi del 6,2%, che è il massimo degli ultimi 30 anni. Ma non è solo un problema americano. Un po’ dappertutto, le interruzioni della catena di approvvigionamento e l’aumento della domanda di energia hanno fatto salire i prezzi. Il Regno Unito è particolarmente a rischio di stagflazione, a causa della carenza di manodopera post-Brexit e della sua dipendenza dal costoso gas naturale. Dunque, il nodo numero tre è l’inflazione.
Ma, appunto, se le carenze di manodopera nel Regno Unito si notano di più perché il problema è esacerbato dalla Brexit, l’interazione tra Covid e smart working sta comunque alterando il quadro un po’ dappertutto. In molti sembrano dare come acquisito lo smart working da casa, ma il relativo mondo di relazioni industriali è ancora tutto da definire: orari, calendari, modalità, bonus. Inoltre, i sondaggi mostrano che le donne hanno meno voglia di tornare in ufficio, e quindi possono correre il rischio di non essere prese in considerazione per promozioni e aumenti di stipendio. Insomma, il nodo numero quattro è il futuro del lavoro.
Cina e Stati Uniti hanno pure in comune il fatto che i rispettivi governi hanno ormai preso in sospetto lo strapotere delle Big Tech, cosa che peraltro hanno in comune con l’Unione Europea. Solo che mentre a Washington e a Bruxelles si procede a colpi di anti-trust, a Pechino si va su una repressione più brutale. Osserva l’Economist che, in una versione aggiornata del vecchio dilemma burro o cannoni, Xi Jinping vuole inoltre che le Big Tech locali si concentrino sulla tecnologia che fornisce un vantaggio geostrategico, non su «frivolezze», come giochi e acquisti. Questo stimolerà l’innovazione cinese o la soffocherà?
Il nodo numero cinque è il nuovo techlash: termine che proprio l’Economist inventò nel 2013, con riferimento al fenomeno nuovo ma in ascesa delle reazioni negative intense e diffuse suscitate dal potere crescente delle grandi aziende tecnologiche. In particolare, quelle associate alla Silicon Valley.
Una delle questioni collegate alla diffusione della tecnologia sono le criptovalute. E la loro crescita è appunto il nodo numero sei. Da una parte, le criptovalute stanno cercando di adattarsi al crescente inasprimento delle regole. Dall’altra, le banche centrali stanno anche cercando di lanciare le proprie valute digitali centralizzate in modo autonomo. Il risultato è una lotta per il futuro della finanza che si intensificherà nel 2022.
Ovviamente a Cop26 ancora in corso non si può non parlare della crisi climatica, anche se è solo il nodo numero sette. Malgrado l’aumento degli incendi, delle ondate di calore e delle inondazioni, osserva l’Economist, in tutto il mondo i legislatori sono ancora piuttosto lenti nel prendere decisioni. La decarbonizzazione è comunque uno di quei temi su cui Occidente e Cina dovrebbero collaborare proprio mentre la loro rivalità geopolitica, invece, si approfondisce.
Una cosa su cui il nuovo mondo post Covid rischia di essere diverso è nei «problemi di viaggio»: nodo numero otto. Il turismo si sta riprendendo, man mano che vengono riaperte le economie. Ma i Paesi che hanno seguito una strategia di «soppressione» zero covid, come Australia e Nuova Zelanda, affrontano una prospettiva difficile, finché il virus non diventerà endemico. Poiché poi quasi la metà dei viaggi di lavoro non sarà più fatta, cresceranno i prezzi per i turisti, i cui viaggi erano sovvenzionati da viaggiatori d’affari che spendevano molti soldi.
In compenso, un po’ del turismo in passato per Terra potrà riconvertirsi allo Spazio. Secondo la previsione dell’Economist il 2022 sarà l’anno del turismo spaziale, e anche il primo anno nella Storia in cui il numero delle persone che vanno nello spazio come passeggeri paganti sarà più alto dei dipendenti governativi. Turismo a parte, comunque, l’anno prossimo, anche la Cina completerà la sua nuova stazione spaziale, mentre vari registi stanno cercando di realizzare film a gravità zero e la Nasa farà un test per far schiantare una sonda spaziale su un asteroide. Il nodo numero nove è il ritorno alla corsa allo Spazio. O, meglio ancora, alle corse, al plurale.
Nel 2022, infine, ci saranno le Olimpiadi invernali di Pechino e i Mondiali di calcio in Qatar. Per l’Economist «ci ricorderanno di come lo sport può unire il mondo, ma anche come i grandi eventi sportivi spesso finiscano come political football». Espressione difficile dal rendere in italiano: una traduzione proposta è palleggiarsi le responsabilità politica; un’altra, patata bollente politica. Comunque c’è un gioco di parole sul fatto che i grandi eventi sportivi sono sempre più occasioni per manovre e polemiche politiche, e infatti sia a Pechino che in Qatar ci si aspettano manifestazioni di protesta contro i due regimi. Insomma, nodo numeri dieci il «political football».