Il Cinque Stelle Vincenzo Spadafora domenica era atteso nel talk show di Lucia Annunziata in Rai. Ma dopo che Giuseppe Conte ha vietato ai suoi di rilasciare interviste sulla tv pubblica, in risposta al mancato coinvolgimento sulla scelta delle nomine dei direttori dei tg, Spadafora fa sapere a Repubblica che non andrà. «Con dispiacere, ho annullato la mia partecipazione», spiega il deputato ed ex ministro del Conte II, tornato sulla scena con un libro tra politica e privato, “Senza riserve”.
Nel Movimento monta la protesta contro l’editto anti-Rai di Conte. Anche Lucia Azzolina, che a breve uscirà con un libro, avrebbe mostrato una certa indignazione. E con lei tanti altri.
«Rispetto l’indicazione», dice Spadafora. «Ma chiedo: quando finirà la protesta? Una volta ottenuto cosa? Ecco, vorrei un confronto su questo con Conte, nei gruppi parlamentari».
Il deputato, dopo la sua apparizione in tv da Fabio Fazio in cui ha fatto coming out, sarebbe stato già richiamato all’ordine. «È evidente che ci sia la volontà di oscurare chi ha posizioni dialettiche rispetto alla linea ufficiale», spiega. «Ma resto dell’idea che la forza del M5S sia sempre stata quella di contare su personalità diverse, unite dall’obiettivo di far crescere il Movimento».
Un Movimento ormai diviso almeno in tre correnti: chi è vicino a Conte, chi sostiene Di Maio, chi segue Grillo. In questa frammentazione, Spadafora spiega: «Io non contesto l’assetto scelto da Conte, fatto di figure tutte a lui vicine, mi preoccupa però che non ci sia condivisione e chiarezza sulle prospettive e sul progetto politico».
Secondo Spadafora, Conte come ha gestito «male» la partita nomine Rai. «Trovo che quelle dichiarazioni siano un pessimo boomerang. Primo: si è ammesso che, se ci avessero accontentati, avremmo accettato. Secondo: si è ammesso di non essere riusciti a interloquire con l’ad della Rai, né attraverso il consigliere di amministrazione che Conte ci ha chiesto di votare, né attraverso le persone che Conte ha incaricato per la trattativa. A certi tavoli, io dico: o ci si sa stare, o è meglio non sedersi».
E aggiunge: «Far ricadere la colpa su Di Maio conferma una enorme debolezza del leader. Che diventa debolezza di tutti».
Sulla Rai, Spadafora racconta nel suo libro che tutto il M5s ha accettato quelle logiche. «O si cambia la legge, cosa che non abbiamo fatto; o si applica al meglio quella che c’è, come abbiamo fatto, senza sottrarci, nei governi Conte», spiega.
Poi specifica: «Io sono critico ma non sono un anticontiano. Noi dobbiamo sostenere il presidente, ma lui dovrebbe ascoltare chi la pensa diversamente. Non è più a Palazzo Chigi, guidare un partito significa coinvolgere, prima di decidere. Chi gli ha consigliato di esautorare Crippa (capogruppo alla Camera, ndr), o gli ha detto che al Senato poteva stare sereno, gli ha fatto un danno».
Il punto, dice Spadafora, «è costruire un progetto credibile, appassionare i nostri elettori oggi confusi, riconquistare i giovani, declinare in modo chiaro le sfide ambientaliste. Pensare che solo il leader sia la soluzione ai nostri problemi significa aver già perso». E anche la sudditanza al Pd «la risolviamo solo se lavoriamo sul progetto identitario del M5S, se sapremo essere alternativi e sfidanti dentro un campo più largo».