La corsa contro OmicronCon lo stop ai voli guadagniamo tempo per studiare la variante, spiega il ministro Speranza

Oggi i ministri della Salute del G7 si riuniscono per esaminare tutti gli aspetti della nuova mutazione del virus e le misure da prendere. Poi ci saranno nuove riunioni a livello europeo. «Il virus corre, ma anche noi», dice Valeria Micheli, dirigente dell’ospedale Sacco che ha identificato il primo paziente in Italia. Angelique Coetzee, la scienziata che ha scoperto la variazione, parla di sintomi lievi e raccomanda di non allarmarsi

Lapresse

L’Italia da sola non basta. Contro la nuova variante Omicron del Covid-19, serve un’azione comune. A livello europeo, prima, mondiale, subito dopo. Lo dice il ministro della Salute Roberto Speranza in un colloquio con La Stampa.

Oggi i ministri della Salute dei Paesi del G7 – quindi Italia, Francia, Germania, Canada, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito – si riuniranno per esaminare tutti gli aspetti della nuova mutazione del virus e le misure da prendere per contrastarla. Subito dopo, ci saranno nuove riunioni a livello europeo.

«È la prima volta che c’è un coordinamento del genere a livello di Unione europea», spiega il ministro Speranza. «Stiamo imparando che se chiude un solo Paese non serve a nulla. L’Italia è stata la prima a fermare i voli dal Sudafrica di fronte alla minaccia di Omicron, ma Stella Kyriakides, la commissaria europea per la Sicurezza alimentare e la Salute pubblica, ha invitato tutti a fare lo stesso con l’appoggio della presidente von der Leyen». Nessuno, né a Roma né a Bruxelles, si illude che basti questo a fermare il Covid-19. «Quello che stiamo facendo – continua il ministro – è comprare tempo. L’effetto è quello di rallentare la variante in modo che i nostri scienziati possano studiarla».

Bisognerà capire anzitutto «se Omicron è davvero più veloce e se finirà per sopravanzare la Delta», prosegue. Poi, «viste le tante mutazioni della proteina Spike, bisogna capire se Omicron indebolisce la protezione data dai vaccini. La nostra opinione, finora, è che i vaccini dovrebbero comunque reggere, ma per avere certezze occorre ancora un po’ di tempo».

C’è un problema ulteriore che però Speranza intende porre alla riunione dei ministri della Salute G7. Riguarda l’Africa, il continente che troppo a lungo – nel mezzo della pandemia – abbiamo finto di non vedere. «Ci scambieremo tutte le informazioni che abbiamo su Omicron, ma anche il tema di Covax – il programma di aiuti grazie al quale bisognerebbe riuscire a portare i vaccini ai Paesi poveri – va posto con forza. Un’altra lezione imparata, con questa variante, è che bisogna accelerare nell’aiutare chi è indietro. Noi abbiamo spinto molto durante il G20 con l’obiettivo del 40% di vaccinati nel mondo entro il 2021 e del 70% entro i primi sei mesi del 2022». Ad oggi siamo lontani dall’obiettivo: in Africa solo 15 Paesi su 54 hanno raggiunto il 10% di popolazione vaccinata. Ci vivono 1,3 miliardi di persone, il 17% della popolazione mondiale che finora ha avuto accesso solo al 3% delle dosi di vaccino globali. «L’Italia ha promesso di donare 45 milioni di dosi, siamo al lavoro e ci riusciremo, così come spero riescano a fare gli altri Paesi. Ma il punto non è solo questo», dice il ministro della Salute.

Speranza ricorda che in 11 mesi il nostro Paese ha somministrato 95 milioni e mezzo di dosi. Si può fare uno sforzo del genere «se hai un coordinamento, ospedali, medici, infermieri. Ma ci sono posti del mondo dove tutto questo manca. È un tema enorme che ci stiamo ponendo e nei confronti del quale bisogna intervenire. Non basta regalare fiale, bisogna mettere quegli Stati in condizioni di farle arrivare dove serve».

Cosa sappiamo della variante
E grazie al Sistema sanitario nazionale, in Italia è stata identificato il primo caso di variante Omicron all’ospedale Sacco di Milano, nello stesso laboratorio che intercettò il paziente 1 di Codogno. Valeria Micheli, dirigente del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale, al Corriere dice: «Dalla scoperta del caso di Mattia Maestri è cambiato tutto. Quella volta si analizzava un tampone con le fondate possibilità che ce ne fossero altri intorno. Ora il grande numero di test e la possibilità di analizzarli tutti ci consente di alzare muri intorno al virus».

La scienziata spiega che «la storia di questo virus ci insegna che lui corre veloce e noi rincorriamo. Ma come nel caso dei farmaci e delle metodologie di cura si sono fatti grossi passi avanti, anche dal nostro punto di vista abbiamo affinato gli strumenti». Però, aggiunge, «trovo controproducente il panico di questi giorni. Ho sentito anche informazioni confuse. Lo stesso caso veniva conteggiato più volte. La realtà è che la scienza ha i suoi tempi. La coltura in vitro ci darà risposte più complete fra un paio di settimane. Se da un lato l’evidenza di tante mutazioni rende necessario attenzionarla è vero anche che la risposta del paziente di Caserta e dei suoi familiari vaccinati ha dato una sintomatologia lieve. Aveva ricevuto la seconda dose a giugno, quindi aveva anche gli anticorpi in calo. Avrebbe voluto fare la terza dose in questi giorni».

Ora, prosegue Micheli, «continueremo a mappare tutti i casi. Ma è confortante la risposta collettiva a livello internazionale. L’errore con la Delta fu avere strategie diverse. Ora è importante monitorare i rientri. Come in passato si è fatto da Inghilterra o Brasile. Ma i laboratori si sono messi in rete. E bucare la sorveglianza è più difficile».

Angelique Coetzee, presidente della Associazione dei medici del Sudafrica, la scienziata che ha scoperto la variante Omicron, in un’intervista a Repubblica raccomanda di non allarmarsi: «Finora nessun paziente affetto da Omicron è stato ricoverato. Non abbiamo mai riscontrato effetti gravi. La cosa interessante è che i pazienti con forti dolori alla gola sono poi risultati tutti negativi». Non solo, ma «i sintomi sono molto lievi e sono uguali per entrambi, vaccinati e non». E anche il grado di contagiosità «è più o meno simile a quello della variante Delta. Non di più e non troppo severo».

Serviranno due settimane probabilmente per aver risposte concrete. Ma la reazione internazionale, secondo Coetzee, è stata «esagerata», perché «avrei capito la chiusura e la paura se avessimo assistito all’esplosione di effetti gravi. Ma non li abbiamo visti. Nessuno di loro è stato mai ricoverato». Per questo, conclude, «non dovete farvi prendere dal panico. Se avvertite questo tipo di sintomi, come quelli descritti, per più di due giorni, fate il test. Vaccinatevi, indossate la mascherina e non state in posti affollati».

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