Dalla cortina di ferro a quella digitale: lo scontro diplomatico tra Cina e Stati Uniti ha raggiunto anche il campo informatico. L’obiettivo di Washington è impedire la vendita di tecnologie relative al quantum computing alle compagnie di Pechino. Non a caso a fine novembre l’amministrazione Biden ha aggiunto dodici società cinesi alla sua Entity list, l’elenco di aziende a cui non si possono esportare o trasferire beni specifici all’estero, come hardware e software legati a questa tecnologia. Il dipartimento del Commercio americano ha giustificato la scelta sostenendo che queste aziende hanno contribuito alle attività nucleari o al programma sui missili balistici del Pakistan.
Negli ultimi anni, la lista si è arricchita anche di grandi compagnie asiatiche, specialmente nel quadriennio dell’amministrazione Trump. Il caso più eclatante è stata l’aggiunta, nel 2019, dell’azienda di telecomunicazioni Huawei, che aveva subito un calo di produzione di dispositivi a causa della forte dipendenza della compagnia cinese dai fornitori americani.
Ma cosa si intende, esattamente, con quantum computing? I computer quantistici sono una classe di dispositivi che sfruttano una tecnologia di rappresentazione dell’informazione diversa da quella classica basata sul sistema binario (dove i bit vengono rappresentati come sequenze di “1” e di “0”): con questa tecnologia vengono invece sfruttati i quantum bit (qubit), un’unità basata sui principi della fisica quantistica. L’applicazione di questi principi all’informatica apre a prospettive di enorme importanza per il calcolo computazionale. In sintesi, si ritiene che i computer quantistici siano in grado di risolvere rapidamente problemi che nessun dispositivo classico potrebbe risolvere in qualsiasi lasso di tempo (una caratteristica definita come “supremazia quantistica”).
Un rapporto Idc (International Data Corporation) del 2012 prevedeva che gli spazi per l’archiviazione di big data legati alla business analysis avrebbero coinvolto un mercato pari a 275 miliardi di dollari negli Stati Uniti entro il 2022. Oggi però, nessun computer in circolazione (nemmeno i data center basati su cloud) possiede capacità di calcolo tali da calcolare un volume di dati così mastodontico. La zona d’ombra potrebbe essere svelata proprio grazie alla tecnologia quantistica: ecco perché realtà come Google, Honeywell e Ibm stanno investendo pesantemente in questo settore.
Non finisce qui: oltre al calcolo di ampi set di dati, la tecnologia quantistica rappresenta un’opportunità per assumere un ruolo predominante nell’ambito della sicurezza informatica globale. Non a caso, la Casa Bianca ha giustificato la recente applicazione delle limitazioni commerciali citando preoccupazioni in materia di sicurezza nazionale: le tecnologie informatiche basate sul calcolo quantistico possono essere sfruttate come supporto per applicazioni militari e per lo sviluppo di programmi particolarmente avanzati dedicati alla decifrazione crittografica, il principale metodo di protezione dei dati informatici.
Per molti anni, la minaccia quantistica alla crittografia è stata considerata teorica. Tuttavia, con i recenti progressi nella costruzione di computer quantistici fisici sono in molti a ritenere vicina un’improvvisa obsolescenza degli algoritmi crittografici attualmente utilizzati per la sicurezza dei database governativi e di quelli privati.
Per questo, a livello globale, è partita una vera e propria corsa alla supremazia quantistica. Negli Stati Uniti, il mercato relativo al quantum computing è florido: ad agosto di quest’anno la National Science Foundation (Nsf) e il Department of Energy (Doe) hanno annunciato congiuntamente l’investimento di circa un miliardo di dollari (625 milioni provenienti dallo Stato e 340 da privati) in cinque centri scientifici dedicati allo studio di questa classe di tecnologie. Gli hub avranno il compito di riunire un team collaborativo per la ricerca di carattere scientifico e ingegneristico su sistemi, software, infrastrutture e produzione di materiali dedicati al quantistico.
Numeri importanti, che però non raggiungo quelli cinesi. Pechino ha infatti dedicato al quantum computing un ruolo prioritario nel suo ultimo piano tecnologico quinquennale ed è stato il primo Paese a realizzare un satellite per le comunicazioni quantistiche e una rete dedicata che collega Shanghai a Pechino. Persino altri Paesi asiatici come il Giappone e la Corea del Sud sembrano essere in vantaggio rispetto agli sforzi americani.
In questo scenario, anche l’Italia si impone come attore di primaria importanza. Un team di ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn) ha sviluppato quest’estate un compilatore quantistico che, grazie a un’intelligenza artificiale, è in grado di programmare algoritmi su qualsiasi computer quantistico. Un risultato straordinario, pubblicato ad agosto sulla rivista Communications Physics di Nature, frutto della collaborazione con l’Università statale e con il Politecnico del capoluogo lombardo.