Il nuovo reddito di cittadinanzaAl posto dei navigator arrivano le agenzie private del lavoro, spiega Brunetta

«Questa è una vera riforma, quasi una rivoluzione, che ha visto la massima collaborazione di tutti i partiti della maggioranza, senza arroccamenti ideologici. Ne esce un assetto totalmente diverso», dice il ministro della Pubblica amministrazione sulle modifiche al sussidio. E Quota 100? «È una bandierina-ina-ina, uno spreco di risorse». Con la Lega «quando siamo entrati al governo insieme, eravamo già separati in casa dal punto di vista delle alleanze in Europa»

(LaPresse)

Gli ultimi ritocchi al reddito di cittadinanza da inserire nella manovra economica sono stati sistemati ieri: il decalage comincia dal rifiuto della prima offerta congrua di lavoro, mentre lo stop all’assegno scatta dal secondo no (finora era il terzo). Con l’obbligo ad accettare anche incarichi brevi. E ci saranno poi sussidi più alti per le famiglie numerose.

Il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta, Forza Italia, che ieri ha partecipato al vertice con il presidente del Consiglio Mario Draghi, sul Corriere rivendica il lavoro sulle modifiche al sussidio. Racconta che quest’estate Luigi Di Maio lo ha approcciato chiedendogli di collaborare a una revisione del sussidio.

Nasce da quel colloquio estivo fra ex nemici il riassetto su cui ieri si è arrivati a un compromesso articolato: ogni beneficiario del reddito, se occupabile, dovrà presentarsi una volta al mese al centro per l’impiego per una verifica delle offerte; entrano in gioco l’opzione di rivolgersi alle agenzie private accanto agli uffici pubblici per il collocamento; al primo diniego l’assegno viene decurtato di 5 euro al mese, mentre al secondo viene tolto. E ogni euro risparmiato andrà a finanziare le politiche per il lavoro.

«Il vecchio sistema era un’accozzaglia di confusione, ideologismi, soluzioni improbabili», dice Brunetta. «In due anni e mezzo è costato 19,6 miliardi. L’importo medio erogato è cresciuto dell’11%, con una serie di abusi e distorsioni sul mercato del lavoro. Basti pensare alle difficoltà di reperire personale nel turismo o nel terziario. L’idea di fare tutto per via digitale, a distanza, non poteva funzionare. Questa è una materia che richiede la presenza, colloqui costanti. Ora chi non si presenta al centro per l’impiego ogni mese, se non ha ragioni valide, perde il sussidio o gli viene ridotto».

Cosa cambia adesso? «La prima grande innovazione è tracciare una netta distinzione fra occupabili e non. Oggi 1,68 milioni di nuclei familiari ricevono il reddito, per un totale di 3,8 milioni di persone coinvolte, ma dei beneficiari solo circa un terzo è occupabile. È su questo che si deve intervenire con le politiche attive del lavoro».

Ma gli attuali centri per l’impiego riusciranno a convocare ogni mese 600mila persone? «È fondamentale», dice. «Sono ordinario di Economia del lavoro da 40 anni e la letteratura su questo tema è inequivocabile: per collocare le persone bisogna parlarci, conoscerle, confrontarsi in presenza. Nel sistema com’è i beneficiari possono ricevere una raccomandata a casa con l’offerta di lavoro, ma c’è chi la evita proprio per non far scattare l’eventuale rifiuto. Meglio rafforzare il personale dei centri per l’impiego per fare gli screening che mandare assegni online in Romania».

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha condiviso anche la proposta di Brunetta di dare al beneficiario del reddito l’opzione di rivolgersi anche alle agenzie private del lavoro. «Ho trovato grande collaborazione sia da lui, sia dal ministro Stefano Patuanelli, che rappresenta il M5S nella cabina di regia del governo», dice. «Di Maio, poi, mi ha proposto lui stesso di affiancare alla piattaforma dell’Anpal il nuovo portale del reclutamento, inPa, realizzato dalla Funzione pubblica».

La domanda però è se alle agenzie interinali interesserà piazzare lavoratori a bassa qualifica. «Sono convinto di sì», dice Brunetta. «Perché il loro vero incentivo in questo caso non è il guadagno diretto: è la soddisfazione delle imprese clienti. Questi beneficiari in cerca di un posto sono soggetti deboli, ci vorrà tutta l’esperienza di chi lavora a contatto con il mercato. Le agenzie private sono tante, circa 100 autorizzate, con una rete di 2.500 filiali sparse in tutto il Paese e decine di migliaia di dipendenti diretti. Non sono certo i poveri navigator, è gente che conosce il territorio. Questa è una vera riforma, quasi una rivoluzione, che ha visto la massima collaborazione di tutti i partiti della maggioranza, senza arroccamenti ideologici. Ne esce un assetto totalmente diverso».

Non si può dire che sia stato così con quota 100. «Queste le chiamo bandierine. Quota 100 è una bandierina-ina-ina, uno spreco di risorse deciso dal governo giallo-verde nel 2018», spiega il ministro. «Ma più che la Lega, che non l’ha difesa più di tanto, stavolta a tentare di blindare Quota 100 sono stati i sindacati. Ancora non ho capito perché. Il compromesso raggiunto da Draghi rappresenta una soluzione minimalista e di breve termine, figlia di una misura inutile, costosa e dannosa, che ha impattato negativamente sugli organici della Pubblica amministrazione».

Sulla sentenza del Consiglio di Stato, che ha cancellato la proroga delle concessioni balneari al 2033, dice: «È importante ed era attesa. Il governo al momento debito farà la sua parte. Ma poi vogliamo davvero credere che gli ambulanti e gli ombrelloni siano il problema di concorrenza del Paese? La legge tratta di concessioni, servizi pubblici locali, energia, sanità, in house e molte altre questioni di sostanza. Quanto ai balneari, l’approccio di Draghi supera il paradosso della solitudine del riformista». E spiega: «Il riformista non può contare nell’immediato su chi beneficia delle sue decisioni, perché i vantaggi si manifestano nel tempo. Invece chi vede colpiti i suoi interessi si oppone subito. Questo è il paradosso. Con la mappatura dei demani pubblici — spiagge, porti, acque — emergerà prima chi se ne avvantaggia, quanto paga e quanto guadagna. A quel punto anche l’opinione pubblica sarà consapevole e il riformista sarà meno solo. Sembra un approccio moderato, ma è profondamente innovativo».

Sulla distanza dalla Lega in versione Matteo Salvini, di cui pure è alleato, spiega: «Noi siamo diversi, distinti e anche un po’ distanti. Avevo auspicato nel passato una maturazione in senso europeista che portasse all’ingresso della Lega nel Partito popolare europeo. Ma ogni volta che qualcuno glielo suggerisce, Salvini fa il contrario».

Certo, «quando siamo entrati al governo insieme, eravamo già separati in casa dal punto di vista delle alleanze in Europa. Ma il ruolo centrale che sempre più ha assunto l’Unione europea negli anni, a maggior ragione oggi dopo la pandemia e il Next Generation Eu, richiede coalizioni a livello nazionale sempre più omogenee e responsabili, che riflettano il panorama delle tradizionali famiglie politiche europee: popolari, liberali e socialisti. A me preoccupa che Salvini voglia riunire le destre per sostituirsi al Ppe nella governance dell’Ue».

Ma «dopo il governo Draghi nulla sarà più come prima. Nel dubbio, diceva Kohl, si deve scegliere sempre l’Europa. Questa deve essere la stella polare di qualunque coalizione, di centrodestra, centro e centrosinistra». E Draghi? «Spero che Draghi possa continuare fino al 2030. In tutte le forme possibili. È la nostra assicurazione sulla vita».

X