I bambini e le bambine in età pre-scolare diffidano dei lineamenti affilati. Dategli le facce scavate de La bella addormentata nel bosco e ne trarrete indifferenza, o addirittura terrore. Non a caso, la mascotte per eccellenza della prima infanzia è Mickey Mouse: tre cerchi, uno per la faccia, due per le orecchie.
I cartoni animati si dividono sostanzialmente per righe e per cerchi, figure esili e slanciate, altre massicce e tonde. Elsa di Frozen e Vayana di Oceania appartengono dunque a due schieramenti diversi, e non solo perché una vive al freddo e l’altra al caldo, ma perché sono una l’algida bellezza sottile dissociata dal mondo, l’altra la solida avvenenza che preferisce l’aggregazione alla solitudine. Quando perciò altre mamme mi chiedono se possono far vedere Luca ai loro figli e figlie di due o tre anni, la risposta è definitiva: dovete! Sono tondi, impossibile che a un piccolo non piaccia.
Luca Paguro è un mostro che vive nelle profondità marine al largo della Liguria insieme alla mamma Daniela, al papà Lorenzo e alla nonna. Fa il pastorello, il suo gregge è composto da pesci un po’ tonti. Come Ariel de La Sirenetta, Luca fantastica parecchio su ciò che si trova fuori dall’acqua, ma a differenza della sirena ne è spaventato perché da sempre la mamma lo mette in guardia sui pericoli che può incontrare. Anche Tritone, dopotutto, vieta alla figlia di salire in superficie e come sempre nelle storie per bambini, siano scritte o disegnate, i genitori rappresentano quel confine necessario che i figli non vedono l’ora di superare e, quando lo fanno, avranno raggiunto l’indipendenza e quindi la maturità.
L’incontro con Alberto Scorfano, altro mostro marino coetaneo, darà a Luca la possibilità di esplorare il mondo fuori dall’acqua, dove magicamente i mostri marini si trasformano in esseri umani. Scopriamo così che mentre nel fondo del mare il tempo non scorre mai, sulle rive di un paesello dalle parti delle Cinque Terre, fra Tellaro e Porto Venere, sono gli anni ’50 e siamo a Portorosso. I due bambini, ex mostri, si ritrovano fra le cose del mondo degli umani, si innamorano della Vespa, mangiano la pasta al pesto, entrano a far parte di una piccola famiglia formata dall’avventurosa bambina Giulia, dall’imponente padre Massimo, pescatore e cacciatore di mostri marini, e da Machiavelli, un gatto esilarante che è l’unico a sospettare che i due bambini non siano chi dicono di essere.
Un cartone che si apre con Un bacio a mezzanotte del Quartetto Cetra (già protagonista di altre incursioni sonore nel mondo animato con Dumbo), non può che anticipare grandi bellezze, fra cui: la soundtrack grazie alla quale i nostri figli scoprono l’esistenza di canzoni e cantanti fenomenali, rendendosi conto per esempio che Viva la pappa col pomodoro di Rita Pavone è più entusiasmante de Le tagliatelle di Nonna Pina; la consistenza materica di oggetti, laddove le magliette della salute di Massimo sembrano davvero fatte di quella lana che pizzica e le trenette al pesto sono ruvide come quelle fatte in casa.
Ma una cosa è la più bella di tutte: l’amicizia fra Luca e Alberto. I protagonisti maschili nei cartoni animati sono difficili da trovare come le castagne nel gelato al marron glacé, da tempo la stragrande maggioranza dei cartoni ha come protagoniste giovani principesse e donne che riescono a superare le avversità e in qualche modo trovano la loro strada.
Ci sono solo due personaggi maschili di rilievo nei grandi colossal Disney: Aladdin e Hercules, due eroi l’uno alla ricerca di tesori perduti, l’altro della propria identità. Poi ci sono i personaggi maschili non umani ma animali (Re Leone) e le macchine (Cars). Molto è stato fatto nella negli ultimi decenni per raccontare le donne, aiutarle ad affinare la propria coscienza, si può dire che la cultura femminile non è mai stata così densa come negli ultimi cinquanta anni. Gli uomini sono stati lasciati indietro, forse perché si è sempre creduto che fossero più compiuti delle donne e quindi per loro non si rendeva necessario un racconto universale.
A guardare i cartoni, insomma, sembra che non serva alcuna educazione per i maschi. Si parla moltissimo, e a ragione, di violenza maschile e di cosa si possa fare per disinnescarla. L’unico modo efficace è fornire le basi per un’educazione sentimentale ed emotiva, ritenuti negli anni passati cose da femmine da cui i maschi dovevano tenersi alla larga. L’unico modo sano che conosciamo per educare è narrare storie, creare mitologie moderne in cui gli uomini possano riconoscersi e grazie alle quali evolversi, allontanarsi sempre di più da quel disgraziato patriarcato di cui loro per primi sono diventati vittime.
Gli uomini stanno finalmente camminando, dopo secoli in cui sono rimasti fermi, costretti a misurarsi con storie surreali di eroi Marvel che vincono il male solo se protetti da una maschera o da una tuta ignifuga. E la fallibilità? E la vulnerabilità? Per fortuna oggi esistono storie poetiche, ricche di significato come Luca in grado di fornire uno specchio generazionale che non restituisce un’immagine distorta, ma una storia del nostro tempo dove l’amicizia è in grado di farti uscire dall’acqua e farti camminare con le tue gambe e a piangere, quando sul binario saluti il tuo amico in partenza verso una nuova vita.