Con il Covid-19 l’Italia ha raggiunto un equilibrio fragile, che va preservato. Ecco perché l’obiettivo ora è ridurre ulteriormente la platea dei 7 milioni di cittadini non immunizzati, ricorrendo anche a un ampliamento delle categorie che, visto che lavorano a contatto con il pubblico, saranno obbligate a vaccinarsi. Lo stato d’emergenza potrebbe essere prorogato fino a marzo, estendendo poi il Green Pass obbligatorio fino a giugno. Il governo sta lavorando su diversi fronti e diverse date.
Il professore Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Ema (agenzia europea del farmaco) e consulente del commissario Francesco Figliuolo, sul Messaggero spiega che appoggia l’ipotesi del ministro della Salute Roberto Speranza di prorogare lo stato di emergenza anche nel 2022: «È assolutamente logico. Il ministro ha detto una cosa giustissima: vediamo i numeri. Detto questo, bisogna essere pronti alla proroga, perché ogni tentennamento sarebbe un disastro».
Rasi si dice «un po’» preoccupato dall’aumento costante dei nuovi casi. «Il nostro è un equilibrio fragilissimo, serve un monitoraggio molto stretto, un po’ di preoccupazione c’è. Vero è che come nuovi casi e ricoveri cresciamo meno di altri Paesi, abbiamo una situazione migliore e abbiamo forse la migliore performance in termini di vaccinazione. Se ci comportiamo bene, se continuiamo con il Green Pass, se continuiamo con le mascherine, allora lo manteniamo questo equilibrio. Però è fragile».
Su quelli che fino ad oggi si sono tirati indietro, dice: «Si tratta di un problema serio, sette milioni di non vaccinati sono tanti, è una piccola nazione. Abbiamo due scenari di fronte: stabilizzare la situazione epidemiologica che stiamo vivendo e sarebbe ottimo. O, al contrario, assistere a un peggioramento: guardi Trieste, essendo, come dicevo, un equilibrio fragile, sono state sufficienti delle manifestazioni non regolamentate dal punto di vista delle misure contro la diffusione del contagio per mettere in crisi un’intera città, il pronto soccorso, l’ospedale. Non si può sbagliare nulla. Se non manteniamo questo equilibrio, bisogna prendere dei provvedimenti. Ricordiamoci sempre che tollerando il non rispetto delle regole contro il Covid di chi manifesta, causeremmo un aumento dei contagi tale da impedire alle persone di andare allo stadio, a teatro, al cinema, al ristorante. Non sarebbe giusto».
E per aumentare i vaccinati, la strada ora è «estendere le obbligatorietà a tutte le persone che sono esposte al pubblico». Anche «gli insegnanti se i numeri, nelle prossime settimane, dovessero dirci che è necessario. Sia chiaro: non si può decidere sulla base dell’andamento dei contagi settimanale, bisogna fare una valutazione attenta e ponderata. Però per convincere coloro che rifiutano i vaccini sarà importante anche coinvolgere maggiormente i medici di famiglia, sia per le vaccinazioni sia per una corretta informazione agli assistiti. Bisognerebbe andare a valutare se vi sono anomalie tra gli assistiti di un determinato medico di famiglia: ove vedessimo che per quel singolo medico c’è un’alta percentuale di non vaccinati, allora forse bisognerebbe intervenire».
E sulle terze dosi, spiega che «a sei mesi dalla seconda dose, la protezione scende, gradualmente. Nel dettaglio: dalla malattia grave, dal ricovero e dalla morte la protezione del vaccino dura di più, però quella dalla trasmissione virale è meno duratura e questo favorisce la circolazione del virus. Questi elementi vanno messi tutti insieme, per prendere dei provvedimenti che devono essere tutti, però, basati sui dati consolidati». Rasi non esclude di estendere la terza dose – per il momento riservata ai fragili, agli operatori sanitari e agli over 60 – anche ai più giovani, che sono quelli che hanno una vita sociale più intensa: «A tempo debito sì. Però per i giovani non c’è fretta, perché si sono vaccinati dopo. E i dati disponibili oggi ci confermano un decadimento della protezione dopo sei mesi tra gli anziani, per le altre classi di età dobbiamo attendere nuovi numeri consolidati. Se avremo la conferma che in tutte le classi di età, dopo sei mesi, la protezione diminuisce, allora si proseguirà con le terze dosi a tutti, ma se ne parlerà a gennaio. Certo, per la classe di età tra i 50 e i 59 anni, si potrà partire prima, già nelle prossime settimane, dopo che avremo dato il booster a un numero alto di over 60».
Intanto, il Corriere spiega che il governo sta ragionando sulla proroga dello stato di emergenza fino a marzo e dell’obbligatorietà del Green Pass fino a giugno per gestire la seconda fase della campagna vaccinale ma soprattutto garantire l’apertura dei locali pubblici e lo svolgimento dell’attività lavorativa anche se i contagi da Covid-19 dovessero continuare a crescere.
Servirà un nuovo decreto perché le misure per gestire la pandemia scadono il 31 dicembre. Le date potrebbero essere differenziate, ma sull’obbligo di certificazione verde sembra scontato che si andrà avanti fino all’estate perché, ha specificato il ministro della Salute Roberto Speranza, «ci consente di tenere aperti tutti i luoghi della socializzazione, della cultura, i ristoranti, le scuole e le università».
Il decreto in vigore scade il 31 dicembre. Secondo la legge, lo stato di emergenza nazionale può durare 12 mesi prorogabili per altri 12, e poiché fu decretato la prima volta il 31 gennaio 2020, alla stessa data del 2022 non si potranno stabilire ulteriori rinnovi. A fine novembre si deciderà dunque come procedere. C’è l’ipotesi di trasformare la norma in un emendamento ad altri provvedimenti – ad esempio il milleproroghe – oppure creare un provvedimento ad hoc. L’ultima proroga che «copre» fino al 31 dicembre è stata inserita nel decreto che ha reso obbligatorio il Green Pass ed è possibile che si proceda allo stesso modo.
Se per lo stato di emergenza finora i rinvii sono stati di tre mesi, massimo sei, la certificazione verde potrebbe essere obbligatoria fino all’estate o addirittura oltre. Obiettivo del governo è infatti raggiungere l’immunità di gregge e dunque convincere anche i più restii a vaccinarsi.
Alla scadenza dei decreti bisognerà rivedere anche tutte le misure in vigore per contrastare la diffusione del Covid-19 e decidere quali prorogare. Attualmente al chiuso è previsto l’obbligo di mascherine e, in alcuni luoghi, anzi il distanziamento e sembra scontato che entrambe le regole saranno confermate. Nuove valutazioni dovranno invece riguardare i protocolli di sicurezza delle varie attività che vengono aggiornati sulla base dell’andamento della curva epidemiologica e della campagna vaccinale e in alcuni casi – ad esempio il periodo di quarantena per i vaccinati – potranno essere rivisti con alcuni «allentamenti».
Sicuramente rimarrà in vigore fino a quando ci saranno nuovi positivi il sistema che stabilisce le eventuali restrizioni da imporre calcolando l’incidenza dei casi di contagio rispetto al numero di abitanti, ma soprattutto la percentuale di posti occupati negli ospedali, sia in area medica che in terapia intensiva. Si tratta di un meccanismo concordato con i governatori che ha mostrato di funzionare visto che attualmente tutta l’Italia è in zona bianca, le attività rimangono aperte, è stato eliminato il coprifuoco. E dunque si ritiene indispensabile, soprattutto in vista delle festività di fine anno e delle occasioni che nella stagione invernale prevedono incontri tra le persone al chiuso.