«Terrorismo di Stato», l’ha definito una delle due parti in causa, cioè il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki negli stessi giorni in cui, in uniforme, passa in rassegna le truppe sulla frontiera. Ma non c’è nessuna guerra in corso. Al confine con la Bielorussia sono bloccate al gelo migliaia di persone: è per respingere i migranti che l’esercito di Varsavia è stato mobilitato. Sull’altro fronte, il regime di Minsk specula sulla vita di questa gente come arma di pressione politica, con dietro il suo più stretto – per non dire unico – alleato, la Russia di Vladimir Putin. C’è il rischio di un’escalation militare.
A causare lo stallo è stato Alexander Lukashenko. Il governo dei sovranisti di Diritto e Giustizia (PiS) sostiene che la crisi umanitaria sia una ritorsione del dittatore per il supporto polacco all’opposizione. Minsk ha concesso visti turistici a pioggia e ha incentivato i voli aerei da più di venti paesi con la falsa promessa dell’ingresso in Europa. Rifornisce di cibo, ma anche di pinze taglia-filo i migranti, provenienti soprattutto dal Medio Oriente, e li accompagna fino al limitare del suo territorio. A sua volta, respingendo con la forza i richiedenti asilo Varsavia sta violando le convenzioni internazionali. Oltre le accuse reciproche, c’è un concorso di colpa.
Le reti e il filo spinato, quelli c’erano già. Dieci giorni fa, però, il PiS ha fatto votare al parlamento la costruzione un nuovo muro, alto 5 metri e mezzo, per una spesa di 353 milioni di euro. Da Varsavia, a dimostrazione del sostegno di Bruxelles alla Polonia, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel non ha solo paventato le solite sanzioni, ha detto che l’Ue deve valutare se finanziare barriere a difesa dei suoi Stati membri, perché la legge lo prevedrebbe. Ha aperto a fondi comunitari per innalzare nuovi muri: un mantra del populismo identitario da gruppo di Visegrad più che da seconda (ma aspirante prima, vedi il SofaGate) carica dell’Unione. «Questo attacco ibrido deve cessare», così Michel.
Nella regione, di notte, la temperatura va sottozero. Finora sono morte otto persone. Secondo le ricostruzioni della stampa occidentale, molti migranti arrivano dal Kurdistan iracheno; tra le altre nazionalità più numerose troviamo afghani e siriani, camerunensi e congolesi. Il governo polacco ha dichiarato uno stato d’emergenza che, di fatto, ha creato una terra di nessuno, è stato bloccato persino l’invio di aiuti. L’area è militarizzata: la sorvegliano 17 mila effettivi tra polizia ed esercito. Una legge passata di recente permette agli agenti di ignorare le richieste d’asilo.
O wschodzie słońca odwiedziłem wspólnie z @mblaszczak naszych żołnierzy i funkcjonariuszy strzegących wschodniej granicy Polski. Żołnierze, Policjanci, Straż Graniczna oraz Służby Specjalne czuwają nad bezpieczeństwem Polek i Polaków. Dziękuję! 🇵🇱🛡 pic.twitter.com/ayGruH0EWJ
— Mateusz Morawiecki (@MorawieckiM) November 9, 2021
Ai giornalisti è vietato l’accesso alle zone calde. È difficile stimare quante persone siano intrappolate tra i lacrimogeni delle guardie di frontiera polacche, da un lato, e dall’altro gli spari in aria dei bielorussi. Nel solo villaggio di Kuznica, riferisce la BBC dal posto, si trovano più di quattromila migranti. Sono accampati in tende, la polizia impedisce anche alle organizzazioni umanitarie di raggiungerli. Nella foresta le condizioni metereologiche peggiorano di giorno in giorno.
Secondo i dati di Frontex elaborati dall’ISPI, la rotta orientale nel primo semestre del 2021 è rimasta secondaria rispetto alle altre, con 6.113 attraversamenti illegali: i numeri diffusi dalle istituzioni polacche sono più alti perché riguardano i tentativi – 30 mila quest’anno, 17 mila a ottobre –, che nella maggior parte dei casi falliscono proprio per i respingimenti. E chi viene ricacciato indietro poi di solito ci riprova.
⛔️🇪🇺 A leggere le notizie degli ultimi giorni, sembra che la Polonia stia per essere sommersa da una marea umana inimmaginabile.
Sapete quali sono i numeri di #migranti che stanno precipitando la crisi con la Bielorussia, ai confini orientali?Ecco, adesso lo sapete. pic.twitter.com/Yv9Q5lbLUl
— Matteo Villa (@emmevilla) November 10, 2021
A maggio, Lukashenko aveva minacciato l’Occidente: «Abbiamo fermato il traffico di droga e i migranti per voi, ma ora dovrete farlo da soli». Non sono solo le dichiarazioni a confermare che ci sia la regia dell’autocrate. L’Ue sta analizzando il traffico aereo verso la Bielorussia: i voli dal Medio Oriente per l’aeroporto della capitale Minsk, a ottobre, sono stati almeno 47 alla settimana, il doppio dei 23 del passato. La Russia ha difeso l’alleata: andrebbe pagata, come la Turchia, per contenere i flussi, ha detto il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Il giorno prima, Lukashenko e Putin si sono riparlati.
Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha telefonato al Cremlino. Ha chiesto al presidente di intervenire sul suo sodale per fermare una situazione «disumana e inaccettabile». Da quanto ha riferito il suo portavoce, Putin ha replicato di non poterci fare niente, invitando le nazioni europee a trattare direttamente con la Bielorussia. Intanto, due cacciabombardieri a lungo raggio (del tipo che può trasportare ordigni nucleari) russi hanno volato sopra al confine. Il pattugliamento sarà regolare, ha annunciato il ministero della Difesa di Minsk. L’integrazione tra i due paesi è sempre più stretta. Rilevazioni satellitari hanno scoperto che la Russia sta nuovamente ammassando truppe ed equipaggiamento al confine con l’Ucraina.
Il rischio, adesso, è la deriva militare. Il parlamento della Lituania, anch’essa confinante con la Bielorussia, ha approvato misure d’emergenza che consentono la mobilitazione delle truppe e sospendono alcuni diritti, tra i quali la privacy. «Il potenziale per un’escalation è molto alto», ha riconosciuto il ministro della Difesa estone, Kalle Laanet alla Baltic Conference on Defense, un summit annuale dove preoccupazioni simili sono state espresse anche da Grecia e Regno Unito. Intervistato da Politico.eu, Laanet non ha escluso, per quanto remota, la possibilità di un conflitto armato.
In patria, il governo polacco soffia sulla retorica dell’«invasione», soffocando le critiche come non patriottiche e disfattiste. Il premier Morawiecki ha accusato la Turchia di una triangolazione, in «piena sintonia», con Russia e Bielorussia per trasportare i migranti. In effetti, Turkish Airlines e la russa Aeroflot circolavano tra i nomi delle compagnie che l’Ue potrebbe sanzionare presto. Sicuramente verrà colpito Belavia, il vettore di Stato bielorusso, ma la lista verrà chiusa entro la fine della settimana.
È forte per il PiS sovranista la sindrome – cronica – dell’accerchiamento, mentre la crisi sembra mettere in pausa, almeno per il momento, le tensioni con Bruxelles (sul primato della legislazione polacca su quella europea) che erano costate il blocco dei miliardi dei fondi comunitari per la ripresa dopo la pandemia e una multa di un milione di euro al giorno. Chissà se lo ricordava, Michel, mentre pontificava sulla fattibilità di nuovi muri a spese dei cittadini europei. Come ha scritto l’ISPI lo scontro sta avvenendo «sulla pelle dei migranti», strumentalizzati dalla Bielorussia e poi abbandonati a congelare sul confine polacco.
I wondered about this too. #Belarus is taking the migrants to the Suwalki gap. With reported threats and shots fired from the Belarusian side, it's easy to imagine a provocation being engineered. https://t.co/hpqOdg9LXh
— Nigel Gould-Davies (@Nigelgd1) November 10, 2021