Dalla lotta al Covid-19 al Quirinale, per Renato Brunetta la parola chiave è «responsabilità». Intervistato dal Corriere, il ministro della Funzione Pubblica dice: «In questi mesi l’Italia ha riscattato la sua immagine a livello europeo e internazionale. Stabilità, credibilità e affidabilità sono gli stessi valori che devono guidare i partiti nella scelta del prossimo capo presidente della Repubblica».
Secondo Brunetta, «tocca ai partiti confermare la loro responsabilità, anche sul Quirinale. Ciò di cui l’Italia ha bisogno è non avere elezioni anticipate. E su questo non ho dubbi». Ma se Mario Draghi viene eletto al Colle, non si rischierebbe il voto, dice. «Sarebbe una contraddizione in termini. Servono continuità e coesione per la massima performance del governo. E siccome sono stati i partiti all’inizio del 2021 a scegliere di sostenere Draghi, la palla passa ai gruppi parlamentari, che dovranno decidere se avere ancora a cuore il bene dell’Italia».
Brunetta è favorevole ad arrivare alla fine della legislatura. «Arrivare al 2023 è il minimo sindacale», spiega. «Il principio alla base di questo governo di unità nazionale è la coesione e servono le scelte politiche più in grado di realizzarla».
L’esponente di Forza Italia, tra l’altro, come ministro più anziano potrebbe essere premier reggente. «Io a suo tempo proposi Draghi al Colle con una formula semi-presidenzialista, ma alcuni costituzionalisti levarono gli scudi», ricorda. «Puristi a corrente alternata, che non si preoccupano se il bicameralismo perfetto va a farsi benedire, come in queste ore. La legge di Bilancio sarà approvata dal Senato, la Camera non toccherà palla. E siamo anche in ritardo nella sua approvazione». Ma se «la legge di bilancio è il luogo della composizione degli interessi. La decisione sul capo dello Stato invece non può esser di parte». E aggiunge: «Sono certo che i partiti sapranno riprodurre il metodo dell’unità nazionale per il Quirinale, al di là delle loro dichiarazioni di giornata».
Sulla lotta al Covid-19, invece, Brunetta è favorevole alla riduzione della durata del Green Pass a 5-6 mesi. Ma non sui tamponi obbligatori. «Penso sia meglio concentrare gli sforzi su quanto è stato già deciso. Siccome il rischio di falso negativo per i tamponi rapidi è alto, non cambierei nulla e rafforzerei invece i controlli del Super Green Pass per entrare nei luoghi al chiuso come ristoranti, stadi, cinema, teatri». E aggiunge: «Perché confondere le idee a chi si è già vaccinato? Nelle sedi istituzionali dirò che, invece di aggiungere il tampone, che avrebbe risultati marginali, applicherei seriamente il Green Pass rafforzando i controlli».
Magari estendendo anche il Super Green Pass: «È una grande conquista e dobbiamo ragionare su come estenderla ai trasporti e ad altre categorie. Io lo applicherei a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato. Vorrebbe dire l’obbligo vaccinale per 23 milioni di lavoratori pubblici, privati e autonomi, obbligo per il quale il sindacato si era detto favorevole». Mentre l’obbligo per tutti gli italiani «è l’arma finale, da lasciare sempre come ultima ratio». E poi scommette: «L’economia rimarrà aperta, in un Paese sicuro. È il nostro modello vincente».