Oltre 39 mila nuovi casi e 1157 decessi. La Russia è già nella quarta ondata. Secondo il John Hopkins Coronavirus Resource Center la crescita costante dei casi e dei decessi è in atto ormai dai mesi. Nonostante le lodi decantate dai media di regime sulle qualità dello Sputnik V, la campagna di vaccinazione procede a rilento: appena il 39 per cento della popolazione ha ricevuto una dose di vaccino e solo un terzoha completato il ciclo. «La popolazione si comporta come se non ne avesse idea, o non gliene importasse più, mentre la gente ha iniziato a morire come mosche. È una catastrofe», ha raccontato al Financial Times il demografo indipendente Alexey Raksha, ex lavoratore dell’agenzia russa Rosstat.
Eppure l’epidemia sembra essere finita nei bar affollati della capitale dove non si vedono più mascherine e distanziamento. Un azzardo, vista la situazione dei contagi, ancora più inspiegabile se si pensa che i russi non mostrano di credere nel vaccino propagandato da Putin, che ancora al G20 si lamentava del suo mancato riconoscimento da parte delle autorità sanitarie europee e statunitensi. «La campagna è stata gestita male fin dall’inizio, perché i vaccini sono entrati nel mercato russo prima della conclusione degli studi clinici su larga scala. Questo ha minato seriamente la fiducia», ha affermato Alexey Erlikh, capo del reparto di cardiologia presso l’ospedale 29 di Mosca, diventato per ben due volte hub per il trattamento dei pazienti.
A causa della crescita dei contagi il governo ha disposto la chiusura delle attività non essenziali in tutto il Paese per un totale di 10 giorni fino al prossimo 7 novembre. La decisione ha causato un diffuso malcontento. «Non è giusto che altri non vengano vaccinati mentre noi abbiamo dovuto farlo. Questo blocco è colpa di chi non si è vaccinato», ha dichiarato Nikolai Rish, gestore di alcuni saloni di bellezza di Mosca, al The Moscow Times. Per loro, come per le aziende che hanno fatto vaccinare i loro dipendenti, questa ulteriore chiusura è vista come una sconfitta. «È strano che persone ben istruite, persone con titoli di studio avanzati, non vogliano farsi vaccinare. Abbiamo un vaccino sicuro ed efficace», ha dichiarato il presidente Putin.
A nulla finora sembrano essere serviti i premi per chi si vaccina decisi dal governo, come i permessi extra di due giorni dal lavoro, perché la convinzione dei russi pare ancora granitica: un sondaggio dello scorso settembre raccontava infatti come il 52 per cento dei russi non fosse interessato a vaccinarsi, una percentuale molto vicina a quel 55 per cento che sosteneva di non aver paura di ammalarsi di coronavirus. I russi evidentemente non si fidano né del vaccino né dei mirabolanti risultati raccontati dal suo produttore: secondo il Russian Direct Investment Fund (Rdif), coloro che commerciano lo Sputnik all’estero, lo Sputnik light, la versione monodose del vaccino, avrebbe un’efficacia del 70 per cento contro la versione Delta del virus.
Le fobie di Putin
All’inizio della pandemia Putin era stato uno dei primi capi di Stato a verificare personalmente la situazione negli ospedali, bardato ovviamente con una tuta ignifuga gialla, ma negli ultimi tempi, come rileva l’Economist il “nonno nel bunker” (soprannome affibbiato a Putin da Alexei Navalny) ha da tempo ridotto le interazioni con l’esterno, costringendo alla quarantena di una settimana chiunque entri in contatto con lui (l’ultimo esempio sono gli atleti vittoriosi a Tokyo, che hanno dovuto fare anticamera prima di essere ricevuti).
Non solo: all’ingresso della sua residenza, la dacia fuori Mosca, a Novo-Ogaryevo, ha fatto montare tunnel speciali per inumidire i visitatori di disinfettante. A marzo, la BBC ha raccontato come il Cremlino avesse speso la bellezza di 73,5 milioni di euro in alloggi di quarantena per il personale e i visitatori che entravano in contatto con Putin, al fine di garantire la sua sicurezza. Questa cifra è tanto più sorprendente se si considera che il presidente si sarebbe vaccinato appena due mesi dopo (il condizionale è d’obbligo visto che non sono note le modalità e, soprattutto, il tipo di vaccino utilizzato) e a settembre si è posto due settimane in autoisolamento, dopo la scoperta di alcuni positivi all’interno della sua cerchia ristretta, prima del viaggio di Stato in Turchia dal presidente Erdogan. L’unico che riesce ancora a vederlo, al contrario dei russi.
La situazione politica
Gli ultimi sondaggi del centro Levada accreditano al presidente russo il favore del 67 per cento degli intervistati, nonostante la situazione sanitaria nel Paese. Una decisa crescita rispetto alle precedenti rilevazioni di settembre e di agosto, in cui aveva ricevuto il benestare rispettivamente del 64 e del 61 per cento degli intervistati, che però risente ancora del crollo legato alle impopolari riforme delle pensioni e al tenore di vita decisamente più modesto rispetto all’Occidente.
La fiducia del presidente si misura perciò molto sui temi interni e poco sull’estero (rimane un’eccezione l’annessione della Crimea, che ha fatto schizzare la fiducia verso Putin al massimo), mentre peso quasi nullo ha la politica sanitaria. Eppure la Russia fino a poco tempo fa era uno dei Paesi a più bassa esitazione vaccinale.
L’alta instabilità politica dopo il 1991, anno in cui crollò ufficialmente il regime comunista sovietico, aveva accresciuto la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni russe, che sfidavano andando anche in controtendenza rispetto alle scelte imposte dal governo. Per alcuni, quindi, divenne quindi naturale esprimere il proprio dissenso anche attraverso la contestazione degli obblighi vaccinali, una diffidenza ancora oggi presente e che spiega perché la ragione di questo alto grado di astensionismo.
Persino dentro il governo la scelta di inasprire le misure ha fatto storcere il naso a più di qualcuno. Uno di questi è il presidente del Parlamento, Pyotr O. Tolstoy, iscritto al movimento putiniano Russia Unita, che ha dichiarato come «sfortunatamente, abbiamo condotto un’intera campagna di informazione sul coronavirus in modo scorretto e l’abbiamo persa. Le persone non hanno fiducia nell’andare a farsi vaccinare, e questo è un fatto». Un vero e proprio attacco in piena regola al leader, come se ne ricordano pochi altri.
Vedremo se adesso sarà sufficiente la nuova stretta a livello nazionale, visto che il governo ha sempre lasciato che le misure sanitarie fossero decise dagli enti locali (sono una prova il tentativo del sindaco di Mosca di arrivare al 60 per cento di vaccinati e quello delle autorità di San Pietroburgo di introdurre un certificato simile al Green Pass) salvo poi sconfessarle a settembre in prossimità delle elezioni, per il timore di vedere scendere il consenso del suo partito, Russia Unita.